Dale Berning Sawa
Leggi i suoi articoliIl Musée de l’Orangerie di Parigi è chiuso al pubblico fino al 2 marzo, nell’ambito di un progetto di ristrutturazione della durata di un anno volto a migliorarne l’accesso e il flusso dei visitatori. L’affluenza al museo, che custodisce il ciclo delle celebri «Ninfee» di Claude Monet, è ai massimi storici: «Nel 2006, quando ha riaperto dopo la riuscita ristrutturazione di Olivier Brochet, afferma la direttrice Claire Bernardi, in carica da gennaio 2022, il numero massimo di visitatori previsto era di circa 600mila all’anno. Oggi la cifra effettiva è di 1,2 milioni».
La ristrutturazione non mira ad aumentare la capienza del museo, ma piuttosto a regolare i livelli esistenti in modo da dare priorità sia alle esigenze del pubblico sia a quelle del personale. Il progetto è finanziato con i proventi della mostra itinerante «Cézanne e Renoir: guardare il mondo». La collezione di capolavori provenienti dall’Orangerie e dal Musée d’Orsay attualmente fa tappa al Museo d’Arte di Hong Kong prima di spostarsi a Tokyo e Seul.
Laddove finora ingresso e uscita dei visitatori erano fusi in un unico «imbuto», gli architetti dei monumenti storici stanno creando un’uscita distinta all’interno della facciata nord dell'edificio che si affaccia sui Giardini delle Tuileries. Il nuovo ingresso consentirà di avere un atrio più spazioso, limitando le code di visitatori all’esterno. Verranno rivisti il banco accoglienza, gli armadietti guardaroba e i banchi delle audioguide, e il negozio di souvenir è stato rinnovato. Il gruppo di lavoro sta inoltre rivalutando i livelli di ingresso e le altezze dei banconi per rispondere al meglio alle esigenze di accessibilità. «Non sono lavori progettati per essere notati, sottolinea Bernardi. Vedremo i cambiamenti, e il pubblico sicuramente li sentirà, ma l’idea è di essere il più umili e discreti possibile, rispettosi del luogo, dei lavori e dell’edificio stesso, che è un monumento storico».
Affrontare la polvere delle Tuileries
Un intervento cruciale è l’installazione di porte girevoli e di un sistema di aspirazione progettato per ridurre l’impatto della famigerata polvere delle Tuileries. I giardinieri dilettanti possono anche affollare i forum online alla ricerca della ricetta dello «stabilisé» seicentesco del giardiniere reale André Le Nôtre, quella pallida miscela di ghiaia, sabbia e calce che ricopre gli eleganti viali del suo parterre, ma per i direttori dei musei del XXI secolo è solo un enorme grattacapo. I camion che trasportano merci per l’intensa programmazione pubblica, ospitata con successo nei giardini, macinano in continuazione il materiale in una polvere volatile che, come ha osservato un giornalista nel 2013, «invade qualsiasi cosa». All'epoca si era parlato di sbarazzarsene del tutto, ma il costo dell’operazione (15 milioni di euro) era parso proibitivo.
Nel frattempo gestire la polvere è stata una sfida per la conservazione. «A un certo punto abbiamo messo un grande tappeto all’ingresso, ma non ha funzionato, ricorda Bernardi. Abbiamo lavorato molto con i colleghi del Louvre per stabilizzare il terreno intorno al museo. E poi, il nostro personale interno lavora sodo, pulendo e spolverando nei giorni in cui il museo è chiuso». La chiusura di cinque settimane ha offerto ai conservatori la possibilità di rinnovare completamente le due sale ovali che ospitano le otto «Ninfee» di Claude Monet: stanno spolverando le leggendarie opere, ridipingendo le pareti e sostituendo i lucernari. «Penso che ci sarà un netto prima e un netto dopo, conclude Bernardi. Per gli intenditori sarà spettacolare».
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Una delle due sale ovali con le «Ninfee» di Claude Monet
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