Veduta della mostra «Bologne au Siècle des Lumières. Art et science, entre réalité et théâtre» al Palais Fesch di Ajaccio

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Veduta della mostra «Bologne au Siècle des Lumières. Art et science, entre réalité et théâtre» al Palais Fesch di Ajaccio

Il Settecento bolognese tra realtà e teatro

Nel Palais Fesch di Ajaccio un excursus su pittura, scultura e objets de vertu nella Bologna dell’età dei Lumi

Il Palais Fesch-Musée des Beaux-Arts di Ajaccio, diretto da Philippe Costamagna, propone fino al 30 settembre la mostra intitolata «Bologne au Siècle des Lumières. Art et science, entre réalité et théâtre» a cura di Andrea Bacchi, Angelo Mazza, Daniele Benati e lo stesso Costamagna. Realizzata con la Pinacoteca Nazionale e i Musei Civici di Bologna e la Fondazione CaRisBo è dedicata a pittura, scultura e objets de vertu, nel testimone delle precedenti dedicate dal museo di Ajaccio all’arte italiana di XVII e XVIII secolo.

In mostra, il Settecento a Bologna si apre con la creazione dell’Accademia Clementina per volontà del papa mecenate Clemente XI Albani a rinnovare i fasti della Felsina Pittrice di Carlo Cesare Malvasia (1678) dopo gli epigoni della Scuola bolognese Domenico Maria Viani (di famosa lentezza d’esecuzione), Benedetto Gennari (nipote di Guercino attivo anche e a lungo in Inghilterra), Giovan Gioseffo dal Sole (estenuato interprete della finezza di Guido Reni), Carlo Cignani (erede del classicismo correggesco).

Radicale e irriducibile è l’opposizione tra le due più splendenti stelle pittoriche della prima metà del Settecento Donato Creti e Giuseppe Maria Crespi: di classicismo luminoso e incontaminato il primo, il secondo di naturalismo perfino prosaico negli accenti ironici e popolari, mentre la cultura dell’Arcadia ispira a Marcantonio Franceschini (pittore di respiro e frequentazioni europei caro ai principi di Liechtenstein) la locale declinazione del Rococò: il Barocchetto leggiadro e leggero, apprezzato tanto dagli ambienti aristocratici à la mode quanto dalle seriose autorità religiose. 

Le solenni composte pale d’altare aggradano il sussiegoso decoro ecclesiastico e le tele mitologiche nei palazzi celebrano in allegorie d’antiche glorie evocate i fasti e i censi delle famiglie senatorie. Queste, sempre riottose a inchinarsi all’autorità pontificia, sono accumulatrici seriali di quadrerie illustri sotto quegli affreschi in cui si dispiega la virtuosità prospettica dei celebratissimi pittori di quadrature architettoniche, invenzione autoctona diffusa in tutt’Europa. E trompe-l’oeil, dilatazioni spaziali, false architetture e illusioni teatrali d’inverosimile ambizione fanno gli scenografi bolognesi famosi nei teatri europei, primi i virtuosi quando non geniali membri della famiglia Galli da Bibbiena (eredi delle già fantasiose accreditate esperienze di Angelo-Michele Colonna e Agostino Mitelli), tutti chiamati oltre le corti italiane ai capi opposti d’Europa da Lisbona a San Pietroburgo. 

Nel secondo Settecento, Bologna imperativa meta del Grand Tour vede la contaminazione internazionale del «Goût des Bolonais» (espressione tanto cara ad Andrea Emiliani) nella coniugazione locale della frivolité rocaille e rococò con Francesco Monti, Giuseppe Marchesi il Sansone e il graziosissimo pennello di Vittorio Maria Bigari con gli scultori Giuseppe Maria Mazza, Giovan Battista Bolognini, il fiammingo a Bologna Frans Jannsens, Angelo Piò e il figlio Domenico che danno alle figure in stucco e terracotta (sempre a Bologna fu merce rara il marmo) quel tocco squisito d’inconfondibile movimento e seduzione curvilinea.

Da quest’accattivante contesto si distaccano con energia le due vette della seconda metà del secolo: Ubaldo e Gaetano Gandolfi, in cui la tradizione felsinea si rigenera al tocco fruttuoso della cultura pittorica veneziana, così frenando l’avanzata del Neoclassicismo. E sarà appunto Gaetano Gandolfi nel 1796, all’arrivo delle truppe napoleoniche, a vedere sgretolarsi l’Ancien Régime e l’arrivo del nuovo.

«Ragazzo con moneta» di Ubaldo Gandolfi. © Bologna, Pinacoteca Nazionale

«Ritratto di donna con cagnolino» di Luigi Crespi, Bologna, Museo Davia Bargellini. © Archivio fotografico Musei Civici d’Arte

Giovanni Pellinghelli del Monticello, 06 agosto 2024 | © Riproduzione riservata

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