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Il blu di Giotto e di Yves Klein

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Redazione GDA

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Firenze. Nell’arte fiorentina il lapislazzuli, una roccia composta da diversi minerali, è molto presente e apprezzato, specie nel Rinascimento, come dimostra la mostra «Lapislazzuli. Magia del blu», la prima sull’argomento, di cui ripercorre la fortuna e l’uso nelle scienze e nelle arti dalle origini ai nostri giorni, a cura di Giancarlo Parodi, Maria Sframeli e Riccardo Gennaioli al Museo degli Argenti dal 9 giugno all’11 ottobre (catalogo Sillabe).
Pochi sono al mondo i giacimenti di lapislazzuli, tra cui quello più antico, citato da Marco Polo, nelle montagne di Sar e Sang a più di 7mila metri di altitudine, situati nell’Hindukush, nell’Afghanistan settentrionale. Il lapislazzuli, ridotto in polvere a uso di pigmento, è il colore iconografico della Santa Vergine, quello simbolico della dignità reale, dei re di Francia, e diviene il blu per antonomasia, chiamato «ultramarinum» e pagato cifre esorbitanti come la porpora e l’oro. Col lapislazzuli, il cui colore è dato dal minerale dominante, la lazurite, vengono creati vasi, coppe, mobili intarsiati, piani di tavolo e commessi. Al Museo degli Argenti è esposta una selezione che spazia dai reperti archeologici provenienti dagli scavi condotti nella valle dell’Indo (Mehrgarth, 7000 a.C.), in Mesopotamia (Sumer, 6000 a.C., Ur, 2500 a.C.) e in Egitto (durante la XVIII dinastia, 1500 a.C. ca), agli oggetti in lapislazzuli prodotti nelle botteghe fondate da Francesco I nel Casino di San Marco e nei laboratori istituiti da Ferdinando I nel complesso degli Uffizi (fino al tramonto della dinastia). Non mancano testimonianze dell’Ottocento, un secolo in cui, dopo una grave penuria di giacimenti, nel 1814 il chimico francese Tassaert scopre la formazione spontanea di un pigmento blu, sintetico; per giungere all’arte contemporanea, con Yves Klein che nel 1956 crea il celebre International Klein Blue («IKB»), mescolando il pigmento artificiale a una resina industriale, e il blu riacquista un suo significato decorativo e trascendente.
La presenza di Klein ha ancor più senso se ricordiamo la cartolina raffigurante una scena di san Francesco nel ciclo di Giotto della Basilica superiore di Assisi, spedita da Klein alla sua gallerista Iris Clert, in cui si rallegra di aver trovato corrispondenza del «suo» blu nel cielo di quegli affreschi.


Redazione GDA, 04 giugno 2015 | © Riproduzione riservata

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