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Il falsario geniale che sfidò il mondo dell’arte

Il falsario geniale che sfidò il mondo dell’arte

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Per trent’anni ha ingannato grandi studiosi, musei e case d’aste dipingendo come Michelangelo, Gainsborough, Poussin e Rubens. Voleva dimostrare che non esistono opere false, ma soltanto false attribuzioni formulate da falsi esperti o da esperti che sbagliano. E fu ucciso

 

Si è conclusa da poco una piccola mostra in un borgo vicino a Roma, Anticoli Corrado, prediletto da tanti artisti dell’Ottocento e celebre per le sue modelle. Qui ha abitato a lungo anche Eric Hebborn, un artista inglese anomalo, oggi pressoché dimenticato. 

 

Hebborn è considerato il più grande falsario di disegni antichi del Novecento ed è vissuto ad Anticoli fino alla morte (avvenuta nel 1996 a 62 anni), ancora misteriosa: fu ritrovato ubriaco, ferito alla testa. Morì qualche giorno dopo, solo. Sono passati vent’anni e nell’anniversario il Comune di Anticoli ha organizzato una mostra nel Museo Comunale d’arte moderna per ricordare quell’ospite speciale, colto e pieno di talento, esponendo gli strumenti del suo lavoro provenienti dalla sua casa. Qui creava i suoi straordinari disegni «antichi» ma dipingeva anche i «suoi» quadri firmati. La sua ambizione maggiore era stata sempre quella di vedersi riconosciuto come pittore. In mostra ad Anticoli il suo ultimo grande quadro, non finito, che descrive la mietitura nelle campagne del paese. Alle pareti una serie di fotografie, tra cui quelle con Federico Zeri a presentare il suo ultimo libro, Il manuale del falsario (Neri Pozza, 1995), e con la regina di Danimarca a inaugurare una sua mostra. Si sta ora preparando una mostra più grande che si terrà nel 2017, nella quale, accanto ai suoi falsi famosi, saranno quei quadri firmati Hebborn che pochi avevano apprezzato mentre era in vita. Intanto, la memoria dei contemporanei di questo genio del falso rivive nelle pagine di un libro scritto dall’antiquario Giacomo Wannenes, Vanity art (appena edito da Allemandi, pp. 272), che gli dedica un intero capitolo (cfr. un estratto a p. 25).

 

Da ragazzo, Eric Hebborn era divorato dalla passione per l’arte antica, studiava con entusiasmo le tecniche dei maestri del Rinascimento, voleva eguagliare l’abilità prodigiosa dei grandi: diplomato alla Royal Academy di Londra, vincitore nel 1959 di una borsa di studio biennale alla British School di Roma, da giovane Eric era uno studente squattrinato. All’Accademia londinese studiava con un solo obiettivo: impadronirsi di quella capacità misteriosa che consente non soltanto di imitare al meglio le varie tecniche di Michelangelo, Poussin, Gainsborough, Leonardo, Corot, Rubens, Pontormo, Piranesi e tanti altri, ma di penetrare lo spirito di quegli antichi maestri. Proprio nel disegno possedeva una fantastica abilità. Lo racconta lui stesso nel libro scritto nel 1991, Troppo bello per essere vero. Autobiografia di un falsario. 

 

Si era trasferito in Italia nel 1968 con il suo compagno Graham David Smith, prima a Roma, dove avevano aperto una galleria, e poco dopo nella villa di Anticoli. Si era accorto presto che la sua produzione artistica firmata «Hebborn» non aveva successo, i suoi quadri non trovavano compratori. Lui stesso scrive di come aveva imparato da un disinvolto restauratore londinese, il signor Aczel, non soltanto a riparare ma a rifare ex novo intere parti di quadri rovinati e infine a creare nuovi «dipinti d’epoca» su veri telai antichi. Imparò a fondo le tecniche antiche del colore, ma anche come riconoscere e dove trovare la carta antica sulla quale disegnare. Nella carriera di falsario seguiva una strategia precisa. Primo, realizzare un disegno alla maniera di un certo artista del passato su carta d’epoca (era facile trovarla nei mercatini di Londra). Mai falsificare una firma, i disegni erano sempre anonimi. Secondo: andare da un esperto e chiedere un parere su quell’opera che diceva di aver «trovato». Nel 1960 tentò per la prima volta con il British Museum e il successo fu immediato. Hebborn racconta che, con sua grande sorpresa, l’esperto del museo non ebbe dubbi nell’attribuire a Gainsborough due fogli che aveva disegnato lui stesso. Cominciò a muoversi nel mondo dei mercanti e degli esperti d’arte. Proponeva sempre disegni anonimi agli esperti e chiedeva un parere.

 

La sua attività di falsario durò trent’anni, fino al 1990. Vittime e amici sono stati i massimi esperti d’arte di allora: John Pope Hennessy, Luisa Vertova e soprattutto Anthony Blunt, allora curatore delle collezioni di disegni della Regina d’Inghilterra (si scoprì poi che era una spia del Kgb). In pochi anni le opere di Hebborn, autenticate da personaggi illustri del mondo dell’arte, sono state vendute attraverso mercanti famosi come Agnew e case d’aste come Sotheby’s e Christie’s, ai maggiori musei del mondo: British Museum, Metropolitan, Gallerie nazionali di Copenhagen, Washington, Ottawa ecc. Il segreto di tanto successo era, oltre alla straordinaria abilità di Hebborn, il suo studio attento degli artisti ai quali voleva che gli esperti pensassero quando esaminavano i suoi sempre anonimi disegni. Così spiega nella sua autobiografia il principio base al quale si ispirava e attraverso i quali riusciva a dare scacco al più preparato degli esperti: «Non è vero che lo stile di un artista riflette immancabilmente il gusto della sua epoca; si tratta soltanto di una di quelle teorie confortanti e di comodo che danno agli studiosi la rassicurante sensazione che i falsi siano sempre, riconoscibili. La scomoda verità è che se spesso i falsi si tradiscono perché l’epoca a cui appartengono vi imprime il proprio marchio, questo non è sempre vero e il contraffattore veramente bravo può evitarlo». Quando, con la sua autobiografia, decise di rivelare la sua carriera di falsario, aveva raggiunto il suo scopo. Guadagnarsi da vivere e dimostrare che, secondo lui, non esistono opere false, ma soltanto false attribuzioni formulate da falsi esperti o da esperti che sbagliano.

 

Edek Osser, 13 luglio 2016 | © Riproduzione riservata

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