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Luca Zuccala
Leggi i suoi articoliLa geografia dell’arte è sempre più diffusa e capillare, non solo per l’aumento di Paesi ormai coinvolti in un unico sistema, ma anche per la moltiplicazione di eventi capaci di dettare gusti e tendenze. Gallerie, musei, biennali, fiere e aste: tutto partecipa alla diffusione di artisti e movimenti, storici o emergenti, da scoprire o riscoprire. Il seppur inesausto tentativo di mappare il panorama si scontra con il proliferare continuo della proposta, che, se da una parte restituisce la vivacità del settore, dall’altra accresce le difficoltà di tenere il passo con un contesto eterogeneo e in continuo movimento.
Da un capo all’altro del mondo i nuovi protagonisti dell’arte si possono incontrare in mostra in una galleria di New York, alla Biennale di Venezia, tra i corridoi di Art Basel o, a sorpresa, in un catalogo di Christie’s, Sotheby’s e Phillips. Le traiettorie di nuovi e vecchi artisti (che, se non precedentemente valorizzati, rappresentano comunque delle novità) assumono così direzioni personali e imprevedibili, che abbiamo tracciato e rintracciato nelle grandi rotte dell’arte negli ultimi mesi e che nel corso di quest’anno potranno ulteriormente intensificare il proprio passaggio lungo le più significative tappe di un itinerario artistico (culturale e di mercato), che appaiono sempre più ravvicinate, tanto da confondersi.
Hao Liang
• Note biografiche: Nasce a Chengdu, in Cina, nel 1983. Studia pittura cinese allo Sichuan Fine Arts Institute di Chongqing. Si avvicina all’arte grazie alla parentela con il noto collezionista Zhang Daqian (1899-1983).
• Poetica: Dipinge ritratti e paesaggi unendo tecniche, temi e motivi della pittura tradizionale cinese, come l’inchiostro «guohua», a una sensibilità contemporanea e cosmopolita, influenzata da poesia classica, letteratura, arte moderna, filosofia, teoria cinematografica e dal senso della memoria. «Il suo lavoro, ha affermato Hans Ulrich Obrist, è una continua oscillazione tra il mondo microscopico e macroscopico, l’astratto e il figurativo. Una dimensione cosmica con riferimento alla poesia».
• Galleria: Gagosian.
• Mostre selezionate: 2023, «The Sad Zither», Gagosian, Londra; 2018, «Portraits and Wonders», Gagosian, New York; 2017, 57ma Biennale di Venezia, «Viva Arte Viva», Venezia; «Streams and Mountains without End: Landscape Traditions of China», Metropolitan Museum of Art, New York; «Musée en œuvre(s)», Centre Pompidou, Parigi; 2016, «Eight Views of Xiaoxiang», Ullens Center for Contemporary Art, Pechino; «Aura, BACA Projects 2016», Bonnefantenmuseum, Maastricht (Paesi Bassi).

Ithell Colquhoun, «Alcove II», 1948 (particolare). Courtesy of Lévy Gorvy Dayan
Ithell Colquhoun
• Note biografiche: Nasce a Shillong, in India, nel 1906, e si spegne a Lamorna, in Gran Bretagna, nel 1988. Studia al Cheltenham Ladies’ College di Cheltenham e alla Slade School of Fine Art di Londra. Tra gli elementi ricorrenti della sua poetica vi sono l’amore tormentato per una donna più grande e la pratica dell’occultismo. Negli anni Trenta apre uno studio a Parigi, poi si muove a Londra, dove nel 1940 viene espulsa dal gruppo dei surrealisti proprio a causa dell’interesse per l’occulto. Si sposa e divorzia dal collega Toni del Renzio.
• Poetica: Pratica il frottage, il fumage e l’automatismo, inteso anche come comunicazione con il soprannaturale. Dipinge immagini di genitali immersi in paesaggi, senza allusioni erotiche, per esplorare la dimensione spirituale e il legame con la Terra. «Tra le artiste più radicali della sua generazione, ha detto Katy Norris, è una figura chiave del Surrealismo britannico. Scrittrice innovativa e occultista praticante, ha tracciato la sua strada, indagando i metodi surrealisti di creazione di immagini inconsce e addentrandosi senza paura nei regni del mito e della magia».
• Galleria: Lévy Gorvy Dayan.
• Mostre selezionate: 2025, «Ithell Colquhoun: Between Worlds», Tate St Ives, Cornovaglia (Gran Bretagna, fino al 5 maggio); 2022, 59ma Biennale di Venezia, «La culla della strega», Venezia, Giardini; 2021, «Phantoms of Surrealism», Whitechapel Art Gallery, Londra; «Unsettling Landscapes», St Barbe Museum & Art Gallery, Lymington (Gran Bretagna); «Song of Songs», Unit London, Londra; 2020, «British Surrealism», Dulwich Picture Gallery, Londra.

Un esempio di olio su vetro di Rebecca Salsbury James
Rebecca Salsbury James
• Note biografiche: Nasce a Londra, nel 1891 e muore a Taos, in New Mexico (Usa), nel 1968. Studia all’Ethical Cultural School, New York. Modella di Alfred Stieglitz e Paul Strand, sposa quest’ultimo nel 1922. Collabora con Marsden Hartley ed è legata da una profonda amicizia con Georgia O’Keeffe. Dopo il divorzio da Strand, sposa in seconde nozze l’allevatore Bill James. Lascia la pittura per il «colcha», una tecnica di ricamo tradizionale.
• Poetica: Artista in gran parte autodidatta, predilige l’olio su vetro invertito, tecnica complessa che non permette ripensamenti. Conduce una ricerca formale che rintraccia la bellezza nell’essenzialità, attingendo dalle tradizioni popolari e regionali per sviluppare un linguaggio aggiornato rispetto alle tendenze a lei contemporanee. «Il suo è uno strano, intenso simbolismo che conferisce a cose familiari, spesso dimenticate, una qualità sensuale, ha scritto di lei Donald Bear. Sono quasi luminose, come se fossero dipinte con chiari raggi di luce imparziali».
• Galleria: Salon 94.
• Mostre selezionate: 2024, Tefaf, Maastricht (Paesi Bassi); 2023, «At the Dawn of a New Age: Twentieth-Century American Modernism», Whitney Museum of American Art, New York; 2021, «Gallery Selections, Summer 2021», The Owings Gallery, Santa Fe (Usa); 2010, «Rebecca Salsbury James: Paintings and Colchas», The Harwood Museum of Art, University of New Mexico, Taos (Usa); 1991, «A Modern Artist & Her Legacy», The New Mexico Museum of Art, Santa Fe (Usa); 1954, «Rebecca Salsbury James: Paintings», Martha Jackson Gallery, New York.

Madge Gill, «Crucifixion of the Soul», 1934, London Borough of Newham Heritage Archives (particolare)
Madge Gill
• Note biografiche: Nasce a Londra nel 1882, dove muore nel 1961. Non riconosciuta dai genitori, cresce in un orfanotrofio nell’Essex. Nel 1896 viene trasferita in Canada dove lavora come domestica. Dopo avere prestato servizio in Ontario, nel 1900 torna a Londra e si accosta allo spiritualismo e all’astrologia. Si interessa per la prima volta al disegno a 38 anni. Per una malattia perde la vista all’occhio sinistro. Costretta a letto, crea migliaia di opere con inchiostro nero guidata da uno spirito che chiama «Myrninerest», nome con cui firma i suoi lavori. In cura per problemi di salute mentale, nel 1939 espone una delle sue opere, larga 40 metri, alla Whitechapel Gallery.
• Poetica: Estremamente prolifica, sperimenta un’ampia varietà di media tra cui lavoro a maglia, scrittura, tessitura e uncinetto. La figura di una giovane donna in abiti intrecciati appare migliaia di volte nelle sue opere, forse una rappresentazione di sé o della figlia perduta. I disegni sono caratterizzati da motivi geometrici a scacchi e decorazioni naturali, con gli occhi fissi e vuoti dei volti femminili e i loro abiti fluenti che si intrecciano nei complessi motivi circostanti. Al tempo, le sue opere non erano considerate espressioni artistiche, ma un tentativo di comunicazione con altri regni. «Come altri spiritualisti, Gill non attribuiva la sua arte alle sue capacità, ma si considerava un mezzo fisico attraverso il quale il mondo spirituale poteva essere espresso», ha affermato Daniel Wójcik.
• Galleria: Christian Berst.
• Mostre selezionate: 2024, 60ma Biennale di Venezia, «Foreigners Everywhere-Stranieri ovunque», Venezia; 2023, «The Guided Hand: Josefa Tolrà/Madge Gill Visionary Women», Mnac, Barcellona (Spagna); «Madge Gill: The Clouds Will Burst the Sun Will Shine Again Exhibition», Mac, Birmingham (Gran Bretagna); 2019, «Flying High: Women Artists of Art Brut», Kunstforum, Vienna; 2015, Art Brut Biennial II, «Architectures», Losanna (Svizzera).

Nour Jaouda, «Roots in the sky», 2024
Nour Jaouda
• Note biografiche: Nasce a Il Cairo nel 1997. Studia alla Ruskin School of Art di Oxford (Gb) e pittura al Royal College of Art di Londra. Cresciuta a Il Cairo in una famiglia di origini libiche, vive e lavora tra Londra e l’Egitto. Con Il Cairo intrattiene un rapporto controverso, che la porta a riflettere spesso sulla storia di migrazione che ha interessato i genitori e che influenza anche il suo senso di appartenenza alla comunità locale.
• Poetica: Colora i tessuti con vividi pigmenti naturali, gialli, rosa, verdi e blu che assumono, increspandosi, uno spessore tridimensionale. Tagliati e cuciti, decostruiti e poi ricostruiti, i suoi lavori integrano storia sociale e riflessione personale, spesso ispirandosi ai tappeti da preghiera islamici e alla geometria divina. «Il mio intento è esplorare i temi della memoria, del luogo e dell’appartenenza. Ogni pezzo è un oggetto senza tempo, un paesaggio di memoria che esiste in uno spazio liminale. Ogni strato racconta una storia, ogni frammento un ricordo. Il mio obiettivo è catturare l’essenza di un’esistenza senza radici, esplorando lo spazio senza luogo tra il presente e l’assente, il sé e l’altro», spiega l’artista.
• Galleria: Union Pacific.
• Mostre selezionate: 2025, Biennale delle Arti Islamiche, «And all that is in between», Gedda (Arabia Saudita); 2024, Frieze London, Union Pacific Gallery, Londra; «On Feeling», Approach Gallery, Londra; «Être Méditerranée», MoCo Montpellier Contemporain, Montpellier (Francia); Art Basel, Union Pacific Gallery, Basilea; 60ma Biennale di Venezia, «Foreigners Everywhere-Stranieri ovunque», Venezia.

Uno dei disegni di Beatrice Caracciolo
Beatrice Caracciolo
• Note biografiche: Nasce a San Paolo, Brasile, nel 1955. Studia a New York alla Columbia University e alla Studio School. Italiana residente a Parigi, è nota principalmente per i suoi disegni semiastratti e collage dove riferimenti naturalistici e alla storia dell’arte vengono interpretati con la lente dell’Espressionismo astratto e dell’Arte Povera.
• Poetica: Realizza stampe fotografiche, disegni, collage, opere su carta, installazioni e sculture. Utilizza diverse tecniche e materiali, dal carboncino allo zinco riciclato. «Adoro usare la carta, afferma. Mi piace la sua resistenza agli utensili e la possibilità di cancellare, bagnare, a volte persino immergere l’intera opera d’arte nell’acqua. È una tecnica che crea strati impercettibili in foto, ma dal vivo si possono vedere tutti i passaggi che ha vissuto, le strisce lasciate dalla gomma, i graffi della grafite...». Le sue opere sono una risposta al potere degli elementi e alla creazione e distruzione umana.
• Galleria: Paula Cooper Gallery.
• Mostre selezionate: 2024, «Beatrice Caracciolo: The Parable of the Blind», Paula Cooper Gallery, New York; 2023, «Sentiero», Kewenig, Berlino; 2016, «Beatrice Caracciolo: Créer en soi le dragon de feu», Temple Collection, Pechino; 2014, «Cinabrese», Paula Cooper Gallery, New York.

Lucie Rie, «An Impressive Footed Bowl», 1990
Lucie Rie
• Note biografiche: Nasce a Vienna nel 1902 e muore a Londra nel 1995. Studia presso la Wiener Kunstgewerbeschule, la Scuola di Arti applicate di Vienna. Di benestante famiglia ebrea austriaca, vive il periodo dello Jugendstil e della Wiener Werkstätte, la Vienna di Sigmund Freud, Gustav Klimt, Egon Schiele, Otto Wagner, Gustav Mahler e Arnold Schönberg. Apre il suo primo atelier a 23 anni. Ceramista straordinaria, nel 1937 partecipa all’Esposizione Internazionale di Parigi. Emigra in Inghilterra nel 1938 a causa delle leggi razziali, rimanendo per lungo tempo poco conosciuta. Nel 1971 è insignita del titolo di Dame Commander of the Order of the British Empire (Dbe). Il suo atelier è stato trasferito e ricostruito nella Galleria delle ceramiche del Victoria and Albert Museum di Londra.
• Poetica: Sviluppa uno stile unico fatto di forme semplici e linee essenziali, in netto contrasto con le opere colorate e opulente della Vienna del suo tempo. I suoi lavori toccano temi urbani e architettonici, esaltano la semplicità degli edifici modernisti. Christopher Reid ha definito i suoi vasi «poemi metafisici, animati da (...) tensioni».
• Galleria: Oxford Ceramics Gallery.
• Mostre selezionate: 2024, «Nature morte», The Hepworth Wakefield, Wakefield (Gran Bretagna); «Lasciando il segno», Flint Institute of Arts, Flint (Usa); «Londra: un crocevia artistico», Sotheby’s, Londra; 1981, «Lucie Rie», Victoria and Albert Museum, Londra; 1994, «Lucie Rie», Metropolitan Museum of Art, New York; 1953, «Ceramica inglese», Stedelijk Museum, Amsterdam.

Bang Hai Ja, «Birth of Light», 2014
Bang Hai Ja
• Note biografiche: Nasce a Seul, in Corea, nel 1937 e muore nel 2022 ad Aubenas, nell’Ardèche, in Francia. Studia Arte orientale, Arte occidentale e Calligrafia alla Seoul National University. Il nonno era calligrafo, i genitori insegnanti. Lei dal 1961 vive in Francia. Nota come «l’artista della luce», è conosciuta per l’ampio uso di materiali naturali. L’interesse artistico si sviluppa nell’infanzia, quando a causa di una malattia non può correre e giocare, trascorrendo così molto tempo a osservare e pensare. Sorge in lei una fascinazione per la luce del sole, che si riflette sul ruscello vicino a casa, e il desiderio di catturarla con pennelli e colori.
• Poetica: Ha familiarità con acrilici e tela, ma utilizza principalmente una carta tradizionale coreana, chiamata «Hanji», da lei stessa realizzata. Il suo lavoro inizia accartocciando la carta nel centro, come un punto di singolarità. Segue poi una stratificazione di toni e cromie che si irradiano verso l’esterno. «Pianeti, stelle o la Via Lattea, afferma Lise Laroye: le sue rappresentazioni includono anche questioni cosmologiche, cariche di profonda spiritualità, che svaniscono di fronte a una realtà più grande».
• Galleria: Françoise Livinec.
• Mostre selezionate: 2024, «Solo exhibitions», Centre Pompidou, Parigi; 2022, «Ici, pas ailleurs», Galerie Françoise Livinec, Parigi; 2022, «Vers un nouveau monde», Centre Culturel Coréen, Parigi.

Justin Caguiat, «The saint is never busy», 2019
Justin Caguiat
• Note biografiche: Nasce a Tokyo nel 1989, vive e lavora tra New York e la California. In costante crescita sul panorama internazionale, è sempre più conosciuto da consulenti e collezionisti. «Doll 3 Eros» (2020) è però l’unica sua opera passata all’asta. Nel 2021 tiene una mostra personale alla Taka Ishii Gallery di Tokyo e partecipa a Frieze London. Scrittore e poeta, prende parte a numerosi reading e performance.
• Poetica: Sebbene inequivocabilmente contemporanei, i dipinti di Caguiat attingono da tradizioni estetiche disparate: dagli interni tappezzati di Édouard Vuillard al modernismo della Scuola di Vienna, fino alle forme appiattite delle stampe xilografiche giapponesi, ai mosaici e ai manga. I suoi paesaggi interiori oscillano tra l’osservato e l’immaginato, sono dipinti di grandi dimensioni su tela o lino, con bordi imperfetti solitamente contenuti da cornici di legno. Al loro interno, forme e sagome dai colori vivaci sono stratificate con olio, guazzo, gesso e tempera, dando forma a motivi minuziosi e caleidoscopici. Si ispira alla letteratura fantascientifica e alla psichedelia degli anni Sessanta.
• Galleria: Greene Naftali.
• Mostre selezionate: 2024, «The Toys of Peace», Taka Ishii Gallery, Tokyo; «Triple Solitaire», Ezra and Cecile Zilkha Gallery at Wesleyan University, Middletown (Usa); «Dreampop», Modern Art, Londra; 2023, «Carnival», Greene Naftali, New York.

Janet Sobel, «Milky Way», 1945, New York, MoMA
Janet Sobel
• Note biografiche: Nasce a Ekaterinoslav nel 1893 (allora nell’ex Impero russo, oggi in Ucraina) e si spegne nel New Jersey (Usa) nel 1968. Autodidatta, inizia a dipingere a 45 anni incoraggiata dal figlio Sol, studente d’arte. La sua prima mostra personale è alla Puma Gallery di New York nel 1944. Peggy Guggenheim ne include le opere nella mostra «The Women» allestita nel 1945 nella sua galleria The Art of This Century di Manhattan, accanto ad artiste come Louise Bourgeois e Kay Sage. Dal 1943 al 1946 è tra le figure più rispettate nel mondo dell’arte newyorkese. Il gallerista Sidney Janis fu un suo entusiasta sostenitore.
• Poetica: Dipinge ascoltando musica, lasciandosi trasportare in una sorta di trance. I suoi primi lavori, risalenti alla fine degli anni Trenta, richiamano un primitivismo autodidatta che, pur rimanendo ancorato a elementi folcloristici ucraini, ricorda sia Jean Dubuffet che il fascino magico delle visioni di Marc Chagall. È considerata dalla critica una delle principali surrealiste americane. «La sua opera è straordinariamente libera da inventiva, tra autocoscienza e finzione, ha scritto John Dewey. Si può credere che in misura insolita le sue forme e i suoi colori sgorghino da un subconscio che è riccamente immagazzinato con impressioni sensibili ricevute direttamente dal contatto con la natura, impressioni che sono state riorganizzate in figure in cui colore e forma sono felicemente sposati».
• Galleria: James Barron Art.
• Mostre selezionate: 2024, «Janet Sobel: All-Over», The Menil Collection, Houston (Usa); 2023, «Janet Sobel: Wartime», The Ukrainian Museum, New York; 2020, «Janet Sobel», Andrew Edlin Gallery, New York; 2018, Outsider Art Fair, New York, James Barron Art, Kent (Gran Bretagna); 2016, «Janet Sobel: Revisiting the Drip», James Barron Art, Kent (Gran Bretagna); 2010, «Janet Sobel: Drip Paintings and Selected Works on Paper», Gary Snyder/Project Space, New York; 2005, «Janet Sobel», D.C. Moore, New York; 2002, «Janet Sobel: Selected Works from the Artist’s Estate», Gary Snyder Fine Art, New York; 1962, «Janet Sobel Paintings and Drawings», Swain’s Art Store, Plainfield (Usa); 1944 «Janet Sobel», Puma Gallery, New York.
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