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Mentre in Palazzo Reale prosegue fino al 29 giugno la preziosa antologica di Felice Casorati, Tornabuoni Arte presenta dal 6 maggio al 29 giugno, nella sede milanese di via Fatebenefratelli 34/36, la mostra «Casorati. Silenzi e assonanze», che al nucleo di opere del protagonista accosta una serie di lavori di artisti che hanno battuto sentieri vicini ai suoi per tematiche, affinità di stile, atmosfere sospese e stupefatte. Sono 11 i dipinti di Felice Casorati (1883-1963) esposti qui, tutti esempi di quella sua inconfondibile pittura sempre fedele alla figurazione e sempre intessuta di silenzi e d’introspezione, limpida nella forma eppure misteriosa nei temi, o comunque «separata» dal reale, come se tutto fosse osservato attraverso un cristallo. Divisa in sezioni tematiche, la mostra affronta i temi cari alla pittura italiana degli anni tra le due guerre (e, nel dopoguerra, ancora negli anni ’50) come la famiglia e l’intimità domestica, qui rappresentate da Casorati nei dipinti «Il Mattino (maternità)» e «Stiratrici», 1954 entrambi, in dialogo con le stilizzate «Figure femminili», 1952, di Massimo Campigli. Se queste opere sono quasi contemporanee, è di oltre tre decenni la distanza che separa «Studio per giovinetta», 1922, di Casorati da «Figure in rosso», 1957 ca., di Mario Sironi, due dipinti che, pur lontani nel tempo, condividono il tema del silenzio. Un altro dialogo s’intreccia nella sezione dell’attesa, dove la casoratiana «Donna con le carte (su sfondo di campi)», 1954, si confronta con «Il Trovatore» (1968: l’opera più recente in mostra) di Giorgio de Chirico, maestro che ritorna nella sezione dedicata alla natura morta con due sue «vite silenti» del 1934 e del 1950 ca., poste a confronto con «Pesche e vaso», 1952, di Ardengo Soffici, con una natura morta del 1919 di Gino Severini e con alcune opere analoghe di Casorati. Non manca il tema della maschera, con i suoi stratificati significati simbolici, praticato con felicità di esiti da Casorati come da Severini, lui con due opere del 1930 e 1931, né quello del nascondimento («Dietro le quinte, 1929, di Casorati e «Composizione (L’idolo)» di Sironi, 1958 ca).

Gino Severini, «Natura morta con ruderi, piccioni e statua». Courtesy Tornabuoni Arte
Mentre il mare è al centro dei dipinti come «Barche sulla spiaggia», 1932, di Casorati; «Marina» e «Paesaggio di lago», 1941 e 1943, di Carlo Carrà; «Paesaggio», 1931, di René Paresce e l’enigmatico, inquietante «Idillio marino», 1944, di Alberto Savinio. Chiude il percorso il nudo: qui ci s’imbatte nel poetico «Nudo sul paesaggio», 1951, di Casorati, dove una figura di donna addormentata, nuda eppure pudica, si confronta con le ordinate geometrie del paesaggio coltivato che l’artista vedeva dal suo rifugio di Pavarolo, il borgo sulla collina torinese dove lui e la moglie Daphne Maugham, pittrice come lui e sua allieva, dal 1930 presero a trascorrere i mesi estivi in quella «casetta bianca» da cui, dicevano, non riuscirono mai «a togliere l’odore di fieno e di stalla». Alla casa presto si sarebbe aggiunto lo studio affacciato sul paesaggio, oggi diventato la sede dello Studio museo intitolato all’artista. A interloquire con questo dipinto, che è l’immagine guida della mostra, sono stati posti il «Nudo di schiena», 1930, di Felice Carena e il «Nudo femminile», 1923 ca., di Giorgio de Chirico

René Paresce, «Natura morta», 1922. Courtesy Tornabuoni Arte