Giuseppe M. Della Fina
Leggi i suoi articoliDaniele Manacorda torna a interrogarsi sul mestiere dell’archeologo. Lo fa in un libro dove si sofferma sull’analisi degli strumenti concettuali fondamentali che considera alla base del metodo archeologico, quelli in grado di contribuire alla ricostruzione della storia antica, ma anche moderna e contemporanea: gli approcci tecnologico, tipologico e stratigrafico.
Le indagini relative agli aspetti tecnologici consentono di definire la qualità delle materie utilizzate e le tecnologie usate per la realizzazione delle «cose», come pure per la loro trasformazione e i loro usi. Lo studio tipologico si concentra, invece, sulla forma assunta dai materiali lavorati dall’uomo, sulla loro classificazione in base alle morfologie dei singoli «oggetti» realizzati e sulla possibilità di redigere «corpora», ovvero insiemi tra loro omogenei e rispettosi delle funzioni svolte dagli «oggetti». L’approccio stratigrafico consente, infine, di trasformare lo scavo da una modalità di estrazione acritica di «vestigia» nel pilastro della costruzione della fonte archeologica.
Va tenuto presente, inoltre, che i tre approcci devono operare secondo propri metodi indipendenti. La virtù di questo triangolo risiede per Manacorda nel fatto che ognuno dei tre approcci produce «informazioni specifiche che, relazionate poi tra loro, conducono l’archeologo dalle paludi dell’impressione alle strade, magari impervie, ma fruttuose dell’interpretazione». Non un manuale di archeologia quindi, ma una riflessione su una disciplina che sembra in grado di annullare il tempo e di riconnetterci a un passato più o meno lontano, ma, al contempo, come osserva sempre l’autore, di vivere in maniera più piena il presente osservando la nostra quotidianità in maniera non distratta. Probabilmente è questo il fascino che l’archeologia ha esercitato e continua a esercitare.
Triangolo virtuoso. Tre parole chiave per l’archeologia
di Daniele Manacorda, 136 pp., ill. b/n e col., Carocci, Roma 2024, € 16
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