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Giovanni Pellinghelli del Monticello
Leggi i suoi articoliLa «Jeune Fille Allongée» di François Boucher (nota anche come «L’Odalisque Blonde»), del 1751-52, è uno dei ritratti della giovanissima Marie-Louise O’Murphy (1737-1814), modella amatissima da Boucher e divenuta, grazie proprio a questo quadro, la più celebre delle cortigiane di Luigi XV. Considerato il nudo più sensuale e maliziosamente erotico di tutta la pittura rococò francese, l’opera raffigura la modella quindicenne sdraiata nuda e di spalle su un divano di un boudoir sontuosamente arredato. Distesa fra sete cangianti rosa e bianche rinfrescate dal nastro azzurro nei capelli biondi, la fanciulla si mostra inconsapevole, in altro assorta, ed è proprio questo che ha reso il quadro (benché privo di erotici sottintesi) a giudizio unanime il nudo più seducente del Rocaille francese. Non confonda in pruriginosi «innuendo» la giovanissima età della modella, quattordicenne o poco più: all’epoca l’età legale per consumare il matrimonio era 14 anni per le ragazze e 15 per i maschi e infatti, da lì a qualche anno, la futura Marie-Antoinette, a poco più di quattordici anni e sei mesi, sposava il quasi sedicenne futuro Luigi XVI.
Hanno lo stesso titolo due nudi di Boucher, realizzati l’uno nel 1751 e l’altro nel 1752. In gioventù allievo di Sebastiano Ricci e Giovanni Antonio Pellegrini (attivi a Parigi negli anni 1720) e dal 1727 al 1732 pensionnaire all’Académie de France a Roma, poi protégé di Madame de Pompadour e pittore prediletto del duca de Penthièvre (cugino del re), e di Gustavo III di Svezia, Premier Peintre du Roi dal 1765, Boucher fu infaticabile autore di idilliache scene classiche e mitologiche, di allegorie decorative e scene pastorali, tutte assai poco castigate e di squisito genio rococò. Detto già in vita «Peintre des grâces» per i nudi femminili vagamente risqué, creò la sua clamorosa (e meritata) celebrità proprio sulla seduzione delle sue opere, in cui si astiene a volte anche dallo «schermo» mitologico, con evoluzioni tematiche azzardate e inconfondibili perché d’apparenza sempre soave e perfino innocente, in declinazione squisitamente francese e XVIIIème (anche se di lui, nell’Ottocento bacchettone e borghese, i Fratelli Goncourt scrissero: «La vulgarité élégante, voilà la signature de Boucher […] Il est “canaille”», in «L'Art du XVIIIe siècle», t.1, Paris, 1906).
Delle due tele (care all’immaginario collettivo e conservate oggi ambedue in Germania: quella del 1751 al Wallraf-Richartz-Museum & Fondation Corboud di Colonia, quella del 1752 alla Alte Pinakothek di Monaco di Baviera) è protagonista la modella prediletta di Boucher e divenuta, grazie proprio al quadro del 1752, la più celebre delle «petites maîtresses» di Luigi XV: a Versailles (dove bellezza e successo poco venivano perdonati) per l’origine irlandese subito rinominata «Notre-Dame des Pommes de Terre» (ma ciò non le impedì di guadagnarsi, nei congestionati appartamenti privati del sovrano, l’attenzione reale per più di una notte: due figlie riconosciute, una bella dote e due mariti giovani, ricchi e titolati a garantirle un futuro piacevole e onesto).
A conclusione di un restauro metoicoloso finalizzato a risolvere i problemi delle vernice e della pittura divenute ormai fragilissime, l’Odalisque del 1752 è esposta alla Alte Pinakothek di Monaco (dove è conservata dal 1909 dopo essere stata di proprietà personale del re di Baviera) in un «one-piece show» fino al 6 luglio.
L’intervento, curato dal Doerner Institut di Monaco indagando tecnica pittorica e poetica compositiva di Boucher, ha risanato i danni causati dall’insolito strato materico steso sulla tela sotto la pittura che, composto da amido e proteine, ha reagito nel tempo agli sbalzi di temperatura e umidità alterando il proprio volume e perciò causando infinitesimali ma diffusi sollevamenti o distacchi della superficie pittorica. Rimosso lo strato superiore di vernice, assai ingiallito, si è intervenuti sulle aree danneggiate che, stabilizzate, sono state ricostituite a micropennello. A conclusione del consolidamento della superficie pittorica è stato steso un nuovo strato di vernice così da restituire al dipinto splendore cromatico e profondità della luce.
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