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Particolare del volto di Alessandro nel mosaico di Alessandro e Dario conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli, oggetto di un lungo restauro dall’approccio multidisciplinare raccontato in un documentario presentato in anteprima il 26 marzo scorso presso l’Auditorium del Mann

© Foto Mann

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Particolare del volto di Alessandro nel mosaico di Alessandro e Dario conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli, oggetto di un lungo restauro dall’approccio multidisciplinare raccontato in un documentario presentato in anteprima il 26 marzo scorso presso l’Auditorium del Mann

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Ieri il laser, domani la mente artificiale: quale sarà il destino del restauratore?

Aperto per restauri • Nel mestiere più bello del mondo il «fattore umano» sarà scalzato dall’IA? Speriamo tanto di no

Negli ultimi tempi, complice il recente articolo di Emiliano Rossi sul rapporto tra Intelligenza Artificiale e diritto d’autore, mi è capitato di interrogarmi sulle possibili relazioni dell’IA con la conservazione e il restauro

Il mio ragionamento, non da esperto del settore tecnologico, richiama un’esperienza passata e muove da un’analogia, perché conservo nella mente il ricordo di quando, nei primissimi anni Novanta, si cominciò a introdurre nel restauro l’impiego delle strumentazioni laser, e nel primo dei convegni internazionali Lacona (LAser CONservation in Art) a Creta, si iniziava a esplorare la possibilità di lasciare la macchina a gestire per intero l’esecuzione di un lavoro di pulitura di un’opera d’arte, una volta impostatone correttamente il programma. Era recente l’entusiasmo per l’effetto di «self-limiting» del laser, definito «intelligent tool»; cioè la sua capacità di «sapere» quando fermarsi in un’operazione di pulitura (o, come preferisco, di rimozione di sostanze indesiderate). Periodicamente veniva riproposta la possibilità di lasciare la macchina a lavorare da sola; e io ritenni utile richiamare l’insostituibilità della componente umana nel restauro, presentando un contributo intitolato appunto «The human factor» (citazione da Graham Greene) al Lacona del 2009 a Sibiu in Romania (Atti di Londra 2011). 

La differenza con l’IA sta nel fatto, naturalmente, che il laser è uno strumento, mentre la prima è la mente che deve guidarlo e controllarlo. Ma se qualcuno mi domandasse se c’è il rischio che l’IA avanzi prepotentemente nel restauro, risponderei che personalmente non ne ho il minimo dubbio. La pervasività e la diffusione dell’IA nelle attività umane fra le più comuni e diffuse stanno rapidamente avanzando, e la pratica insegna che la velocità con cui questi fenomeni divengono la quotidianità viene sempre sottostimata. Non vedo lontano dunque il mondo in cui qualcuno penserà di proporsi per l’esecuzione di un restauro affidandolo a strumenti, in parte già esistenti in parte ancora da realizzare, guidati, diretti, controllati, asseverati dall’IA. Dapprima noi del restauro protesteremo, prenderemo posizioni fortemente contrarie e cercheremo di opporci, ma poco alla volta l’uso diventerà sempre più comune, e magari fra non molti anni assisteremo a situazioni nelle quali sarà l’IA stessa a decidere il livello di pulitura di un dipinto, destreggiandosi fra i vari campi colorati; oppure quello dell’immissione nel corpo di materiali solidi, fossero una colonna o anche una statua del Bernini, di sostanze consolidanti precedentemente selezionate per confronto con i casi paragonabili. 

L’IA metterà in moto la sua ineguagliata capacità di attingere a sorgenti d’informazione smisurate e di poter comparare database infiniti. Naturalmente mi auguro che questo quadro apocalittico rimanga una minaccia priva di attuazione, che il futuro mi smentisca, e che il mestiere più bello che esiste, quello del restauratore, rimanga appannaggio di professionalità evolute, che se ne sono procurate gli strumenti con anni di applicazione (oggi anche in Italia a livello di laurea magistrale quinquennale). In fondo, la legge sui beni culturali in vigore (D.L. n. 42, 22 gennaio 2004), familiarmente conosciuta come Codice Urbani, stabilisce (art. 29, comma 6) che «gli interventi di manutenzione e restauro su beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici sono eseguiti in via esclusiva da coloro che sono restauratori di beni culturali ai sensi della normativa in materia». Nessun restauratore, sono convinto, delegherebbe mai le proprie decisioni tecniche, metodologiche, progettuali a un’IA, rinunciando a quanto di bello e nobile caratterizza la sua professione.

Il mosaico di Alessandro e Dario conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli. © Foto Mann

Giorgio Bonsanti, 12 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

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