Giuseppe M. Della Fina
Leggi i suoi articoliUna complessa e articolata indagine svolta dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, ha portato al recupero del ricco corredo funerario di un’importante tomba etrusca, di cui gli investigatori sono riusciti a individuare anche l’ubicazione, in località San Donnino nel territorio del comune di Città della Pieve (Pg).
Il monumento funerario, prima dello scavo clandestino, era costituito con ogni probabilità da due camere ipogee e, al proprio interno, accoglieva due sarcofagi, otto urne di fattura notevole e più di 50 reperti che erano stati deposti in onore dei defunti. I materiali rintracciati consentono di conoscere il nome della famiglia gentilizia che aveva fatto costruire la tomba e l’aveva utilizzata, direi, almeno per due generazioni: i Pulfna.
Il monumento funerario dei Pulfna Peris, un ramo della stessa gens, era stato rinvenuto casualmente nella zona nel 2015. Luigi La Rocca, capo del Dipartimento per la Tutela del Patrimonio Culturale del Ministero della Cultura, ha osservato giustamente in proposito come sia possibile che nell’area: «dovessero collocarsi residenze e fattorie appartenenti a questa famiglia secondo una modalità di popolamento diffuso».
Sulla base delle prime ricostruzioni si è ipotizzato che in una delle due camere siano stati deposti i sarcofagi e le due urne di pregio maggiore con ancora tracce evidenti della policromia affidata, in alcuni casi, a rivestimenti a foglia d’oro; nella seconda stanza dovrebbero essere state posizionate invece le altre urne. Si ricordi che le urne attestano il rito funerario della cremazione, mentre i sarcofagi rimandano all’inumazione e di conseguenza si può affermare che entrambi i riti sono attestati nella stessa tomba.
Le due urne d’impegno stilistico superiore sono decorate sulla cassa da scene tratte dal mito: rispettivamente la caccia al cinghiale calidonio con Meleagro e Atalanta, e l’uccisione di Troilo, uno dei figli del re Priamo, da parte di Achille. Si ritiene che entrambe possano essere riferite a una bottega attiva tra il 240 e il 220 a.C.
Tra le urne sottratte al mercato clandestino, va evidenziata anche un’altra su cui è conservato il nome del titolare e che presenta la cassa ornata da una protome di Gorgone tra un cespo di acanto e lesene. Anche, in questo caso, la policromia è ben conservata.
Fra i reperti del corredo funerario spiccano quattro specchi in bronzo con decorazione figurata incisa: uno presenta un interesse particolare. Ė decorato infatti da una scena dove una lupa allatta un bambino in presenza di altre figure, tra le quali sembra che si possano riconoscere Eracle e Minerva.
Il reperto più antico rinvenuto nella tomba è proprio di uno degli specchi, la cui datazione sembra risalire alla fine del IV secolo a.C. Nella zona di sicuro interesse, ha dichiarato sempre La Rocca, si procederà prima a indagini esplorative e, se esse lo suggeriranno, a uno scavo sistematico e stratigrafico.
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