Era il 1482 quando Ludovico il Moro, duca di Milano, chiese a Leonardo da Vinci (1452-1519) di realizzare un monumento equestre al padre Francesco Sforza: il più grande che si fosse mai visto. Leonardo si mise al lavoro nella bottega in Corte Vecchia, là dove oggi sorge Palazzo Reale, ma quella non fu una commessa fortunata: 11 anni di lavoro; innumerevoli disegni dal vero dei più bei cavalli di Milano; due diversi progetti, il primo con il cavallo impennato su un nemico abbattuto, il secondo, ancora più grande («12 braccia alto alla cervice»: sette metri), al passo, ma l’impresa si arrestò al grandioso modello di creta presentato da Leonardo nel 1493 fra l’ammirato stupore di tutti ma poi mai fuso, per le obiettive difficoltà e perché le 100 tonnellate di bronzo necessarie allo scopo furono utilizzate per i cannoni di difesa dall’invasione di francesi di Luigi XII. Nel 1499 Ludovico il Moro, sconfitto, fuggì, e le truppe francesi usarono il gran cavallo di creta come bersaglio, distruggendolo.
Uno di quegli studi di mano del maestro, databile intorno al 1490, un prezioso frammento delle collezioni della Veneranda Biblioteca Ambrosiana raffigurante la metà anteriore di un cavallo al passo, è ora esposto nella mostra «Il cavallo, il mazzocchio e il volto del Maestro. Disegni milanesi di Leonardo da Vinci e Francesco Melzi» realizzata con la supervisione di Martin Kemp e presentata dal 15 novembre al 15 febbraio 2025 nel Museo Leonardo3 (Galleria Vittorio Emanuele II 11, Piazza Scala).
Insieme, come suggerisce il titolo, c’è il ben più grande e spettacolare disegno autografo, dell’Ambrosiana anch’esso, in cui Leonardo delinea la «Veduta prospettica di un corpo geometrico (mazzocchio), con note per la realizzazione del modello» (1510 ca): un vero sfoggio di virtuosismo grafico, in cui Leonardo traccia la struttura dell’armatura di uno di quei singolari copricapi rigonfi (veri status symbol) che erano in uso in Toscana nel Rinascimento. «Un capolavoro iconico del “proto-design” leonardesco», lo definisce Marco Versiero nella scheda del catalogo (Leonardo3 Edizioni, bilingue, con un saggio di Martin Kemp), per effetto dei forellini per lo spolvero, già segnalati da Pietro C. Marani, che, con le istruzioni vergate a fianco, testimoniano la «deliberata riproducibilità seriale» dell’oggetto. Non a caso, il Museo Leonardo3 ne propone ora, per la prima volta, un modello tridimensionale metallico realizzato dal team del Centro Studi Leonardo3 (Massimiliano Lisa, direttore del Museo; Edoardo Zanon, direttore scientifico, e i loro collaboratori), composto da 512 pezzi, come nel progetto autografo, cui si aggiunge un’illuminante elaborazione video 3D. Il terzo disegno esposto («il volto» del titolo) è il ritratto di profilo del maestro, opera di Francesco Melzi, suo allievo più fidato e suo erede: un foglio raramente presentato al pubblico, che ritrae Leonardo in età avanzata, verso il 1515-18.
In occasione della mostra, che intende mettere in evidenza il legame di Leonardo con Milano, il Museo Leonardo3 (che nei suoi 11 anni di vita ha richiamato 1,75 milioni di visitatori) presenta anche la nuova parete interattiva «I disegni di Leonardo, da Torino a Milano», con la riproduzione in alta definizione di una selezione di disegni del maestro e della sua bottega conservati a Torino, nella Biblioteca Reale, e a Milano nel Civico Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco, nel Gabinetto dei Disegni della Pinacoteca di Brera e all’Ambrosiana.