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Un particolare di «Figura e paesaggio urbano» (1922) di Mario Sironi, passato di mano il 30 novembre 2024 da Farsetti a Prato per 156mila euro

Cortesia di Farsettiarte

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Un particolare di «Figura e paesaggio urbano» (1922) di Mario Sironi, passato di mano il 30 novembre 2024 da Farsetti a Prato per 156mila euro

Cortesia di Farsettiarte

In quali opere conviene investire nel 2025: una guida pratica

L’anno appena iniziato appare particolarmente favorevole per gli investimenti con prezzi ribassati in ogni fascia. Da Sironi a Dadamaino si fanno ottimi affari con gli anni Sessanta, opportunità che non bisogna lasciarsi scappare

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Alberto Fiz

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Maledetti anni Sessanta. Non solo la politica di destra, ma anche il mercato li ha traditi dopo averli incensati come unica soluzione possibile per rilanciare il Made in Italy. Portati in trionfo nel fatidico triennio 2014-16, quando Londra pullulava di gallerie nostrane, sono stati messi da parte come retaggio di un passato lontano. Dove sono finiti gli adorati monocromi estroflessi e le «intersuperfici», entrambi definiti da Gillo Dorfles «Pittura Oggetto»? Nel dimenticatoio, secondo le regole ciniche di un sistema fluido e modaiolo. Gli investitori saggi, tuttavia, farebbero bene a non buttare via il bambino con l’acqua sporca. E se una decina d’anni fa, con i prezzi stellari si era davvero esagerato giungendo a incrementi anche del 200% in 24 mesi, oggi è il caso di tornare sul luogo del delitto, analizzando senza pregiudizi quella straordinaria stagione dell’arte italiana riconosciuta internazionalmente. 

Il 2025 potrebbe dunque essere il momento giusto per «acquistare gli anni Sessanta» a cifre talvolta inferiori anche di quattro volte rispetto ai record del 2015. E lo si può fare in sordina, senza dare troppo nell’occhio, sfruttando la «fase orso» in attesa che i prezzi ripartano. Per rendersi conto degli affari disponibili, è sufficiente qualche esempio. Il 23 maggio 2024 da Dorotheum a Vienna una straordinaria opera di Agostino Bonalumi, «Bianco» del 1964, con al centro un elemento aggettante di forma circolare (180x140x6 cm), in una sala distratta, è stata venduta per 130mila euro. Ebbene, il 16 ottobre 2015, nell’Italian Sale di Christie’s a Londra un’opera analoga, ma questa volta nera del 1965, di 100x80 cm, aveva totalizzato 425mila euro

La situazione non cambia di molto se si prende in considerazione «Oggetto ottico dinamico», realizzato nel 1962 da Dadamaino, dove appaiono evidenti le innovative ricerche cinetiche. L’opera (127x127 cm) è stata pagata 48mila euro il 27 novembre 2024, in occasione della vendita milanese di Sotheby’s. Tornando indietro al 25 novembre 2015, si scopre che un altro «Oggetto ottico dinamico» del 1962 (100x100 cm) era stato applaudito dagli investitori quando da Dorotheum a Vienna aveva chiuso la gara a 204mila euro.

«Oggetto ottico dinamico» (1962) di Dadamaino venduto il 27 novembre 2024 da Sotheby’s a Milano per 48mila euro. Cortesia di Sotheby’s

Scheggi e Castellani a prezzo di saldo

Ma il fenomeno più eclatante del decennio scorso è stato sicuramente Paolo Scheggi saccheggiato dalla speculazione. È incredibile pensare che una sua «Superficie curva bianca» del 1966, venduta nel 1999 ad appena 8 milioni di vecchie lire, il 16 ottobre 2014 da Christie’s a Londra abbia raggiunto 394mila euro, per poi rimanere invenduta il 28 novembre 2023 da Il Ponte a Milano dove la stima era di 60-80mila euro. 

Che cosa dire poi di Enrico Castellani, per alcuni anni re delle contrattazioni (insieme a Lucio Fontana), di cui Christie’s a New York ha venduto con una certa mestizia nella Day Sale del 22 novembre 2024 una ghiotta «Superficie bianca» del 1966 (50x50 cm) per appena 84mila euro? Sembra passata un’era geologica, ma l’11 febbraio 2014 da Christie’s a Londra andava in scena la collezione di Nerio e Marina Fossati e un’altra «Superficie bianca» del 1966 (100x80 cm) mandava in tilt il pallottoliere raggiungendo 840mila euro, quasi il triplo della stima minima. 

Non c’è dubbio alcuno che gli investitori abbiano davanti opportunità straordinarie che non possono lasciarsi scappare. Del resto, in molti casi possono agire con circospezione, lontani da occhi indiscreti, in assenza dei mercanti, assai poco propensi verso gli acquisti. 

Il 2025 potrebbe rappresentare un’ottima annata anche per l’Arte Povera dove, al contrario di quanto si possa pensare, i giochi non sono per nulla fatti. La recente mostra parigina alla Bourse de Commerce nella sede della Fondation Pinault (sino al 20 gennaio) non ha per ora avuto alcun riflesso sul mercato e la vendita delle opere provenienti dall’eclettica collezione di Carlo Cattelani è stata gestita da Christie’s senza enfasi nella Day Sale parigina del 19 ottobre 2024. In quell’occasione era presente la quarta versione di «Entrare nell’opera» del 1971, una delle testimonianze più emblematiche di Giovanni Anselmo che con l’autoscatto si è fotografato all’interno del paesaggio. In altri tempi ci sarebbe stata la corsa per accaparrarsi questa rara testimonianza. Il fortunato acquirente invece se l’è assicurata per 78mila euro, comunque al di sopra delle stime. Subito dopo è passata sotto silenzio una «Stella» di Gilberto Zorio del 1977 disposta su una superficie di cuoio e terracotta che ha terminato la gara a 44mila euro. E non dovrà pentirsi chi il 27 novembre 2024 da Sotheby’s a Milano ha acquistato per 132mila euro una superficie ghiacciante di Pier Paolo Calzolari datata 1979 alta oltre due metri. 

«Senza titolo» (1956) di Antonio Sanfilippo aggiudicato il 13 novembre 2024 da Finarte a Roma per 53mila euro. Cortesia di Finarte

Affari per tutti i gusti

Attenzione anche a Piero Gilardi che, com’è noto, ha avuto un rapporto piuttosto conflittuale con l’Arte Povera, sebbene anche le sue radici siano nel movimento torinese. In seguito alla sua scomparsa avvenuta nel 2023, il mercato non si è ancora organizzato e conviene approfittarne partendo senza vergogna dai «Tappeti-Natura» recenti di 40x40 cm accessibili sotto i 5mila euro. Molti storcono il naso, ma lo stesso facevano con i piccoli ricami di Alighiero Boetti che, nonostante i recenti ribassi, sono passati dai 5mila euro del 2005 agli attuali 50mila. Un altro transfuga dell’Arte Povera è l’eterodosso Aldo Mondino che viaggia solitario nel mare magnum del mercato offrendo ai collezionisti l’opportunità di acquistare talune opere degli anni Sessanta a cifre promozionali come il sagace «Clifford Still life» del 1966 (180x120 cm) venduto il 4 giugno 2024 da Finarte a Milano per 9mila euro o «Strip-strap» del 1966-72 con la pittura che vola attaccata al palloncino che da Il Ponte ha totalizzato 18mila euro

Sul fronte dell’astratto-informale l’euforia per Carla Accardi, che nelle ultime fiere spuntava da ogni stand, anche da quelli più improbabili, sembra si sia arrestata con qualche scivolone imprevisto. Conviene dunque stare alla finestra e seguire invece le prime timide manovre intorno ad Antonio Sanfilippo, consorte della regina Carla di cui è stato a lungo il segreto ispiratore; il 13 novembre 2024 da Finarte a Roma «Senza titolo», un’importante composizione segnica del 1956 (69x100 cm), ha cambiato proprietario per 53mila euro, il 30% in più di quanto avrebbe realizzato solo quattro anni fa. Sono ancora circondati dall’indifferenza due grandi protagonisti di quella stagione come Giulio Turcato e Achille Perilli di cui vengono proposte, senza la dovuta considerazione, rare opere storiche. Di Perilli per esempio Finarte, nella sede milanese, ha venduto il 3 dicembre 2024 per 18mila euro «I divergenti» (50x40 cm), una preziosa composizione del 1964 che appartiene alla serie dei fumetti. 

Dall’Informale al Novecento italiano è una vera e propria prateria per gli investitori che non hanno fretta d’incassare. Due nomi su tutti: Filippo de Pisis e Mario Sironi. Se il marchesino pittore si è risvegliato dal letargo in seguito alla partecipazione all’ultima edizione della Biennale veneziana (ma nell’ultimo anno sono passate in asta alcune opere degli anni Trenta e Quaranta al di sotto dei 20mila euro), Sironi appare impantanato nel mercato secondario che offre piccole composizioni di dubbia qualità e autenticità in un range che spazia dai 5mila ai 15mila euro. L’unica major che lo sostiene è Farsetti, che in un anno da dimenticare ha venduto il 30 novembre 2024 per 156mila euro «Figura e paesaggio», storica opera del 1922 che all’inizio del terzo millennio avrebbe superato di gran lunga i 300mila euro. Ma è davvero troppo poco per un gigante dell’Espressionismo europeo paradossalmente ancora da scoprire. 

Rimane il fatto che il mercato italiano è piccolo piccolo: mentre all’estero vanno in scena i trentenni, il nostro sistema appare sclerotizzato, ancora fermo agli anni Ottanta, con intere generazioni che attendono invano di fare il loro ingresso nel circuito dei quotati. Quando qualcuno entra lo fa senza paracadute con le gallerie che si guardano bene dal tentare qualunque difesa. Tutto ciò a rischio di creare due binari e una profonda sfiducia nei compratori. 

Più che sulla banana di Maurizio Cattelan, il 2025 dovrebbe concentrarsi, con aste tematiche, sui tanti protagonisti trascurati dell’arte italiana. Dalla Nuova Scuola Romana ai neoconcettuali degli anni Zero. 

«Entrare nell’opera» (1971) di Giovanni Anselmo battuto il 19 ottobre 2024 da Christie’s a Parigi per 78mila euro. Cortesia di Christie’s

Alberto Fiz, 18 gennaio 2025 | © Riproduzione riservata

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