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Gaspare Melchiorri
Leggi i suoi articoli«Jeffrey Gibson: The space in which to place me», la mostra dell’artista americano indigeno (di origine Cherokee) che si aprirà a maggio al Broad Museum di Los Angeles (per l’esattezza il 10 maggio, per chiudere l’8 settembre), è una rivisitazione del Padiglione degli Stati Uniti alla 60ma Biennale di Venezia del 2024, di cui riprende il titolo. La mostra comprenderà una trentina di opere tra dipinti, sculture, bandiere, decorazioni murali e un’installazione video.
Una delle opere che erano esposte alla Biennale («The returned male student far too frequently goes back to the reservation and falls into the old custom of letting his hair grow long», 2024) è stata acquistata dal Broad Museum. Il titolo dell’opera («Troppo spesso lo studente maschio rientrato ritorna alla riserva e ricade nell’antica usanza di lasciarsi crescere i capelli lunghi») cita una lettera del 1902 dell’allora Commissario agli Affari Indiani a un dirigente scolastico californiano, in cui si lamentava della difficoltà di assimilazione degli studenti indiani. Ogni opera di Gibson, in realtà, fa riferimento o in qualche modo menziona documenti legali, citazioni di attivisti di diritti civili o addirittura testi di canzoni.
È il caso di «Birds flying high, you know how I feel» (2024), che ricalca il celebre incipit di «Feeling Good» di Nina Simone, brano del 1965 che ha avuto un’infinità di cover, a testimonianza del suo successo (anche intermittente) nel corso dei decenni. Nell’opera, stilizzazioni di uccelli in volo nel campo centrale sono «incorniciate», sopra e sotto, dal titolo dell’opera nel consueto lettering geometrico dell’artista.
Nel materiale stampa fornito in sede di presentazione della mostra, Joanne Hyler, direttrice e fondatrice del Broad Museum, rileva: «Jeffrey Gibson infonde colori radiosi e sfacciati nei suoi dipinti, nei suoi murales, nelle sue sculture e nelle sue installazioni video, dichiarando attraverso la sua arte che un esame schietto di verità difficili può essere un’espressione positiva di speranza, identità e bellezza».
Nello stesso materiale, Gibson afferma: «Sono entusiasta che il progetto raggiunga il pubblico di Los Angeles: in un certo senso è un ritorno a casa, dal rappresentare il Paese su un palcoscenico internazionale al parlare di storie che fanno parte delle nostre esperienze vissute qui negli Stati Uniti».