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La Moschea Al Nuri prima del restauro

Foto Hadani Ditmars

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La Moschea Al Nuri prima del restauro

Foto Hadani Ditmars

L’Unesco completa il restauro dei siti di Mosul danneggiati dall’Isis

I tre anni di occupazione dello Stato islamico hanno lasciato nella città irachena macerie fisiche e sociali. Nell’ambito di un programma da 115 milioni di dollari l'organismo delle Nazioni Unite ha riportato in vita diversi edifici emblematici

Hadani Ditmars

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La moschea Al Nuri dopo il restauro, con il minareto pendente ancora avvolto dalle impalcature. Foto Omar Mohammed

Il completamento del restauro di alcuni emblematici monumenti religiosi di Mosul, in Iraq, danneggiati sotto il dominio dello Stato Islamico (Isis) è stato celebrato da un evento speciale in programma oggi, mercoledì 5 febbraio. La Moschea di Al-Nuri, la Chiesa di Al-Tahera e il Convento di Al-Saa'a sono tra i siti che sono stati restaurati nell'ambito del programma dell'Unesco «Revive the Spirit of Mosul», avviato nel 2018 e costato 115 milioni di dollari.

L'Isis aveva preso il controllo di Mosul, la seconda città più grande dell’Iraq, nel 2014 e la sua occupazione è durata fino al 2017. In questo triennio il gruppo terroristico e le forze irachene si sono affrontati in numerose battaglie che hanno portato alla morte di migliaia di civili, allo sfollamento di massa e alla distruzione di abitazioni e siti del patrimonio culturale. Quando l’Isis è stato finalmente costretto ad andarsene, tra le macerie sono stati abbandonati esplosivi e mine.

Durante il restauro condotto dall’Unesco sulla Moschea di Al Nuri, risalente al XII secolo e pesantemente danneggiata dai combattimenti del 2017, sono stati estratti 115 ordigni esplosivi. «Al hadba» («il gobbo»), il famoso minareto pendente della moschea, ridotto a un moncone, è stato ricostruito con la sua insolita angolazione intatta grazie all’aiuto di esperti della Torre di Pisa, come sottolinea Maria Rita Acetoso,  senior project manager dell’Unesco. L'antico fusto arrotondato del minareto, lungo 40 metri e dotato di una doppia scala elicoidale interna e di mattoni decorativi intagliati all'esterno, è stato interamente ricostruito in muratura di mattoni, garantendo la compatibilità con i materiali originali.

Anche la chiesa siro-cattolica di Al Tahera, inaugurata nel 1862, è stata gravemente danneggiata nel 2017. I lavori di restauro hanno incluso la messa in funzione di due nuove campane, decorate, tra gli altri motivi, con un’immagine della Vergine Maria, a cui il sito è dedicato.

Nell'ambito dell'ampio lavoro di ripristino ha ricevuto nuove campane anche il convento di Al-Saa’a, fondato nel 1870 dopo la prima missione pontificia inviata in Mesopotamia. L'istituzione domenicana ha svolto storicamente diverse funzioni, ospitando nel tempo una chiesa, scuole, un seminario, un ospedale e altro ancora. Ospitava un archivio di antichi manoscritti religiosi, salvato per un pelo e portato fuori dalla città da un sacerdote, Najeeb Michaeel, oggi arcivescovo caldeo di Mosul, e dalla sua squadra prima che l’Isis adibisse l’edificio a prigione.

Il restauro ha interessato anche centinaia di case ottomane nella città vecchia di Mosul. Il completamento del programma «Revive the Spirit of Mosul», finanziato in gran parte dagli Emirati Arabi Uniti e dall’Unione Europea, è una pietra miliare del trionfo del pluralismo sull'estremismo, dal valore profondamente simbolica. Mosul è un’antica città della Via della Seta, il cui nome stesso significa «crocevia», e nel tempo ha visto avvicendarsi persone di differenti etnie e contesti religiosi. A differenza di molte altre città ottomane, non ci sono muri di separazione tra i quartieri ebraico, cristiano e musulmano: molti sostengono che la città sia stata presa di mira dall’Isis proprio per il suo spirito interreligioso.

Gran parte del lavoro svolto dall’Unesco nell’ambito del programma «Revive the Spirit of Mosul» si è avvalso delle riflessioni e delle competenze della comunità locale. L'organismo delle Nazioni Unite dichiara di aver formato più di 1.300 giovani alle tecniche tradizionali. L’evento odierno, che segna la fine dei lavori di costruzione, ha visto la presenza di Audrey Azoulay, direttrice generale dell’Unesco, e di rappresentanti delle diverse comunità religiose di Mosul. L'inaugurazione ufficiale dei siti avverrà nel corso dell'anno. «Qui abbiamo dimostrato il potere del patrimonio, della cultura e dell'educazione per riprendersi da una crisi che molti pensavano insormontabile», afferma Azoulay in una dichiarazione fornita dall'Unesco.

 

Quali sfide attendono Mosul?

Con la caduta del presidente Bashar al-Assad nella vicina Siria, le continue tensioni regionali e l'incertezza sul futuro degli aiuti statunitensi alla regione sotto la presidenza di Donald Trump, la minaccia del ritorno dell’Isis fa notizia. Il recupero di Mosul, comunque, è una vittoria innegabile. Ma nonostante il ripristino di scuole, ospedali, ponti e altre infrastrutture, c'è molto lavoro da fare. Yohana Yousef Twaya, direttore della Ong per i diritti umani Hammurabi, osserva che le due chiese restaurate dall'Unesco sono solo alcune delle decine che, a suo avviso, necessitano di interventi. In questa fase, aggiunge, sono essenzialmente dei musei. «Solo 60 famiglie cristiane sono tornate a Mosul»,  dichiara a «The Art Newspaper» dalla sua casa nella Piana di Ninive, fuori Mosul, ancora sotto il controllo delle milizie sciite. Il suo auspicio è che, una volta riaperte ufficialmente le chiese, i fedeli cristiani.

Lo storico quartiere ebraico di Mosul, invece, langue ancora nel degrado. Secondo l’esperto di patrimonio e attivista Omar Mohammed, che ha lanciato la piattaforma archivistica Reviving the Jewish Memory of Mosul, ciò si deve a fattori quali le storiche battaglie per la proprietà e, più di recente, il timore che i lavori di restauro possano essere visti come una «normalizzazione» dei rapporti con Israele, resa illegale da una legge del 2022 sancita dalla Costituzione irachena. Ciononostante Mohammed vede Mosul come un «modello» per altre città distrutte, da Gaza ad Aleppo.

Sopra, la Chiesa di Al Tahera danneggiata. Foto Hadani Ditmars. Sotto, l’edificio dopo il restauro. Foto cortesia dell’Unesco

Hadani Ditmars, 05 febbraio 2025 | © Riproduzione riservata

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