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Hadani Ditmars
Leggi i suoi articoliLa lunga indagine sulla frode artistica di Norval Morrisseau ha raggiunto una svolta questa settimana quando James White, figura centrale accusata di aver orchestrato la distribuzione di opere d'arte indigene false, si è dichiarato colpevole davanti alla Corte Superiore dell'Ontario. Secondo l'ispettore Jason Rybak del dipartimento di polizia di Thunder Bay, che era uno dei principali investigatori del caso iniziato nel 2019 dopo che un primo caso del 2011 condotto dalle autorità federali non era riuscito a produrre alcuna condanna, White era il «capo» di un'operazione di contraffazione a più livelli.
L’indagine condotta da Rybak con una squadra della polizia di Thunder Bay e con il supporto della polizia provinciale dell’Ontario, denominata Project Totton, ha portato alla luce tre grandi organizzazioni criminali dedite alla contraffazione che operavano nel nord e nel sud dell’Ontario. White è stato identificato come figura centrale di una di queste organizzazioni, coinvolto nella produzione, commercializzazione e vendita di centinaia di falsi Morrisseau, alcuni dei quali venduti per decine di migliaia di dollari. Rybak ha dichiarato che White si è dichiarato colpevole di due capi d’accusa, «creazione di documenti falsi e possesso e traffico di opere d'arte contraffatte». Sebbene White abbia ammesso di aver trafficato 502 opere d’arte contraffatte, Rybak afferma: «Sospettiamo che ce ne siano altre». Le altre sei accuse di frode inizialmente mosse contro White sono state ritirate. Le stesse otto accuse sono ancora pendenti nei confronti di due dei suoi presunti complici, Paul Bremner e Jeffrey Cowan. L'indagine ha già portato a diversi arresti, tra cui quelli di David Voss e Gary Lamont, che si sono dichiarati colpevoli all'inizio di quest'anno e sono stati entrambi condannati a cinque anni di reclusione. La sentenza di White è stata fissata per il 7 agosto.
Secondo Cory Dingle, direttore esecutivo dell’Estate of Norval Morrisseau, la dichiarazione di colpevolezza di White è degna di nota per il suo «ruolo attivo sia nella produzione che nella protezione legale delle opere d'arte fraudolente, nonché per la sua profonda influenza sulla rete che le ha distribuite in Canada e a livello internazionale». «White è stato spesso l'interlocutore chiave nei procedimenti civili, difendendo con aggressività l'autenticità delle opere d'arte false e contribuendo a prolungare l'inganno», afferma Dingle. «Questo è più di un semplice patteggiamento, è una rivincita per tutti coloro che hanno lottato per preservare l’eredità di Norval, spesso di fronte ai dubbi dell’opinione pubblica, alle minacce legali e agli attacchi personali».

Uno screenshot di Instagram fornito dall'ispettore Jason Rybak che mostra Eugene Morrisseau, figlio di Norval Morrisseau, in piedi davanti a un dipinto presumibilmente falso durante una mostra in Cina nel 2015. Courtesy of Thunder Bay Police Service
Secondo Rybak, la sua indagine ha stabilito che la complessa rete di falsari era composta da tre elementi. A partire dal 1995, Voss ha prodotto tra le 4.500 e le 6.000 falsificazioni che imitavano lo stile di Morrisseau della metà-fine degli anni ’70. Una seconda rete è stata avviata a Thunder Bay da Lamont all'inizio degli anni 2000, dove ha prodotto circa 150-200 falsi sfruttando artisti indigeni, tra cui il nipote di Morrisseau, Benji Morrisseau. White ha iniziato a commerciare le opere false di Morrisseau provenienti da entrambe le organizzazioni nel 2008, coinvolgendo Bremner nella produzione di certificati di autenticità falsi e perseguendo senza tregua coloro che sostenevano che le opere fossero false in tribunale e sui social media. Rybak stima che ci siano ancora migliaia di opere false di Morrisseau in circolazione in Europa e in Cina. Alla fine, dice, il caso ha richiesto così tanto tempo perché si è verificata una tempesta perfetta di razzismo, omofobia, legislazione debole in materia di frodi artistiche in Canada e l’avvento dei social media, dove gli imputati hanno usato ogni mezzo possibile per screditare Morrisseau ogni volta che contestava i falsi, usando contro di lui il suo alcolismo, la sua bisessualità e il suo stile di vita nomade (Morrisseau è morto nel 2007). Rybak aggiunge: «Questa indagine non avrebbe mai richiesto così tanto tempo se Morrisseau non fosse stato un indigeno».
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