Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliÈ tornata nella Chiesa di San Lorenzo la «Deposizione» di Rosso Fiorentino, dopo il restauro realizzato nei laboratori fiorentini dell’Opificio delle Pietre Dure (Opd) per incarico dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi e della Soprintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo. La decisione di intervenire era stata presa in occasione della mostra tenutasi in Palazzo Strozzi nel 2014 «Pontormo e Rosso Fiorentino. Divergenti vie della “Maniera”», a cura di Carlo Falciani e Antonio Natali, in considerazione della grande sofferenza della pellicola pittorica che presentava sollevamenti diffusi sull’intera superficie causati dall’estrema rigidità del supporto ligneo. Infatti, nel corso di un restauro effettuato probabilmente poco dopo il terremoto che colpì Sansepolcro nel 1789, erano state aggiunte cinque traverse in legno di pioppo. Dopo una diagnostica completa, si è proceduto dunque al risanamento del tavolato, rifunzionalizzando le due traverse originali mediante un sistema a molle che asseconda, controllandoli, i naturali movimenti del legno.
Alla prima fase di pulitura degli spessi strati di vernice non originale è seguita la fermatura del colore, condotta a più riprese perché l’opera, abrasa da puliture aggressive di antichi restauri che interessavano un quarto della superficie pittorica, presentava molte patinature e ridipinture, sgocciolature e ritocchi alterati. Le lacune, perlopiù dovute a pratiche devozionali, dopo la stuccatura e il ricollegamento materico della superficie, sono state integrate cromaticamente mediante selezione; le diffuse abrasioni sono state abbassate di tono mediante leggere velature.
Sandra Rossi, direttore del Settore di restauro dei dipinti mobili dell’Opificio delle Pietre Dure, sottolinea come sia emersa la particolarità della tecnica di Rosso Fiorentino, «caratterizzata da un tratteggio incrociato continuamente spezzato, quasi grafico»: un tratteggio che Rossi definisce espressione di grande modernità, ma che Carlo Falciani nella sua monografia (edita da Olschki nel 1996) indicava già nella «Deposizione» di Volterra, come recupero delle tecniche medievali di Cennino Cennini, testimonianza di una volontà di arcaismo peculiare del linguaggio di Rosso, in opposizione ai modi pittorici dei suoi contemporanei che usavano velature o colore a corpo. Si leggono ora con maggiore chiarezza le parti risparmiate lasciando il fondo cromatico bruno a vista, e anche dettagli iconografici quali la piccola margherita in primo piano: un probabile riferimento, osserva ancora Falciani, al Salmo 102 dove la brevità della vita terrena dell’uomo è paragonata a quella del fiore di campo, bruciato dal vento.
Fuggito da Roma nel 1527 dopo il Sacco, Rosso giunge a Sansepolcro, dove ottiene la commissione dalla Compagnia di Santa Croce, sia perché sostenuto dal vescovo Leonardo Tornabuoni, sia perché Raffaellino del Colle rinuncia in suo favore «acciò che, scrive Vasari, in quella città rimanesse qualche reliquia di suo».
Rispetto alla «Deposizione» di Volterra, la pala presenta alcune straordinarie particolarità iconografiche, tra cui la santa domenicana che sostiene la Madonna, ma soprattutto un uomo dal volto mostruoso che emerge dal fondo scuro alle spalle di Cristo. Interpretato più volte come il diavolo o la scimmia che accompagnava Rosso nei suoi viaggi, la figura, avendo come attributi uno scudo e una lancia, potrebbe essere, nella lettura di Falciani, Longino, il soldato che colpì il costato di Cristo. Una scelta che rientrerebbe nella cultura di Rosso, legato agli ambienti ancora fedeli al pensiero di Girolamo Savonarola: Pico della Mirandola, infatti, nel De imaginatione, raccomandava agli uomini di tenere ben impressa in sé l’immagine di Cristo per non degenerare allo stato di bruti, come appunto il soldato che aveva inferto il colpo mortale. Per l’occasione, la chiesa che ospita da secoli la «Deposizione» è stata riqualificata, grazie al contributo, nel 2022 dei fondi 8x1000 della Conferenza Episcopale Italiana: un moderno impianto antintrusione e di videosorveglianza di ultima generazione, tre sonde per la rilevazione e la registrazione dei parametri termoigrometrici nell’arco dei dodici mesi installate dal Laboratorio di Climatologia e Conservazione preventiva dell’Opd, un nuovo pavimento in cotto a sostituzione delle mattonelle in ceramica blu anni Sessanta.
A integrare le risorse provenienti dagli oneri di urbanizzazione destinati agli edifici di culto, sono state iniziative di autofinanziamento di cui si sono fatte promotrici la parrocchia del Duomo di Sansepolcro e alcune associazioni cittadine. La manutenzione della cornice e delle decorazioni in gesso dell’altare maggiore che racchiude la pala è stata affidata a Rossana Parigi. Alla nuova illuminazione ha provveduto l’Amministrazione comunale.
Sansepolcro può festeggiare un’altra buona notizia: nel Duomo, la Basilica Concattedrale di San Giovanni Evangelista, è tornata la «Trinità» che Durante Alberti aveva dipinto tra il 1575 e il 1576 per la cappella della famiglia Artini e che la chiesa aveva alienato nel 1859. Gli antiquari Eleonora e Bruno Botticelli e Fabrizio Moretti, proprietari dell’opera, l’hanno donata in segno di affezione nei confronti del patrimonio culturale italiano.
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