Anna Lo Bianco
Leggi i suoi articoliL'«Adorazione dei pastori» è l’ultima opera realizzata in Italia da Rubens, appena prima del suo ritorno in patria nel 1608. È il suo addio a un periodo esaltante vissuto tra quelle esperienze uniche che segnano in maniera indelebile la sua formazione d’artista. E come un addio, ha in sé una intensità coinvolgente e una passione che ci contagia: il dipinto attira la nostra attenzione e cattura il nostro sguardo.
Fu così infatti che venne riscoperto nel 1927 da Longhi, che vedendolo vi riconobbe subito la mano di Rubens. Non che non ci fossero elementi certi come documenti (si ricorda l’inventario del 1729 del Riccamadori) e fonti coeve a testimoniarla, ma se ne era persa la cognizione, forse anche per la collocazione marginale dell’opera.
Grandiosa per dimensioni e per invenzione, l’opera è dipinta a lume notturno, con lampi di colore e luci argentate che emergono dal buio a illuminare protagonisti e dettagli, quelli naturalmente voluti da Rubens. Proviene dalla cappella Costantini nella chiesa di San Filippo, per la quale era stato commissionato, come documenta la corrispondenza tra il padre generale degli Oratoriani a Roma, Flaminio Ricci, e il padre oratoriano di Fermo, Francesco Francellucci, pubblicata da Michael Jaffé nel 1963.
Da Roma viene assicurato al padre di Fermo di aver «fatto il patto» per far dipingere il quadro affidandolo al «pittore fiammingo ma da putto allevato a Roma». Affermazione questa importantissima, poiché riconosce come la maniera del pittore fosse maturata e la sua figura di uomo colto apprezzata. A ulteriore testimonianza di questo apprezzamento sta il suggerimento di Serra di lasciare libero l’artista circa la composizione poiché sta acquistando grande credito.
Il 7 giugno 1608 il quadro è terminato; dalla prima lettera di accordi dell’8 febbraio sono passati pochi mesi nei quali, tra l’altro, l’artista è ancora impegnato nella Chiesa Nuova a Roma. Il trasporto, previsto su carro preoccupa alquanto Rubens, che il 9 giugno indica tutte le accortezze affinché l’opera non subisca danni. Nell’Adorazione la Vergine è china sul Bambino: la luce le illumina le mani flessuose e il volto bellissimo, marmoreo e carnoso insieme, ispirato alla scultura classica, a cui il pittore infonde energia vitale.
Il Bambino, realizzato con pochi e diluiti tratti di getto, appare quasi una macchia di luce che irradia tutto il quadro. Accanto alla Vergine, sul lato opposto, ugualmente in primo piano, si staglia la figura maestosa e protagonista del pastore ammantato di rosso, inginocchiato in posa classica, che con la sinistra indica Gesù e con il volto si rivolge al pastore alle sue spalle. Questo si copre gli occhi, abbagliato dalla troppa luce. Dalla parte opposta una vecchia si prostra in adorazione: i suoi tratti rugosi sono un evidente citazione da Caravaggio che Rubens apprezzava al punto di riprendere la sua Deposizione già nella Chiesa Nuova, una volta tornato in patria, in una versione per Anversa (oggi alla National Gallery di Ottawa).
L’opera si ispira liberamente alla pala dello stesso soggetto di Correggio, detta «La Notte» che Rubens aveva potuto vedere direttamente nella chiesa di San Prospero a Reggio Emilia, oggi a Dresda. Alla tenerezza di Correggio, Rubens sostituisce una carica di energia catalizzante che pervade tutta la scena. La forza dell’invenzione di Rubens contagiò molti degli artisti più giovani e questa pala venne ripresa da uno dei maestri del Barocco, Pietro da Cortona, per la chiesa di San Salvatore in Lauro a Roma e successivamente da Gaulli per la chiesa di Santa Maria del Carmine a Fermo. L’influenza di Rubens sulla generazione più giovane fu un fenomeno essenziale proprio per la nascita de Barocco.
L’invenzione straordinaria, l’esecuzione di getto, la storia documentata, la qualità altissima fanno della «Adorazione dei pastori» di Rubens un’opera eccezionale.
LA NATIVITÀ NELL'ARTE
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