Enzo Sellerio, «Palermo. Trattoria “L’Ingrasciata”, 1961»

© Eredi di Enzo Sellerio

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Enzo Sellerio, «Palermo. Trattoria “L’Ingrasciata”, 1961»

© Eredi di Enzo Sellerio

La Sicilia di Sellerio è l’emblema della realtà universale

Nella sede milanese di Gallerie d’Italia, una serie di scatti inediti del «maestro dei fotografi siciliani del secondo ’900» seguono le celebrazioni del centenario avvenute lo scorso anno

Fotografo di grande intensità, cultura e talento, ma anche editore, fondatore nel 1969 con la moglie Elvira della famosa casa editrice che porta il loro nome, Enzo Sellerio (Palermo, 1924-2012) ha ricevuto più d’un omaggio, nel centenario della nascita, soprattutto nella sua terra. In chiusura delle celebrazioni, le Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, dirette da Michele Coppola, gli hanno voluto dedicare a Milano la mostra «Enzo Sellerio. Piccola antologia siciliana» (dal 26 febbraio al 13 aprile), realizzata con l’Archivio a lui intitolato e curata da Monica Maffioli e Roberta Valtorta

Se sinora Enzo Sellerio, che era nato in una famiglia colta e cosmopolita (la madre, ebrea russa, era docente di russo all’Università di Palermo, il padre, di fisica), è stato conosciuto dal grande pubblico più come editore che come fotografo, è perché lui fotografo lo è stato per non più di 25 anni, lasciando la pratica fotografica alla metà degli anni ’70. «Il che non gli impedì, spiega Roberta Valtorta a “Il Giornale dell’Arte”, di diventare un maestro per i fotografi siciliani del secondo ’900. Da fotografo, aveva molto viaggiato ed era un uomo coltissimo, appassionato di arte, letteratura, cinema: conoscenze che seppe trasferire nelle sue fotografie realizzando immagini che, se sono normalmente incluse nell’area del Neorealismo (come del resto accade a gran parte dei fotografi italiani suoi coetanei), mostrano però uno sguardo diverso, molto raffinato e molto “dentro” la realtà che affronta». 

Fra i suoi maestri ideali, c’è Henri Cartier-Bresson; fra i compagni di strada Robert Doisneau, esponenti entrambi della Fotografia umanista, ma Enzo Sellerio, continua Roberta Valtorta, «guardava al mondo contadino, ai lavoratori, ai quartieri popolari con uno sguardo sempre venato d’ironia. E attraverso la lente della Sicilia, di cui lui era profondamente parte, s’interrogava sulla società più in generale». Uomo dalle tante passioni civili, antifascista, fieramente avverso alla mafia, Sellerio diceva tuttavia «nella mia fotografia non c’è né la lupara, né il sangue, né la mafia». C’è invece la storia dell’arte, la pittura. Come nota Roberta Valtorta, «per lui la fotografia era “la congiunzione tra ciò che vedi e ciò che ricordi”. E in molte delle sue immagini, oltre all’attenzione costante alla texture e alle linee, che gli derivava dalla frequentazione dell’amico pittore e grafico Bruno Caruso, affiorano, dichiarate da lui stesso, memorie di dipinti di Goya («La fucilazione», per i bambini che giocano in strada con armi giocattolo), di Caravaggio (i lavoratori in pausa durante la vendemmia), di Vuillard (una malata di Partinico a letto), di Bruegel il Vecchio (la «Parabola dei ciechi», ancora per i vendemmiatori), di Vermeer (una monaca di clausura). E nella sua fotografia che ritrae Danilo Dolci durante un digiuno è evidente la lezione di Rembrandt». 

Ed è proprio con Danilo Dolci (1924-97) sociologo, poeta, educatore e attivista della nonviolenza, che nel 1955 iniziò l’avventura di Enzo Sellerio fotografo. In quell’anno pubblicò infatti su «Cinema Nuovo» il reportage «Borgo di Dio», in cui restituiva l’utopistico progetto culturale e sociale promosso a Trappeto, presso Palermo, da Dolci, «che chiamò poeti, artisti, intellettuali, ma anche contadini, pescatori, gente del posto, nel convincimento che l’arte e la cultura li avrebbero potuti emancipare da una realtà ancora drammaticamente arretrata». Di qui parte il percorso della mostra milanese, che si sviluppa lungo i progetti successivi (realizzati per la prestigiosa rivista svizzera «du» e per alte testate) e i ritratti di personalità del mondo della cultura, in continuità con le tre esposizioni appena tenute a Palermo sotto l’egida della figlia Olivia Sellerio, che accanto ai lavori famosi ha voluto introdurre qui anche una serie di scatti inediti, in una ricognizione serrata sulla sua terra, da lui assunta a emblema e simbolo di una realtà universale.

Enzo Sellerio, «Montelepre. Fine di un giorno di scuola, 1958». © Eredi di Enzo Sellerio

Enzo Sellerio, «Palermo. Gioacchino Lanza Tomasi e Burt Lancaster durante le riprese del “Gattopardo”, 1962». © Eredi di Enzo Sellerio

Ada Masoero, 25 febbraio 2025 | © Riproduzione riservata

La Sicilia di Sellerio è l’emblema della realtà universale | Ada Masoero

La Sicilia di Sellerio è l’emblema della realtà universale | Ada Masoero