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La copia del desiderio

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Achille Bonito Oliva

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Il collezionismo agisce in nome di un amore per l’arte che la feticizza e la privilegia al di sopra di altri oggetti della produzione. Ma se non è possibile psicoanalizzare il mercato per la sua impersonalità strutturale, è invece possibile analizzare, al livello delle motivazioni profonde, il comportamento del collezionista individuato nella persona di chi accumula opere e oggetti d’arte. In realtà il collezionista proietta e delega la propria creatività all’artista che la gestisce e la oggettiva in forme che dietro un compenso economico ritornano al delegante.
Il collezionista è colui che rinuncia a esercitare le proprie pulsioni profonde e segrete e accetta una vita bidimensionale, senza rischi, in cui le opere diventano la possibilità di un’avventura, che egli non può e non vuole correre, l’impossibilità divenuta reale, vissuta per interposta persona.
Se l’arte è produzione di desiderio, di impossibili possibilità, produzione di inconscio (come dicono Deleuze e Guattari), allora il collezionismo é la copia del desiderio irrisolto e divenuto nostalgia, coltivata attraverso l’artificiale accumulazione di opere d’arte.

Achille Bonito Oliva, 22 ottobre 2015 | © Riproduzione riservata

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