Sarvy Geranpayeh
Leggi i suoi articoliI professionisti del patrimonio siriano si stanno mobilitando per salvaguardare e restaurare i tesori del Paese dopo la caduta del regime del presidente Bashar al-Assad nel dicembre scorso. «Purtroppo le autorità e la nuova amministrazione sono ancora in una fase di transizione e il patrimonio al momento non è una priorità», ha dichiarato da Damasco Ayman al-Nabo, direttore dell’organizzazione non governativa Idlib Antiquities Centre. «Nel contempo le organizzazioni della società civile che si dedicano alla conservazione dei beni culturali stanno intensificando gli sforzi e rimangono in stato di allerta per valutare lo stato attuale del patrimonio archeologico e proteggerlo». Dopo il crollo del regime, esperti e tecnici si sono organizzati rapidamente con la creazione di un forum su WhatsApp con circa 200 persone per scambiare informazioni in tempo reale e coordinare gli sforzi. Sono state inviate squadre per valutare le condizioni dei musei e dei siti. Nel tumulto che ha seguito l’uscita di scena di Assad, l’Istituto di Archeologia della Cittadella di Damasco, un edificio dell’XI secolo, è stato saccheggiato e dato alle fiamme, aggiunge al-Nabo. Anche il Museo sull’isola di Arwad, sulla costa occidentale della Siria, ha subito vandalismi e saccheggi: «Non abbiamo ancora tutte le informazioni, ma riteniamo che dal Museo di Arwad siano stati rubati 38 oggetti». L’associazione culturale Syrians for Heritage ha riferito lo scorso dicembre che la città di Aleppo, patrimonio Unesco dell’Umanità con il Museo di Aleppo, non ha subito alcun danno: la Cittadella al momento è sotto la «gestione delle operazioni militari» e quindi inaccessibile.
La guerra civile, scoppiata nel 2011, ha avuto forti ripercussioni sulla popolazione, causando l’esodo di oltre 14 milioni di persone e uccidendone almeno 580mila, tra cui circa 300mila civili. Anche il patrimonio antico è stato preso di mira. Solo ad Aleppo, un rapporto dell’Unesco del 2017 ha stimato che il 60% della Città vecchia sia stato gravemente danneggiato e il 30% completamente distrutto. Tra i gruppi militanti emersi durante il conflitto figura Hayat Tahrir al-Sham, che ha giocato un ruolo chiave nello sconfiggere in dicembre le forze di Assad e che ora si è affermato come governatore de facto della Siria.
Siria nel caos
La protezione dei siti archeologici si esprime nella lotta contro il continuo saccheggio. «La campagna di Hama, a ca 200 km a nord di Damasco, è preda ovunque di scavi illegali», aggiunge al-Nabo. Che attribuisce la vulnerabilità alla mancanza di sicurezza e di guardie, oltre che alla loro quantità stimata intorno a circa 10mila siti. Un rapporto pubblicato il mese scorso da Palmyrene Voices, un’iniziativa lanciata nel 2020 dall’Ong Heritage for Peace, rivela tre casi di saccheggio a Palmira. «È evidente che i saccheggi sono in aumento, afferma Isber Sabrine, presidente di Heritage for Peace. «La situazione economica è drammatica e la gente non ha risorse», spiega. Il rapporto offre un esame approfondito dell’area, compresi il museo, il castello e i siti archeologici. Documenta i danni inflitti nel corso degli anni, sia da parte dello Stato Islamico (Isis) che dal regime di Assad, concludendo che la maggior parte di questi si è verificata prima del dicembre 2024.
Le sanzioni internazionali hanno colpito duramente il Paese, senza lasciare fondi per il patrimonio. «Tutto dipende dagli aiuti internazionali, dalle università e dai progetti per sopravvivere», aggiunge Sabrine, fiducioso che la Siria, per iniziare la sua ripresa, possa riemergere con un governo unificato, una maggiore sicurezza e la revoca delle sanzioni.
Il rapporto ha anche rivelato che il Museo Archeologico di Palmira, che aveva evacuato parte della sua collezione a Damasco nel 2015 prima che l’Isis prendesse il controllo dell’area, è chiuso e protetto da guardie e volontari locali, senza il sostegno della nuova amministrazione. «Esamineremo tutti i danni nelle diverse aree archeologiche, abbiamo elaborato un piano triennale», ha dichiarato Anas Zaidan, direttore generale della Direzione generale delle Antichità e dei Musei siriani (Dgam), agli esperti di patrimonio locale e internazionale il 20 gennaio durante un webinar organizzato da Blue Shield e Heritage for Peace. Zaidan ha presentato un ambizioso progetto per la conservazione del patrimonio siriano che prevede la riabilitazione di musei e siti archeologici, la creazione di musei in aree come Ebla, Ugarit e Mari e la digitalizzazione dei manoscritti. Zaidan intende inoltre lavorare a stretto contatto con l’Unesco per rimuovere i siti della Siria settentrionale dalla Lista del Patrimonio Mondiale dei siti in pericolo (di cui fanno parte dal 2013 l’antica città di Damasco, il sito di Palmira, l’antica città di Bosra, l’antica città di Aleppo, Crac des Chevaliers e Qal’at Salah El-Din e gli antichi villaggi della Siria settentrionale). Tuttavia, Zaidan ha sottolineato come la sua équipe abbia un disperato bisogno di competenze e attrezzature, tra cui telecamere e dispositivi di monitoraggio.
Sostegno internazionale
«La Siria è un Paese molto difficile in cui lavorare: la situazione politica frammentata, gli interessi contrastanti, le sanzioni e gli elevati rischi per la sicurezza rendono difficile gli aiuti», afferma Emma Cunliffe, che fa parte del segretariato internazionale di Blue Shield. «Tuttavia, difficile non significa impossibile». In collaborazione con Heritagefor Peace, Blue Shield sta facendo domanda di finanziamento per fornire supporto ai siti e webinar ai professionisti del Paese. Graham Philip del progetto multistituzionale Endangered Archaeology in the Middle Eastand North Africa (Eamena), afferma che il suo staff sta esplorando una collaborazione con la Dgam per la formazione del personale. «Ciò che manca è la conoscenza delle condizioni dei siti in tutto il Paese», afferma. Dal 2016, Philip e il suo team hanno mappato migliaia di siti storici utilizzando immagini satellitari e ricerche archeologiche per creare una banca dati nazionale utile anche per contrastare i saccheggi.
John Darlington, direttore dei progetti del World Monuments Fund (Wmf), si trovava a una decina di chilometri dal confine siriano a Mafraq, in Giordania, quando è caduto il regime di Assad. Stava assistendo a un programma di formazione del Wmf lanciato nel 2017 finalizzato alla ricostruzione del patrimonio culturale. Nelle situazioni post-belliche, aggiunge, le priorità sono spesso altre, ma assistere le comunità locali nella ricostruzione del loro patrimonio culturale è fondamentale «perché la gente lo apprezza davvero ed è parte di ciò che dà loro speranza».
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