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La Grande Moschea Omari dopo i danni subiti a febbraio 2025

Foto Fadel Al Utol

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La Grande Moschea Omari dopo i danni subiti a febbraio 2025

Foto Fadel Al Utol

Secondo un rapporto delle Nazioni Unite gli attacchi israeliani al patrimonio palestinese sono crimini di guerra

Un organismo investigativo indipendente delle Nazioni Unite ha pubblicato i risultati la scorsa settimana

Sarvy Geranpayeh

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Un rapporto di un organismo investigativo indipendente delle Nazioni Unite pubblicato la scorsa settimana ha concluso che gli attacchi israeliani ai siti culturali nei territori palestinesi costituiscono crimini di guerra e crimini di sterminio contro l’umanità.

L’Independent International Commission of Inquiry on the Occupied Palestinian Territory, Including East Jerusalem, and Israel delle Nazioni Unite ha preso in esame gli attacchi contro siti culturali, religiosi ed educativi a Gaza, in altri territori palestinesi occupati e in Israele, riscontrando che nella maggior parte dei casi indagati, tutti elencati nel rapporto, le forze israeliane hanno commesso crimini di guerra.

Il rapporto ha prestato particolare attenzione ai siti del patrimonio culturale di Gaza, rilevando che più della metà di questi sono stati danneggiati o distrutti e attribuendo questa statistica sconcertante alla «più ampia campagna di devastazione di obiettivi civili e infrastrutture» condotta da Israele.

L’analisi si è concentrata sugli attacchi, avvenuti tra ottobre e dicembre 2023, a dieci siti religiosi e culturali a Gaza, tra questi: il bombardamento della Chiesa di San Porfirio, considerata la terza chiesa più antica del mondo; il bombardamento, la demolizione e il saccheggio del Qasr al-Basha, il Palazzo del Pascià, monumento di epoca mamelucca e museo archeologico; il bombardamento della Grande Moschea Omari del VII secolo, la più grande moschea dell’enclave; e la presa, l’incendio, la demolizione e il saccheggio del Museo Al Mat’haf, il primo museo archeologico di Gaza, che ospita una vasta collezione privata.

Nella sua analisi giuridica la Commissione ha concluso che le forze israeliane «conoscevano o avrebbero dovuto conoscere l'ubicazione e l'importanza» dei siti culturali di rilievo di Gaza e avrebbero dovuto pianificare tutte le operazioni militari in modo da evitarli. Il gruppo di lavoro ritiene inoltre che nella maggior parte dei casi esaminati, in particolare quelli che hanno comportato demolizioni con l’uso di esplosivi e bulldozer, le forze israeliane abbiano commesso crimini di guerra. Tra questi citano «attacchi diretti intenzionalmente contro edifici dedicati al culto e monumenti storici»; «attacchi sferrati intenzionalmente sapendo che avrebbero causato danni a beni di carattere civile eccessivi rispetto al vantaggio militare concreto e diretto previsto»; «distruzione estesa di beni non giustificata da necessità militari»; e «distruzione di beni del nemico senza giustificazione per tale distruzione».

Nel caso dell’attacco israeliano alla Chiesa di San Porfirio nell'ottobre 2023, che ha causato la morte di 19 persone, tra cui donne e bambini, il rapporto ha rilevato che, per quanto l’incidente sia probabilmente l’esito di «danni collaterali dovuti a un errore di individuazione degli obiettivi», ciononostante costituisce un crimine di guerra.

«Per il diritto internazionale la distruzione del patrimonio culturale è un crimine», ha dichiarato a «The Art Newspaper» Jehad Yasin, direttore generale del Ministero palestinese del turismo e dei beni culturali. Nel sottolineare l’entità della distruzione, rimanda a un rapporto pubblicato dal ministero nel febbraio 2025, dal quale risulta che 226 dei 316 siti culturali di Gaza sono stati danneggiati o distrutti. Yasin, che accoglie con favore il rapporto della Commissione indipendente delle Nazioni Unite, auspica che questo spinga la comunità internazionale ad agire per fermare la guerra e l'occupazione israeliana e a fare di più per proteggere il patrimonio culturale a Gaza e in Cisgiordania. «Non si tratta solo del patrimonio culturale palestinese, sottolinea, ma di parte del patrimonio culturale dell'umanità. È quindi responsabilità di tutti agire». Anche la situazione in Cisgiordania, aggiunge, peggiora rapidamente e il suo team non è stato autorizzato da Israele ad accedere a molti siti palestinesi.

 

Insediamenti in Cisgiordania

La Commissione ha anche esaminato le politiche e gli attacchi israeliani in Cisgiordania, tra cui la creazione di insediamenti nei siti palestinesi Patrimonio dell'umanità, gli scavi archeologici nei siti palestinesi e la loro trasformazione in attrazioni turistiche, e le proposte di leggi israeliane che trasferiranno il controllo dei siti culturali e archeologici palestinesi all’Autorità israeliana per i beni culturali. La conclusione è che tutte queste azioni sono illegali.

«Questo è lo scenario peggiore. È ciò contro cui abbiamo lottato, per non arrivare a questo punto», afferma Alon Arad, archeologo e amministratore delegato di Emek Shaveh, una Ong israeliana che lavora per prevenire la politicizzazione dell'archeologia nel contesto israelo-palestinese. La sua opinione è che a portare Israele a questo punto siano state una serie di decisioni, politiche e azioni illegali, documentate da Emek Shaveh nel corso degli anni, in particolare sotto l’attuale governo del primo ministro Benjamin Netanyahu. 

Tuttavia, afferma, non tutte le speranze sono perdute: «C’è ancora la possibilità di correggere il nostro percorso. Israele dovrebbe accogliere le raccomandazioni formulate dalla Commissione e tornare a rispettare il diritto internazionale, sia quello umanitario che quello relativo ai beni culturali». Arad aggiunge che ciò richiederebbe la sospensione di tutti i progetti archeologici e di sviluppo nei territori palestinesi occupati e la fine delle distruzioni a Gaza.

 

Il Museo Al Mat'haf, sulla costa settentrionale della città di Gaza, è stato danneggiato e saccheggiato. Foto Jawdat Khoudary

Che cosa suggerisce il rapporto per il futuro?

In cima alla lista delle raccomandazioni al governo israeliano della Commissione vi è quella di «porre immediatamente fine all’occupazione illegale del territorio palestinese, cessare tutti i nuovi piani e le attività di insediamento, rimuovere tutti i coloni e gli insediamenti il più rapidamente possibile, in conformità con il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia (ICJ) delle Nazioni Unite del luglio 2024, e rimuovere tutti gli ostacoli al pieno esercizio del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese».

Il primo ministro israeliano ha respinto la sentenza della Corte internazionale di giustizia. «Il popolo ebraico non è un occupante nella propria terra, né nella nostra capitale eterna Gerusalemme, né nel nostro patrimonio ancestrale della Giudea e della Samaria, ha affermato Netanyahu in una dichiarazione. Nessuna decisione basata su menzogne presa all'Aia potrà distorcere questa verità storica, così come non potrà essere contestata la legalità degli insediamenti israeliani in tutte le parti della nostra patria».

Tra le altre raccomandazioni figurano la richiesta di porre immediatamente fine agli attacchi contro istituzioni, siti e personale culturali, religiosi e scolastici, la cessazione dell’uso di siti culturali ed educativi per scopi militari e la protezione del patrimonio culturale, compreso il ritorno dei manufatti sequestrati alle autorità palestinesi.

La Commissione raccomanda inoltre agli Stati membri di conformarsi alla sentenza della Corte internazionale di giustizia dello scorso anno, in cui la Corte ha affermato che l’occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele viola il diritto internazionale, cessando di «aiutare o assistere le violazioni» e valutando «misure per garantire la responsabilità degli autori di crimini internazionali, gravi violazioni dei diritti umani e abusi in Israele e nei territori palestinesi occupati».

Diana Buttu, avvocata specializzata in diritto internazionale e diritti umani ed ex consulente legale dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina e dei negoziatori palestinesi, ha dichiarato a «The Art Newspaper» che la combinazione di questo rapporto, della sentenza della Corte internazionale di giustizia e di numerosi altri rapporti che hanno «documentato la cancellazione dei palestinesi e delle istituzioni culturali palestinesi da parte di Israele» , giungendo alla conclusione che l'occupazione stessa è illegale, rende «senza ombra di dubbio» la continuazione delle vendite di armi e delle relazioni commerciali con Israele da parte degli Stati membri un atto di complicità.

«Siamo soffocati dal peso di questi rapporti, afferma Buttu. [L'ultimo rapporto] implora gli Stati membri di fare qualcosa. Implora il mondo di fare davvero qualcosa. Nessuno può più fingere di non sapere».

Il rapporto conclude inoltre che gli attacchi israeliani hanno «praticamente distrutto» il sistema educativo di Gaza e identifica una serie di crimini di guerra e il crimine di sterminio contro l’umanità. Ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 1, lettera b), dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, lo sterminio è definito come un crimine contro l’umanità quando è commesso nell'ambito di un attacco diffuso o sistematico contro una popolazione civile, con la consapevolezza dell’attacco. Esso comprende «il sottoporre intenzionalmente le persone a condizioni di vita dirette a cagionare la distruzione di parte della popolazione, quali impedire l’accesso al vitto ed alle medicine».

Il rapporto ha riscontrato che gli attacchi israeliani contro alcuni siti religiosi e scuole dove si erano rifugiati dei civili costituivano atti conformi a questa definizione.

La missione diplomatica israeliana ha respinto l’ultimo rapporto come «un tentativo di promuovere la sua narrativa fittizia sulla guerra di Gaza» e secondo quanto riportato da Reuters ha dimostrato che i suoi membri «si preoccupano più di denigrare Israele che di proteggere la popolazione di Gaza». A febbraio Israele si è ritirato dal Consiglio per i diritti umani, accusandolo di parzialità.

L’ultimo rapporto ha anche documentato due attacchi in Israele compiuti a ottobre 2023 da gruppi armati palestinesi. Il 7 ottobre 2023, una galleria d’arte nel kibbutz Be’eri sarebbe stata bruciata e distrutta, e il 23 ottobre un razzo ha colpito un museo nel kibbutz Yad Mordechai. La commissione ha invitato le «autorità de facto di Gaza» a cessare tutti i lanci indiscriminati di razzi, mortai e altre munizioni contro la popolazione civile, a cessare l’uso di oggetti civili per scopi militari e ad attuare una chiara separazione delle attività militari dalle proprietà e dalle aree civili, in conformità con il diritto internazionale umanitario.

In precedenti relazioni, la commissione ha riscontrato che il 7 ottobre 2023 «gruppi armati» palestinesi hanno commesso crimini di guerra, nonché violazioni e abusi del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, uccidendo e rapendo bambini israeliani, sottolineando che i bambini sono stati sottoposti a maltrattamenti fisici ed emotivi durante l'attacco e mentre erano tenuti in ostaggio a Gaza. La commissione delle Nazioni Unite ha presentato le sue conclusioni al Consiglio dei diritti umani il 17 giugno.

Il Palazzo del Pascià, un edificio storico risalente all’epoca mamelucca, e sede di un museo archeologico gravemente danneggiato da un attacco israeliano nel 2024. Foto Fadel Al Utol

Sarvy Geranpayeh, 18 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

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