Benjamin Sutton
Leggi i suoi articoliIl 28 febbraio il Solomon R. Guggenheim Museum di New York ha annunciato il licenziamento di 20 dipendenti (circa il 7% del personale del museo). Il provvedimento interesserà il personale di sei dipartimenti, tra cui quelli di educazione, pubblicazioni, archivi e sviluppo, mentre non riguarderà i curatori e i dirigenti. In un comunicato un portavoce del museo newyorkese ha dichiarato che i tagli sono la risposta a «una serie di sfide che il nostro settore si ritrova ad affrontare, negli Stati Uniti come all’estero, tra cui l’aumento dei costi, i livelli di affluenza variabili e i cambiamenti nel turismo internazionale». In una lettera al personale citata dal «New York Times», la direttrice e amministratrice delegata del museo, Mariët Westermann, ha spiegato che la decisione era necessaria: la situazione finanziaria complessiva dell’istituzione non è infatti quella che dovrebbe essere.
«Negli ultimi anni, ha aggiunto un portavoce del museo, abbiamo adottato misure proattive per adattare i nostri modelli finanziari e operativi a un ambiente in evoluzione. Il nostro impegno e i nostri sforzi stanno creando le condizioni per una crescita e una sostenibilità a lungo termine, ciononostante il nostro attuale quadro finanziario ci impone di prendere la difficile decisione di ridurre il personale e riorganizzare alcuni team per posizionare bene il museo per il futuro. I nostri colleghi interessati hanno dimostrato dedizione e impegno nei confronti del museo e della sua missione, e li ringraziamo per il loro duro lavoro».
La riduzione del personale annunciata venerdì arriva dopo due precedenti cicli di licenziamenti che hanno interessato più di 30 persone. Nel 2023, al pari di altri importanti musei statunitensi, il Guggenheim ha aumentato il prezzo del biglietto d’ingresso portandolo a 30 dollari. Dopo la pandemia di Covid-19 la frequentazione del museo ha subito un vistoso calo: stando all’inchiesta annuale sui dati relativi ai visitatori dei musei pubblicata da «Il Giornale dell’Arte» con «The Art Newspaper», il Guggenheim nel 2023 è stato visitato da 861.374 persone, il 33% in meno rispetto al 2019.
I lavoratori del Guggenheim sono tra i tanti dipendenti di musei negli Stati Uniti che nell’ultimo decennio si sono costituiti in sindacato. Nel 2019 gli addetti alle strutture, tra cui installatori, addetti alla movimentazione delle opere d’arte e tecnici, hanno formato un sindacato sotto la sezione 30 dell’International Union of Operating Engineers (Iuoe). E nel 2021, dipendenti tra cui curatori, conservatori, educatori, rappresentanti dei servizi ai visitatori e altri hanno organizzato un sindacato sotto la sezione 2110 dell’United Auto Workers (Uaw). La maggior parte dei dipendenti licenziati il 28 febbraio sarebbero proprio lavoratori sindacalizzati: «Nel nostro sindacato c'erano 14 persone che sono state licenziate senza preavviso e a cui nelle riunioni in cui sono state informate del loro licenziamento è stata negata anche qualsiasi rappresentanza sindacale, denuncia Maida Rosenstein, direttrice della sezione 2110 dell’Uaw. Il museo si è rifiutato di comunicare al sindacato i nomi delle persone licenziate o di fornirci qualsiasi altra informazione. Abbiamo già presentato un reclamo in merito e chiesto informazioni e trattative con il museo in merito ai licenziamenti».
Il Guggenheim non è l’unica istituzione di New York a soffrire di persistenti difficoltà finanziarie dovute alla pandemia. Il Brooklyn Museum ha annunciato l'intenzione di licenziare 47 dipendenti (circa il 10% del personale) entro il 10 marzo e tagli salariali fino al 20% per i dirigenti senior, nel tentativo di correggere un deficit di bilancio di quasi 10 milioni di dollari. All’inizio di questa settimana un centinaio di persone, tra cui politici locali e colleghi di altri musei, si sono radunate fuori dal Brooklyn Museum per protestare contro i licenziamenti di massa.
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