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Bacile detto «Battistero di san Luigi», firmato Muhammad ibn al-Zayn, Siria o Egitto, 1330-40 ca, Parigi, Musée du Louvre

© 2009 Musée du Louvre, dist. GrandPalaisRmn/Hughes Dubois

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Bacile detto «Battistero di san Luigi», firmato Muhammad ibn al-Zayn, Siria o Egitto, 1330-40 ca, Parigi, Musée du Louvre

© 2009 Musée du Louvre, dist. GrandPalaisRmn/Hughes Dubois

La modernità dell’estetica mamelucca

Attraverso 260 opere il Louvre traccia il ritratto di una civiltà «rimasta a lungo ai margini degli studi accademici», un popolo di soldati, ma anche di commercianti, architetti, scienziati e artisti

I mamelucchi (mamlūk in arabo) furono degli schiavi-soldati, di origini circasse, che nel XII secolo presero il potere in Egitto e Siria e dominarono sulla regione per più di due secoli (1250-1517). La leggenda della dinastia mamelucca si è costruita essenzialmente sulla forza guerriera. Con la mostra «Mamlouks (1250-1517)», frutto di tanti anni di studi, dal 30 aprile al 28 luglio il Louvre di Parigi traccia un ritratto più completo di questa civiltà, ancora poco nota: i mamelucchi furono non solo un popolo di soldati, che respinsero i crociati e i mongoli venuti d’Asia, ma anche di commercianti, architetti, scienziati e artisti, la cui cultura visiva influenzò la storia dell’arte di quella regione del mondo

Nelle sale dell’Hall Napoléon sono allestite circa 260 opere, alcune inedite o raramente esposte, ognuna delle quali è un capolavoro di artigianato e di gusto: vasi, lampade, manoscritti, tra cui il Corano dell’emiro Baybars al-Jashnajir prestato dalla British Library e l’antica armatura del sultano Qaitbay, in arrivo dal Metropolitan di New York. «Malgrado fonti numerose, la ricerca sui mamelucchi è rimasta a lungo a margine degli studi accademici. Gli storici hanno privilegiato studi più classici, dall’età d’oro d’epoca safavide alla dominazione ottomana, lasciando un grande vuoto che stiamo colmando da una decina di anni. Ci era sembrato dunque necessario nutrire un nuovo capitolo inedito di storia, evidenziando che, oltre all’originalità innegabile di questa casta guerriera, al suo governo stabile e longevo, vi è una dinastia “connessa”, che ha sviluppato vaste reti diplomatiche, postali e commerciali, un mosaico di etnie, religioni, comunità che, proprio per la sua diversità, ha dato vita a un’arte di una grande ricchezza. Oggi questa è una zona segnata dai conflitti. E la mostra, nata con lo scopo di riempire un vuoto nel settore della ricerca e dell’arte, porta a suo modo una luce nuova e necessaria su questa regione del mondo», ha spiegato Souraya Noujaim, direttrice del Dipartimento delle Arti dell’Islam del Louvre, che ha curato la mostra con il consiglio scientifico di Carine Juvin.

Armatura del sultano Qaitbay, 1468-96 ca, New York, Metropolitan Museum of Art

Come descrivere l’estetica dell’arte mamelucca?
L’estetica mamelucca è in rottura con quelle tardoantiche, risultando dunque estremamente moderna. Si basa sulla geometria, che non è solo un gesto di virtuosismo tecnico o puramente ornamentale, ma un gioco continuo sulla luce e sui contrasti di colore e una ricerca di infinito, che si ritrova nell’ampiezza del disegno, nei motivi che non hanno né inizio né fine, nella trasparenza, di cui un esempio notevole sono i lavori in vetro smaltato. La calligrafia è un altro elemento essenziale, sia per il decoro sia per il messaggio veicolato. Le lettere sono alte, ampie, rivestono in modo sobrio e luminoso gli oggetti e i decori architettonici, in una ricerca costante di equilibrio. Ne è un esempio l’arte del libro. I Corani monumentali esposti sono un’espressione sublime di complementarità tra decori calligrafici e geometrici. 

Quali oggetti rappresentano meglio l’essenza della cultura mamelucca?
Senza dubbio l’incensiere del Museo d’arte islamica di Doha, dalla forma architettonica e di una ricchezza decorativa sfolgorante, ma anche gli oggetti in vetro smaltato, tra cui la «bottiglia con i leoni» del Museo Gulbenkian di Lisbona, molto fragile, che viaggia poco, un esempio superbo dell’incrocio di culture che evidenziamo nella mostra. Per l’arte tessile, un’opera emblematica è il tappeto del XVI secolo, entrato nelle collezioni del Louvre Abu Dhabi, i cui motivi testimoniano ancora gli scambi geografici che fondano l’identità mamelucca. E poi, ovviamente, il «Battistero di san Luigi», un bacile della metà del XIV secolo, di fattura siriana, che fu utilizzato come fonte battesimale per i delfini di Francia, tra cui Luigi XIII. Un’opera emblematica, delle collezioni del Louvre, che abbiamo scelto per chiudere in grande il percorso, poiché sintetizza in sé il messaggio della mostra. 

Essendo una disciplina ancora «di nicchia», avete incontrato delle difficoltà a organizzare la mostra?
Soprattutto avremmo voluto esplorare di più alcune tematiche, le connessioni con l’Africa, lo sviluppo delle scienze e tecniche e la questione femminile, che sono settori di studio ancora in gestazione.

Dal 17 settembre al 25 gennaio 2026 la mostra sarà allestita al Louvre Abu Dhabi, museo che lei conosce bene per esserne stata la direttrice scientifica. Come pensa che il pubblico del Golfo accoglierà la mostra? 
Questa è la prima grande mostra di civiltà ad Abu Dhabi. Il messaggio resta lo stesso della mostra parigina, ma l’allestimento sarà un po’ diverso e la lista delle opere è stata rivista. Viene rinnovata soprattutto la sezione sull’arte dei libri, che, sensibili alla luce, possono essere esposti per tempi brevi. Inoltre svilupperemo di più la sezione sulla furusiyya, la cultura equestre, che interesserà molto il pubblico locale. Penso che la mostra avrà un’ottima eco.

Luana De Micco, 21 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

La modernità dell’estetica mamelucca | Luana De Micco

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