David Ekserdjian
Leggi i suoi articoliIn Inghilterra c’è un’illustre e lunghissima tradizione di ritratti di sovrani. A Londra alla National Gallery possiamo ammirare Riccardo II (1367-1400) inginocchiato davanti alla Vergine col Bambino, circondata da angeli nel meraviglioso (e anonimo) «Dittico di Wilton». Nel Cinquecento Enrico VIII (1491-1547) scelse come suo pittore di corte Hans Holbein il Giovane (ca 1497-1543) e sono rimasti vari dipinti del re e di alcune sue consorti (ebbe in tutto sei mogli), gran parte dei quali, come il «Ritratto di Enrico VIII» nel Museo Thyssen-Bornemisza a Madrid, hanno lasciato il Regno Unito (fortunatamente moltissimi disegni del re e della sua corte sono rimasti nella collezione reale).
L’altro importantissimo ritrattista reale fu Antoon van Dyck (1599-1641) che ha lasciato numerose raffigurazioni del suo quasi coetaneo Carlo I (1600-49), della regina Enrichetta Maria e dei loro figli, spesso in gruppi, prima della decapitazione del sovrano a Whitehall in seguito alla Guerra Civile. Dopo Van Dyck, fino al regno di Elisabetta II il livello si è notevolmente abbassato, ma nei suoi 96 anni di vita la «Queen», come si dice da noi, è stata il soggetto di innumerevoli ritratti, i migliori dei quali hanno veri meriti.
Uno dei primi ritratti, sia dal punto di vista cronologico sia soprattutto per la sua qualità artistica, fu dipinto da un pittore italiano forse un po’ dimenticato, Pietro Annigoni (1910-88). Eseguito nel 1955 in una tecnica mista di tempera, olio e inchiostro su carta incollata su tela, il suo unico difetto è di trovarsi nella Hall della Worshipful Company of Fishmongers, l’antica ricca corporazione dei pescivendoli che l’ha finanziato (con il meno noto ritratto del principe Filippo), oggi una delle dodici principali Livery Companies (associazioni commerciali, Ndr) della City di Londra. Rappresenta la giovane regina, nata nel 1926 e salita al trono solo tre anni prima, in piedi e vestita negli abiti dell’Order of the Garter (Ordine della Giarrettiera) con piccoli alberi in lontananza. È una visione molto romantica della sovrana, che sembra riflettere sul suo destino e guardare verso il futuro.
Purtroppo, un secondo ritratto della regina, sempre di Annigoni, che data al 1969, e nel quale indossa la veste rossa dell’impero britannico, è notevolmente meno impressionante. Eseguito in tempera grassa su carta incollata su tela, la rappresenta frontalmente e si trova alla National Portrait Gallery di Londra. L’artista ha spiegato che non voleva dipingerla come stella del cinema, ma come monarca, sola davanti ai problemi delle sue responsabilità: il pubblico però non l’ha mai amato e quando è stato esposto ha suscitato l’ira di una donna che gli ha scagliato contro una Bibbia. Le sculture della regina non sono molte, ma in compenso ci sono migliaia, se non milioni, di fotografie.
Al momento dell’incoronazione, la scelta di Sir Cecil Beaton (1904-80) per ritrarla fu inevitabile. L’aveva già fotografata a Buckingham Palace nel 1945, molto giovane e molto bella, davanti a una specie di ingrandimento fantastico e rovesciato dell’«Altalena» di Fragonard, conservata nella non molto distante Wallace Collection. Nel 1953 invece, è sempre giovane ma non è più una ragazza. Qui, lo sfondo è la cappella di Enrico VII all’Abbazia di Westminster, dove veniva incoronata, e indossa gli abiti di un sovrano, con la corona in testa e lo scettro e la sfera nelle mani.
Lord Snowdon (1930-2017), marito della sorella della regina Elisabetta, la principessa Margaret, è stato un fotografo che aveva un accesso privilegiato, almeno fino al loro divorzio, e nel corso dei decenni si sono aggiunti alla processione fotografi meno tradizionali come Annie Leibovitz (1949). Una fotografia, inoltre, è alla base dei dipinti di Elisabetta II di Andy Warhol (1928-87).
Paradossalmente, il ritratto più imponente della «Queen» nei suoi ultimi anni ha dimensioni assai modeste (24x15 cm). È stato eseguito nel 2001 da Lucian Freud (1922-2011), quasi suo coetaneo, e fa parte delle collezioni reali a Buckingham Palace. Anche in questo caso la reazione del pubblico non è stata unanimemente favorevole: il quotidiano «The Guardian» l’ha lodato come il ritratto reale più illustre degli ultimi 150 anni, mentre altri hanno paragonato il suo aspetto a quello di un pilone (ruolo del giocatore, Ndr) nella mischia chiusa di rugby o a quella di uno dei suoi amatissimi cani di razza Corgi.
Il tocco è molto libero, ma la concentrazione sul soggetto in questo vero close-up è scientifica: siamo vicinissimi alla sua persona e su tutti i lati le forme vengono sapientemente tagliate ai margini dell’immagine. S’intuisce di essere al cospetto di una regina perché indossa la corona, per il resto si potrebbe pensare di trovarsi davanti a qualsiasi anziana signora.
Come osservato prima, Van Dyck immortalò Carlo I in compagnia della sua famiglia, ma tutti i ritratti esaminati fino a questo punto hanno in comune il fatto che la «Queen» sia sola. Un’eccezione, che risale al 2000, è «The Royal Family: A Centenary Portrait», ancora una volta alla National Portrait Gallery, dipinto da John Wonnacott (1940-) per festeggiare il 100mo compleanno della Regina Madre, raffigurata seduta su un divano in una delle stanze di Buckingham Palace, con uno dei suoi tipici cappelli in testa e circondata da vari membri della famiglia: William davanti a sinistra, Carlo III sulla destra, la «Queen» e Harry vicini alla Regina Madre, e il principe Filippo più in fondo. L’effetto è sorprendente perché la «Queen», contrariamente al solito dove rappresenta il personaggio principale, qui riveste un ruolo minore, che a poco a poco in futuro si trasformerà in memoria.
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