
Simone Facchinetti
Leggi i suoi articoliFederico Zeri, in un’intervista rilasciata a «Il Giornale dell’Arte» nel lontano 1986, si interrogava sulla poca o nulla conoscenza dei piccoli e grandi antiquari italiani del passato. In effetti è un mondo che continuiamo a osservare attraverso un vetro opaco, anche perché molti di loro hanno preferito far perdere le tracce, se non quelle a sfondo celebrativo contenute in rare autobiografie. L’interesse di Zeri, che è anche il nostro, era rivolto ai personaggi, ma soprattutto alle opere che hanno avuto tra le mani: alla loro provenienza, ai passaggi di proprietà, a tutti quei dati materiali utili a ricostruirne la storia. Spesso è sufficiente un piccolo indizio per ricucire le peripezie collezionistiche di un’opera, un segno, una scritta, un timbro in ceralacca o un cartellino sbiadito.
L’iniziativa che la Fondazione Federico Zeri (Università di Bologna) ha appena varato punta a colmare questa lacuna, ed è solo l’inizio. Si intuisce benissimo quale è l’obiettivo a lungo termine dell’operazione: ricevere nuovi fondi fotografici, al fine di arricchire la comprensione del mercato dell’arte, dei suoi protagonisti, ma anche dei gregari, che hanno costituito il tessuto densissimo di un fenomeno collezionistico senza precedenti. È ancora troppo presto per fare dei bilanci ma prima o poi arriveranno alla meta: quando, cosa e perché è rimasto in Italia? Oppure: chi ha favorito i maggiori commerci europei? E quelli americani? E chi sono stati i più avvertiti collezionisti italiani? E i musei, che ruolo hanno avuto? E lo Stato, che partita ha giocato?
Al momento chi ha voglia di navigare nel sito web dedicato (alla voce «Il mercato antiquario in Italia tra Otto e Novecento. Protagonisti e contesti») può conoscere molti dei personaggi che hanno fatto la storia di questo mestiere, da «Accorsi» a «Zabert», entrambi, guarda caso, antiquari torinesi. Troveranno una breve biografia, i testi bibliografici relativi, ma soprattutto un collegamento alle opere che hanno smerciato, tramite il mare magnum della fototeca Zeri. L’operazione è stata meritoriamente realizzata da Marco Fossati, grazie a una borsa di studio finanziata dall’Associazione Amici di Federico Zeri, assieme a Eleonora Scianna, dottoranda all’Università di Bologna.
Vorrei fare un piccolissimo esempio sull’utilità di questo prezioso strumento. Di recente è passata all’asta in Germania una tavola dell’inizio del XVI secolo. Gli esperti tedeschi l’avevano schedata come un’opera del XIX secolo! L’ignoranza, in questo settore, non ha limiti! Bastava girare il dipinto e leggere il nome «Bellesi», scritto distintamente su un cartellino incollato al supporto. A quel punto era sufficiente passare in rassegna il fondo fotografico di Giuseppe Bellesi, un antiquario italiano attivo a Londra fino alla metà del Novecento, per accorgersi che Zeri (ma anche Bernard Berenson) aveva classificato la stessa opera come di un autore del Cinquecento. Sapere è potere e il nuovo sito web della Fondazione Zeri ci ha aperto questa porta, gratuitamente.
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