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Katia Da Ros sotto l’installazione «Wonder Will» di Matteo Attruia nello stabilimento di Irinox a Conegliano. L’opera, nata dopo due settimane di residenza, è composta di 150 lampadine dove l’artista ha voluto che ciascun dipendente scrivesse, in una sola parola, un suo deisderio

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Katia Da Ros sotto l’installazione «Wonder Will» di Matteo Attruia nello stabilimento di Irinox a Conegliano. L’opera, nata dopo due settimane di residenza, è composta di 150 lampadine dove l’artista ha voluto che ciascun dipendente scrivesse, in una sola parola, un suo deisderio

L’arte non necessaria ma di cui tutti beneficiano

È previsto per quest’anno il rapporto di Confindustria sulla relazione tra arte e impresa, grazie anche all’impegno della vicepresidente Katia Da Ros

Nicola Zanella

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Il rapporto Arte e Impresa è da qualche anno uno di quei rapporti un po’ fumosi, carino e simpatico per carità e pure notiziabile, ma di cui non si capisce bene di cosa si tratti né tanto meno quali siano i vantaggi reciproci per le parti. Il 2023 ha segnato una svolta in questo senso e il rapporto va definendosi sempre meglio, così come la letteratura in merito e i benefici che ne scaturiscono. Merito di ciò va anche Katia Da Ros, vicepresidente di Confindustria con delega a cultura ambiente e sostenibilità. Dopo anni che con la sua azienda di famiglia, la Irinox, ha sposato vari progetti artistici, ora anche con Confindustria sta affrontando il tema, in modo efficace e proattivo. Uno sforzo istituzionale che nel 2024 vedrà la nascita di un catalogo-mappatura e molto altro. Quindi giusto iniziare con Katia le nostre interviste (mono) tematiche su questa relazione tra opposti: l’arte e le imprese.

Cara Katia, vediamo di trovare una definizione del tuo operato, «paladina del rapporto arte-impresa» ti piace? perchè questo binomio ti sta così a cuore e perchè può essere un volano di sviluppo per entrambe le parti?
Se paladina significa sostenitrice, allora sì…è la giusta definizione! Credo molto nella capacità che ha l’arte di proiettare il quotidiano in un contesto nuovo.
L’arte stimola la creatività, la curiosità, l’apertura. Per questo penso che abbia uno scopo nobile  quando trova posto in azienda, che è prima di tutto una comunità di persone  spesso impegnate proprio con i temi dell’innovazione e del progresso. L’arte, in particolare l’arte contemporanea,  anticipa il futuro, mette in discussione l’esistente rompendo un pensiero convenzionale e ci aiuta a vedere le cose da nuovi punti di vista. Ne beneficia il clima organizzativo, perché si introduce bellezza negli spazi aziendali, ma  ne beneficia anche  la reputazione e l’immagine dell’azienda che si fa promotrice attiva di cultura. Come se non bastasse, uno studio dell’università dell’Exter (Regno Unito) ha rilevato che nelle aziende dove c’è arte, c’è maggiore produttività e migliori performance economiche. Insomma, l’investimento in arte in azienda è a somma più che positiva! Le imprese inoltre possono avere un ruolo importante nel sostenere  i  giovani artisti italiani e quindi il mercato dell’arte contemporanea.

Come vice presidente di Confindustria con delega ad ambiente, sostenibilità e cultura, stai portando avanti vari progetti, ci parli del report sulle collezioni aziendali che state costruendo all'interno di Confindustria?
I progetti su cui stiamo lavorando sono davvero tanti; il progetto a cui ti riferisci è uno di quelli a cui tengo molto e che stiamo portando avanti con  il gruppo tecnico cultura, presieduto da Antonio Alunni. Si tratta della prima guida alle «Corporate art collection» italiane, e si propone di mappare e  recensire le più importanti collezioni di arte moderna e contemporanea  nelle aziende del nostro paese. L’obiettivo è duplice: da una parte evidenziare il contributo delle imprese italiane all’arte moderna e contemporanea e quindi alla cultura e dall’altro raccontare un modo diverso di fare impresa, attento non solo al valore economico ma anche sociale, civile e culturale. Contiamo di pubblicare la guida entro la primavera 2024. Il collezionismo di impresa in Italia, a differenza di quanto avviene in altri paesi, è un fenomeno giovane e destrutturato; ci auguriamo che la nostra guida sia di stimolo affinchè altre imprese intraprendano questa strada.

A livello normativo quali leggi servirebbero perchè le aziende investano sempre di più nell’arte e nella cultura in generale
Al fine di promuovere la creazione di corporate art collection aziendali, si dovrebbe anzitutto introdurre una definizione normativa delle stesse all’interno del codice dei beni culturali e del paesaggio (D. Lgs 42/2004). Tale definizione dovrebbe tener conto di alcune caratteristiche necessarie per l’impresa e per i fruitori: essere costituita da opere d’arte acquistate da società di capitali, costituire un asset aziendale e come tale essere usato come qualsiasi altro asset (come per agevolare l’accesso al credito), essere organizzata per consentire la fruizione a soggetti esterni fino alla costituzione di un museo, non essere sottoposta alla dichiarazione di interesse culturale ai sensi degli art.10 e del D.Lgs. 42/2004. Un quadro normativo incerto e frammentato non aiuta. Sicuramente la leva fiscale è la via principale per stimolare gli investimenti in arte. L’Art bonus, introdotto nel 2014, è il più importante strumento previsto dal nostro ordinamento per sostenere il mecenatismo e le imprese italiane ne hanno fatto grande uso fino ad oggi. Quello che ci auspichiamo è che ci sia una estensione del perimetro dei beni accessibili, anche ai beni privati. Facendo un confronto con ordinamenti di altri paesi, la Francia, uno dei principali player a livello globale nel mercato dell’arte, ha implementato una serie di incentivi fiscali interessanti per i mecenati come la possibilità di dedurre in 5 quote annuali il costo di opere originali di artisti viventi acquistate dalle imprese a condizione che tali opere siano esposte gratuitamente al pubblico.
Confindustria si auspica altresì la rimodulazione delle aliquote Iva e una agevolazione per i beni a finalità sociale e culturale oltre che una riduzione delle aliquote iva sulle importazioni di opere d’arte (dal 10% al 5%) che consentirebbe all’Italia di allinearsi agli altri paesi UE.

In Italia e nel mondo quali sono le Collezioni Corporate che ami particolarmente e perchè?
La collezione corporate che amo di più in Italia è sicuramente la Collezione Maramotti a Reggio Emilia. Nata per volontà del fondatore di Max Mara, Achille Maramotti, dal 2003 è ospitata all’interno dell’edificio in cui l’azienda ha iniziato la sua attività. È costituita principalmente da dipinti ma si trovano anche sculture e installazioni. In collezione ci sono pezzi molto importanti di artisti come Baselitz, Basquiat, Burri, Capogrossi, Kounellis, Kiefer, Parmiggiani, Merz, Schnabel e molti altri. Un luogo bellissimo e curato, dove si respira cultura, dove si è fatto e si fa cultura. Ci sono stata più volte e ci torno sempre con grande piacere. Uno dei miei buoni propositi per i 2024 è scoprirne di nuove, visitarle, organizziamo un tour delle corporate collection coinvolgendo altri imprenditori.

Passiamo dal tuo ruolo istituzionale a quello imprenditoriale, con la vostra azienda di famiglia, la Irinox, avete fatto e continuate a fare vari progetti legati all’arte. Ci racconti qualcosa?
Il primo progetto, molti anni fa, è stato il  premio e la sponsorizzazione della neonata sezione disegni di Artissima, a Torino. Abbiamo poi istituito il premio «Irinox save the food» a Mia Photo fair, la più importante fiera mercato italiana dedicata alla fotografia, quest’anno è alla terza edizione. L’intento è usare la fotografia come strumento di denuncia dello spreco alimentare. Oltre un terzo del cibo prodotto al mondo viene perso o sprecato; ne siamo tutti responsabili ma al contempo, diventando consapevoli, possiamo essere parte della soluzione.
Un altro progetto interessante che abbiamo fatto è la residenza d’artista, in collaborazione con Aiku dell’Università Ca Foscari. Per un paio di settimane l’artista Matteo Attruia è stato in azienda, a contatto con le nostre persone nei vari reparti, e ha poi  prodotto la sua opera: un’installazione neon che abbiamo messo nel nostro stabilimento produttivo a Conegliano. È un’opera composta da 150 lampadine in cui, a pennarello, ogni collaboratore ha scritto il suo desiderio in una parola; il risultato è di 150 desideri illuminati con l’energia della fabbrica a significare che ogni desiderio umano, una volta esplicitato comporta azione, energia per essere raggiunto.

A livello di realizzazione personale cosa ti danno questi progetti?
Mi piace pensare che un imprenditore ha responsabilità che vanno oltre il mero risultato economico; l’arte non è necessaria in senso stretto, ma quando è presente ne beneficiano tutti. Fa bene allo spirito.

Lanciamo un appello affinché sempre più imprenditori facciano lo stesso!
Il bello e il ben fatto sono intimamente connessi. L’arte stimola a fare meglio! Ed è un gran bel vedere.
 

Katia Da Ros sotto l’installazione «Wonder Will» di Matteo Attruia nello stabilimento di Irinox a Conegliano. L’opera, nata dopo due settimane di residenza, è composta di 150 lampadine dove l’artista ha voluto che ciascun dipendente scrivesse, in una sola parola, un suo deisderio

Nicola Zanella, 15 gennaio 2024 | © Riproduzione riservata

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