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Giuseppe Bertolami

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Giuseppe Bertolami

Le Case d’Asta nel 2021 | Intervista a Giuseppe Bertolami, Bertolami Fine Arts

Il contrappasso del web: aumentano le vendite e i rilanci, ma cala il valore medio dei lotti

Michela Moro

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Bertolami Fine Art è nata nel 2011 come Casa d’Aste specializzata nella vendita di monetee medaglie antiche, per poi espandersi all’archeologia, alla glittica e ai settori delle arti visuali, decorative e del luxury. Oggi ha 24 dipartimenti. Oltre ai canali di vendita all’asta, offre servizi d’intermediazione e di vendita diretta nelle sedi di Roma e Londra. La parola a Giuseppe Bertolami, titolare e amministratore unico.

Com’è trascorso l’anno?
È stato un anno tempestoso e i venti di tempesta hanno il merito di smuovere le acque, un merito grande in un contesto come quello italiano che soffre di eterne bonacce. Scelta d’obbligo per le aziende è stata quella dell’accelerazione digitale. Ne trarrà benefici non chi seguirà passivamente il mainstream del momento, ma chi saprà scandagliare le nuove tecnologie per tirarne fuori le soluzioni più adatte a valorizzare la propria identità. Nel 2011 siamo stati tra i primi in Italia ad affiancare le aste con battitore elettronico alle tradizionali aste battute in sala, ho tuttavia approfittato dell’emergenza per spingere ulteriormente l’acceleratore su quel processo di digitalizzazione commerciale che vagheggiavo da sempre. Ne è conseguito un aumento della clientela, diventata prevalentemente straniera. Spero sia oramai chiaro per tutti che le transazioni commerciali online sono cavalli che corrono solo se guidati da sofisticati sistemi di web marketing. Ne siamo a tal punto convinti che proprio in questo ambito abbiamo concentrato gli sforzi maggiori. Nel 2020 lo staff di BFA si è arricchito di una nuova figura professionale: una matematica con competenze di statistica con il compito di analizzare i flussi di visita sul nostro sito web. Anche grazie alle sue indicazioni siamo arrivati a una media di 650mila/700mila visite al mese sull’home page del nostro sito e di 400mila per ogni asta. La maggiore visibilità ha determinato l’incremento dei clienti e dei lotti venduti. Nei settori che trattiamo prevalentemente a Londra, numismatica, glittica e archeologia, la clientela straniera è sempre stata maggioritaria, ma il nuovo tipo di comunicazione ha dimostrato che vi è un mercato estero da intercettare anche nei comparti in cui sinora ci siamo rivolti soprattutto a una clientela italiana. Nell’ultima asta di Old Masters, un tipo di vendita che da noi è sempre stata appannaggio di una clientela italiana piuttosto fidelizzata, il 60% dei partecipanti era di nazionalità straniera.

Quale strada ha preso il mercato?
Un mercato che si allarga a dismisura rivela nuove strade da percorrere. L’impressione è di aver guadagnato una maggiore libertà di movimento. Stiamo cercando di avvantaggiarcene.

Quali cambiamenti avete registrato?
Nel 2019 abbiamo avuto un incremento di fatturato entusiasmante: +47%. Oggi la mia analisi parte da  un -32%. Chiudiamo con tre aste in meno, tre delle sei ricche vendite annuali londinesi. Un dato negativo, eppure la percentuale dei lotti venduti è aumentata di qualche punto e la somma dei compensi incassati a vario titolo dalla nostra casa d’aste non è troppo lontana da quella degli anni passati. Insomma, siamo di fatto riusciti a contenere le perdite in un quadro in cui l’unico elemento di continuità è il trend sempre più promettente delle vendite dirette, sia su piattaforme e-commerce sia in modalità private sales; la clientela cresce e i compratori stranieri superano quelli italiani; aumenta il numero delle transazioni effettuate, ma la prevalenza degli acquisti a distanza su catalogo elettronico determina l’abbassamento del prezzo medio. Abbiamo lavorato per sdoganare questa modalità di compravendita anche in comparti refrattari ad accoglierla, l’Arte Antica ad esempio, ma incontriamo ancora ovvie resistenze oltre la soglia dei 20mila euro. Per acquisti importanti la visione fisica del lotto è ancora ritenuta indispensabile, quindi nell’anno degli acquisti d’arte a distanza la fascia di prezzo più gettonata è quella compresa tra i 5mila e i 20mila euro. La nostra prima asta dell’anno in termini di fatturato è stata un’asta elettronica con circa 3.500 lotti in catalogo. Una vera rivoluzione. Il top lot dell’anno scorso, uno spettacolare anello con diamante fancy, sfiorava i 700mila euro, mentre la migliore vendita in asta di quest’anno, un marmo romano molto bello ma senza licenza di esportazione, ha fatto 115mila euro. Le vendite più sostanziose del 2020 sono state fatte in private sale. Tra le prime quindici aggiudicazioni dell’anno al terzo e all’undicesimo posto troviamo due antiche gemme incise vendute in un’asta elettronica di glittica. Mai successo. Partivano da basi d’asta molto basse, ma a furia di rialzi hanno raggiunto prezzi considerevoli. L’altro grande trend è stato il miglioramento delle performance. La prevalenza dei compratori stranieri ha fatto la differenza: gare più appassionanti, tanti rialzi e il confortante dato finale di un incremento medio del 140% rispetto alle basi. Nei comparti collezionistici in cui Bertolami Fine Art è conosciuta a livello internazionale, vale a dire numismatica, glittica e archeologia, siamo in questo momento indicati come una delle case d’asta con le migliori performance. In un certo senso i nostri incrementi di prezzo in quei settori sono diventati tra i più alti del mondo proprio grazie alla pandemia. Le nuove strategie di vendita ci hanno infatti permesso di raggiungere anche compratori per noi inusuali, non i classici collezionisti o commercianti occidentali, soggetti che partecipano alla gara conoscendo benissimo il mercato e dandosi rigidi limiti di spesa, ma clienti nuovi, spesso asiatici, con grandi disponibilità di danaro, l’esigenza di investirlo e una chiara fascinazione per l’esotico Occidente.

Quali sono le problematiche del settore in Italia?
Affrontare quotidianamente un Paese che rema contro i suoi imprenditori.

A chi è in mano il mercato oggi?
Il cannocchiale di internet rivela uno scenario immenso e profondamente differenziato in cui c’è posto per chi quel posto sa trovarlo. Ci sono differenziazioni per settore e, all’interno di ogni settore, per orientamento culturale e fasce di prezzo. Il mercato dell’arte contemporanea di altissima fascia, ad esempio, è controllato da un’élite di operatori che vive tra Londra e New York, un club molto esclusivo al quale una casa d’aste italiana non apparterrà mai. D’altronde è sempre stato così: nel ’400 c’era un mercato aristocratico ricco e colto per il criptico Botticelli e un mercato di solidi borghesi che compravano Antoniazzo Romano. L’arte gode di buona salute solo quando lo scenario è di questo tipo, se cioè larghi strati della società desiderano farla entrare nelle proprie case, nei luoghi della vita quotidiana. Questa è la direzione da prendere e le nuove tecnologie ci possono essere di grande aiuto.

Che cosa prevede per il mercato del 2021?
Mi consenta di fare una previsione a medio termine. Dalla pandemia erediteremo un mondo mediamente più digitalizzato in cui tutti potranno vantare maggiori competenze tecnologiche. La modernizzazione in sé è una buona cosa e ci avvantaggeremo di questo obbligato cambio di passo. Il vento della stanchezza per la virtualizzazione della vita sta però già cominciando a soffiare. I limiti etici e culturali della rete e dei social sono sempre più evidenti, come i pericoli derivanti dalla loro egemonia. Quando a governare il dibattito mondiale non sarà più la paura per la nostra salute, ma per le nostre libertà, cercheremo un presidio nella nostra identità culturale. Ci volgeremo all’antico, avremo voglia di alta artigianalità e riscopriremo i valori eterni della cultura umanistica. Il mercato di opere e oggetti d’arte è da sempre al servizio della diffusione e valorizzazione della cultura umanistica: è questa la rete di cui ci piace far parte, di cui fanno parte le case d’asta italiane.

In quale settore concentrerete le vostre energie e su che cosa suggerite di investire?
Ci concentreremo sulla diversificazione dei sistemi di vendita. Non solo vendite all’incanto ma sviluppo delle vendite a trattativa diretta in tutte le loro possibili declinazioni. Sull’approfondimento delle strategie di web marketing, know how indispensabile per affrontare con successo il problema dell’anno, quello del collocamento sul mercato internazionale di un’offerta massiccia. Strategici anche l’osservazione e lo studio del mercato internazionale, il mare in cui gli italiani dovranno imparare a navigare, soprattutto se l’asfittica situazione del mercato interno tenderà a protrarsi, come tutto porta a credere. Amplieremo i settori collezionistici di intervento con nuovi dipartimenti. Consolideremo due comparti che hanno cominciato a operare quest’anno con risposte molto vivaci dei nostri clienti soprattutto internazionali: Oddities, Curiosities and Wonders e Underground and Ultracontemporary Art. Suggerisco di comprare l’alta qualità a basso prezzo. Nell’antico è possibile, ma anche nell’Underground.

Sono cambiate le figure, le motivazioni e le tendenze dei collezionisti e che impatto hanno avuto le tecnologie sul modo di collezionare?
Le nuove tecnologie sono il gigante sulle cui spalle ci dobbiamo arrampicare per allargare la nostra visuale e scoprire figure, motivazioni, tendenze che prima non riuscivamo a vedere. Inoltre l’avvento di Internet ci mette di fronte a un pubblico più informato, ma non sempre più competente.

C’è stato maggior interesse dei compratori esteri ad acquistare in Italia? Le case d’asta italiane sono state svantaggiate rispetto alle straniere?
Oramai abbiamo una clientela prevalentemente straniera. Nei settori di gusto internazionale gli stranieri comprano nella misura in cui trovano qualità e basi d’asta corrette. I cinesi possono fare gli acquisti più inaspettati. All’inizio l’entusiasmo è alle stelle, poi per chi compra l’antico, anche se di qualità medio bassa, arriva la sciagura della richiesta della licenza di esportazione. Una casa d’aste italiana perde punti quando ci mette un anno a spedire negli Stati Uniti una banale pipa inglese dell’800 (a noi è successo).

Le tecnologie applicate alle aste quest’anno hanno sicuramente incentivato la trasparenza dei risultati, molto importante per le nuove leve di collezionisti internazionali. Quanto conta la trasparenza dei risultati pubblicati in relazione alla fiducia degli acquirenti esteri?
Applichiamo le nuove tecnologie dalla nostra nascita e non abbiamo mai avuto l’impressione che possano favorire la veridicità dei risultati pubblicati. Quella scelta è il frutto di un orientamento deontologico. A volte le case d’asta barano? Un bravo analista di mercato deve essere in grado di farci le pulci mettendo in relazione il totale del battuto pubblicato con il fatturato commissioni presente in bilancio. Se i dati non quadrano chiedete spiegazioni. Aggiungo, per dover di precisione, che non tutto l’aggiudicato viene pagato, quindi a volte si pubblicano aggiudicazioni reali che non sono seguite da un passaggio di danaro. I clienti pretendono la trasparenza nei pezzi che acquistano: sulle garanzie di autenticità e legittima provenienza sono categorici.

Il mercato italiano ha ancora delle zone di opacità?
Semmai il contrario. La pregiudiziale diffidenza delle istituzioni pubbliche italiane nei confronti del mercato dell’arte si traduce, soprattutto nei nostri settori di punta, in controlli talmente serrati che non mi pare rimanga spazio per l’opacità.

Quali sono stati i vostri top lot del 2020?
Il top lot dell’anno è un affascinante marmo romano passato di mano a 115mila euro, un busto di Diomede. Venduto all’estero avrebbe raggiunto ben altre cifre, ma visto che un pezzo così non avrebbe mai ottenuto la licenza di esportazione, lo abbiamo proposto in un’asta di archeologia battuta in Italia, ovviamente con una valutazione calmierata. Chi lo ha comprato ha fatto decisamente un ottimo affare.

Giuseppe Bertolami

Michela Moro, 28 febbraio 2021 | © Riproduzione riservata

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