Prima donna a entrare, nel 1955, come membro effettivo nell’agenzia Magnum Photos, dopo essere stata assistente di Ernst Haas e di Henri Cartier-Bresson; interprete e giornalista per il servizio d’informazione dell’esercito americano nella Germania occupata; collaboratrice, da fotografa, dei più prestigiosi magazine del suo tempo; moglie, dal 1962, dello scrittore e drammaturgo Arthur Miller (già marito di Marilyn Monroe); sette lingue parlate, tra cui il russo e il mandarino (questo appreso per poter andare, nel 1978, in Cina: lì avrebbe fotografato anche la camera da letto dell’inaccessibile presidente Mao Zedong), nei suoi 80 anni di vita Inge Morath (Graz, Austria, 1923-New York, 2002) ha intrecciato molte vite.
Ora è la protagonista di «Una questione personale/Une affaire personnelle», un progetto originale prodotto da Suazes con Fotohof e Magnum Photos (catalogo Dario Cimorelli), presentato dal 19 ottobre fino al 16 marzo 2025 al Centro Saint-Bénin di Aosta. Nella mostra curata da Brigitte Blüml Kaindl, Kurt Kaindl e Daria Jorioz, il cui sottotitolo cita una sua riflessione sulla fotografia, da lei intesa come «ricerca della verità interiore», sono riunite 150 immagini e documenti originali, testimoni principali dei suoi innumerevoli reportage dal mondo intero, in cui ritrae persone e luoghi con il suo sguardo partecipe e colto, dopo aver studiato a fondo storia, tradizioni e lingua di ogni paese.
Il percorso, formato da 14 sezioni tematiche, esordisce con le prime fotografie, scattate a Venezia nel 1955, per inoltrarsi poi nei reportage realizzati in Spagna, Inghilterra, Iran, Francia, Austria, Messico, Irlanda, Romania, Stati Uniti d’America e Cina. Una sezione è dedicata alla serie «Mask», impagabile testimonianza dell’amicizia con il mitico disegnatore Saul Steinberg: «Upper East Side, anni ’70, raccontava lei, del loro primo incontro. Suonai il campanello e apparve Saul Steinberg che portava, infilato sulla testa, un sacchetto di carta sul quale aveva disegnato il suo ritratto». Da allora avrebbe documentato per sei anni, in ritratti rilassati e informali, gli happening di Steinberg e dei suoi amici, tutti mascherati con le sue singolari maschere di carta. Due sezioni espongono le immagini a colori, mai viste in Italia, dei reportage del 1959 in Tunisia e del 1960 a Gaza. Morath affiancava infatti il colore al (dominante) bianco e nero, attribuendo anche a esso grande importanza, com’è provato, scrive in catalogo John P. Jacop, primo direttore della Fondazione Morath, dal «gran numero d’immagini a colori da lei scelte per il database di Magnum Photos e dall’ampia raccolta di materiale a colori che ha conservato nel suo archivio personale».