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Meret Oppenheim, «Das Auge der Mona Lisa», 1967

Photo courtesy of ProLitteris, Zurich. Copyright: © 2025 ProLitteris, Zurich

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Meret Oppenheim, «Das Auge der Mona Lisa», 1967

Photo courtesy of ProLitteris, Zurich. Copyright: © 2025 ProLitteris, Zurich

Le 50 mostre da vedere in tutta la Svizzera durante Art Basel 2025

Da Basel alla Svizzera intera: le mostre da non perdere nei musei (e non solo) della città della Fiera per eccellenza, fino alle «capitali» Zurigo, Berna e Ginevra. Spazio anche alle località meno convenzionali, come Lens, Winterthur, San Gallo e Davos (e molte altre)

Silvia Conta

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Medardo Rosso, «Bambino malato», 1895, Museo Medardo Rosso, Barzio

Basilea

Kunstmuseum: «Medardo Rosso. Inventing Modern Scuplture» (fino al 10 agosto)

Scultore, fotografo e maestro dell’allestimento artistico, rivale di Auguste Rodin e modello per numerosi artisti: intorno al 1900, Medardo Rosso (Torino, 1858-Milano, 1928) rivoluzionò la scultura, ma nonostante la sua eccezionale influenza, rimane oggi troppo poco conosciuto. La mostra «Medardo Rosso. Inventing Modern Sculpture» mira a cambiare questa situazione: con circa cinquanta sculture e duecentocinquanta fotografie e disegni, offre una rara opportunità di scoprire l’opera di Rosso in una retrospettiva completa. Invita il pubblico a conoscere meglio le sue attività pionieristiche nella Milano e nella Parigi di inizio secolo, nonché il significato della sua arte in una prospettiva contemporanea. L’impatto straordinario e duraturo della sua opera è rivelato dall’incontro con oltre sessanta artisti degli ultimi cento anni, tra cui Lynda Benglis, Constantin Brâncuși, Edgar Degas, David Hammons, Eva Hesse, Meret Oppenheim, Auguste Rodin e Alina Szapocznikow. La mostra è stata realizzata in collaborazione con il mumok Museum moderner Kunst Stiftung Ludwig Wien di Vienna.

Kunstmuseum: «Paarlauf» (fino al 27 agosto)

«Paarlauf» espone opere d’arte provenienti dalla collezione privata Im Obersteg e dai fondi del Kunstmuseum di Basilea, creando affinità elettive che superano le generazioni e i confini stilistici. Cosa accomuna i quadri e le sculture affiancati? In cosa si differenziano? Le coppie si arricchiscono a vicenda attraverso il dialogo? Nuovi allestimenti integrano regolarmente nuovi pezzi in esposizione. «Paarlauf» è in continuo movimento e l’esposizione sviluppa una sua coreografia lenta e personale. La musica non può mancare: giovani musicisti hanno interpretato composizioni selezionate che, ascoltate in cuffia, accompagnano la contemplazione individuale delle opere. L’occasione per la realizzazione di questa mostra è un anniversario: da 20 anni la collezione Im Obersteg è esposta come deposito al Kunstmuseum Basel.

The Laurenz Foundation, Schaulager: «Steve McQueen. Bass» (dal 15 giugno al 16 novembre)

La Fondazione Laurenz porta allo Schaulager Basel «Bass» (2024) una delle opere più recenti di Steve McQueen, artista di fama mondiale e regista vincitore di un Oscar. Alllo Schaulager presenta la sua opera più astratta fino ad oggi, a dodici anni dalla sua rivoluzionaria mostra nel medesimo luogo. Specificamente pensata per l’architettura dello Schaulager, «Bass» è in gran parte ispirata dal vivo interesse di McQueen per l’effetto della luce, del colore e del suono sulla nostra percezione fisica dello spazio e del tempo. «Ciò che amo della luce e del suono è che entrambi sono creati dal movimento e dalla fluidità. Possono essere modellati in qualsiasi forma, come il vapore o un profumo; possono insinuarsi in ogni angolo e fessura. Amo anche il punto di partenza, dove qualcosa non è ancora una forma, ma è tutto» (Steve McQueen, 2025).

Museum Tinguely: «Julian Charrière. Midnight Zone» (fino al 2 novembre)

Uno dei principali campi d’indagine dell’artista franco-svizzero Julian Charrière (1987) è il modo in cui gli esseri umani abitano il mondo e come il mondo, a sua volta, influenza la vita interiore degli esseri umani. La mostra presenta fotografie, sculture, installazioni e nuovi lavori video che affrontano il rapporto degli esseri umani con la Terra come mondo d’acqua, una liquidità che ricopre la maggior parte del nostro pianeta con mari, laghi e ghiacci. Distribuita su tre piani, la mostra «Midnight Zone» esplora le ecologie sottomarine, dalle presenze locali nel Reno agli oceani lontani, esplorando la complessità dell’acqua come elemento fondamentale soggetto al degrado causato dagli esseri umani. «Midnight Zone» si sviluppa come una riflessione immersiva sui mondi fluidi, non il mare come superficie, ma come sostanza, dove i confini si dissolvono. L’artista considera questo spazio non solo come un luogo in cui entrare, ma come un mondo in cui immergersi e muoversi, diventando porosi alle sue pressioni, alle sue profondità, ai suoi sogni.

Museum Tinguely: «Rebecca Moss and Swiss artist Augustin Rebetez. Scream Machines-Art Ghost Train» (fino al 30 agosto)

«Scream Machines», un’installazione su larga scala progettata dall’artista britannica Rebecca Moss e dall’artista svizzero Augustin Rebetez, accompagna i visitatori in un viaggio attraverso un paesaggio artistico immersivo. L’installazione rende omaggio a «Le Crocrodrome de Zig et Puce», un’opera di Jean Tinguely realizzata nel 1977 in collaborazione con Bernhard Luginbühl, Daniel Spoerri e Niki de Saint Phalle per l’inaugurazione del Centre Pompidou di Parigi, per il quale gli artisti hanno creato il «Crocrodrome de Zig et Puce», un’enorme scultura percorribile per l’ampio atrio d’ingresso con un trenino fantasma appositamente progetta. In occasione del centenario di Tinguely, il Museo Tinguely ripropone questo evento e avvia la trasformazione artistica temporanea di un trenino fantasma esistente, il «Wiener Prater Geisterbahn», costruito nel 1935. Rebecca Moss e Augustin Rebetez hanno ideato un percorso per il trenino fantasma di Tinguely, che comprende varie creazioni, anche nuove. Il trenino fantasma artistico sarà in funzione dal 22 maggio (giorno della nascita di Tinguely) al 30 agosto (giorno della morte di Tinguely) 2025 nel Parco della Solitudine, di fronte al Museo Tinguely, durante gli orari di apertura del museo (il prezzo del biglietto per quest’opera è di 4 chf a persona). Nella cabina telefonica del museo, il più piccolo spazio espositivo dell’edificio, è, inoltre, presentata una selezione di cortometraggi umoristici di Rebecca Moss.

Museum Tinguely: «Suzanne Lacy: By Your Own Hand» (fino al 7 settembre)

Di base a Los Angeles, Lacy è una pioniera della performance art femminista e attivista. Con la sua pratica sociale partecipativa, spesso realizzata in collaborazione con le comunità locali, Lacy si batte contro le ingiustizie sociali e a favore dei gruppi emarginati. Dall’inizio degli anni ’70, ha concentrato la sua attenzione sulla violenza di genere, dando voce pubblica alle persone che si identificano come donne e denunciando le radici patriarcali di questa violenza. Nell’installazione video «De tu puño y letra (By Your Own Hand)» (2014, 2015-2019), persone che si identificano come uomini appaiono in successione e leggono brani di lettere con tono fattuale. Le lettere contengono racconti scioccanti di violenze domestiche e di genere che suscitano un profondo senso di inquietudine. Le testimonianze spaziano dalle aggressioni sessuali ai femminicidi. Il filmato è stato girato a Quito, in Ecuador, in un'arena per corride, uno spazio connotato maschile e tradizionalmente caratterizzato da violenza e dominio. La disposizione circolare delle proiezioni trasporta i visitatori dell’esposizione nell’arena, mettendoli a confronto diretto con le parole e gli sguardi dei partecipanti. Le immagini a grandezza naturale rendono tangibile la sfida fisica ed emotiva della performance.

Kunsthalle: «Ser Serpas. On My life» (dal 13 giugno al 21 settembre)

Nella sua più grande mostra personale finora realizzata in Svizzera, presenta la molteplicità del suo vocabolario estetico ed esplora i confini tra corpo, tempo e immagini effimere che si trovano nel mezzo. Ser Serpas (1995), appassionata delle forme espressive corporee e poetiche, che indaga sia come pittrice che come scultrice. Alla Kunsthalle Basel riunisce scultura, pittura e performance art, con particolare attenzione alla sua collaborazione con il Margo Korableva Performance Theatre di Tbilisi. Nella loro pratica artistica, sia Serpas che la compagnia teatrale prendono elementi esistenti, li decostruiscono e li infondono di significati nuovi e reinventati. Questa sinergia artistica permette a Serpas di riproporre alcune performance del repertorio teatrale, creando un dialogo dinamico e coinvolgente tra la performance art e le sue sculture. 

Kunsthalle Basel: «Dala Nasser. Xíloma. MCCCLXXXVI» (fino al 10 agosto)

Per la sua prima mostra in Svizzera Dala Nasser (1990) immagina una ricostruzione della chiesa bizantina di Kabr Hiram a Qana, in Libano, un sito ormai scomparso, in un paesaggio impraticabile. Nell’ambito di questo progetto, lavora per la prima volta con immagini realizzate su tessuti trattati con cianotipia, rendendo tangibili spazi perduti. Nella propria ricerca l'artista lavora attraverso l'astrazione e forme alternative di creazione di immagini. Integrando suono, performance e film nella sua pratica, Nasser rimane essenzialmente una pittrice, poiché riflette specificamente attraverso questo mezzo e i suoi materiali più elementari: tessuto, pigmenti, telai, linee. I suoi dipinti indicativi della terra, realizzati attraverso il contatto diretto sul posto, si contrappongono alle ampie vedute offerte dalla pittura paesaggistica tradizionale. Considerando i materiali come testimoni, ha sviluppato un corpus di opere in continua crescita che mette in primo piano storie non rivendicate, ecologie di violenza lenta, furti coloniali e fallimenti infrastrutturali in tempi e luoghi in cui il linguaggio umano è stato reso insufficiente o irraggiungibile. 

Basel Social Club (fino al 21 giugno)

Basel Social Club torna per la sua quarta edizione, occupando l’ex banca privata Vontobel nel centro di Grossbasel. L’evento si svolgerà in numerose stanze dello storico edificio, trasformando l'ampia location in un coinvolgente tableau vivant. Il Basel Social Club è il primo eventi ad aprire al pubblico le porte di questi locali storici, segnando l'inizio della riattivazione dell’edificio da parte di For Art, un progetto di Klaus Littmann volto a rivitalizzare l’immobile abbandonato in Rittergasse attraverso interventi artistici e culturali fino alla fine del 2028. In linea con la sua tradizione di programmazione site specific, l’edizione 2025 si confronta direttamente con il passato simbolico e materiale dell’edificio. Il tema di quest’anno trae ispirazione dal linguaggio della finanza e dello scambio, esplorando i sistemi di valore, il commercio e gli scambi. La mostra, il programma di performance e le proposte culinarie che ne derivano si svolgono all'interno dell’ambiente bancario, dove i confini tra valuta e cura, lusso e necessità, spettacolo e servizio si dissolvono. Ogni sala offre un’esperienza unica: dalla banca del sangue gestita dalla Blutspende Srk beider Basel, agli spazi dedicati alla gioielleria, alla bellezza, al benessere e ai giochi. Le performance di lunga durata interagiscono attivamente con l’ambiente, mentre artisti e partecipanti assumono ruoli partecipativi. Quello che era iniziato come un evento unico si è evoluto in una piattaforma senza scopo di lucro che resiste alle convenzioni e abbraccia la sperimentazione. Come sempre, il Basel Social Club rimane gratuito e aperto a tutti.

Hauser & Wirth: «Meret Oppenheim» (fino al 19 giugno)

Nella sua sede di Basilea, inaugurata un anno fa in Luftgässlein 4, la galleria Hauser & Wirth celebra Meret Oppenheim (Berlino, 1913-Basilea, 1985) con una mostra curata in stretta collaborazione con il curatore e storico dell'arte Josef Helfenstein, che riunisce opere realizzate tra gli anni ’30 e gli anni ’70, tra cui alcune raramente esposte in precedenza. «L’artista svizzera di origine tedesca, ha ricordato la galleria, rimane una delle figure più dinamiche dell'arte del XX secolo. Nonostante fosse affiliata ad alcuni dei movimenti artistici più influenti del XX secolo, tra cui il surrealismo e il dadaismo, Oppenheim sfuggiva a qualsiasi categorizzazione. Caratterizzate da umorismo e da un atteggiamento di profonda indipendenza intellettuale, le opere di Oppenheim esplorano in modo critico temi quali l’identità e la sessualità, ancora oggi di grande attualità. La sua pratica artistica eclettica e trasgressiva è esposta in un percorso espositivo che spazia dalla pittura al disegno, dalla scultura al design».

Gagosian: «Selection» (fino al 22 giugno) 

Nella sua sede permanente in Rheinsprung 1, la galleria Gagosian popone un collettiva con opere e di Lauren Halsey, Kathleen Ryan, Adam McEwen e Sabine Moritz che completa e amplia la propria presentazione ad Art Basel, curata da Francesco Bonami. Questa presentazione eclettica comprende opere sia di artisti che hanno recentemente iniziato a essere rappresentati da Gagosian, sia di artisti che collaborano da lungo tempo con la galleria. Ricca di colori vivaci e forme dinamiche, questa serie di opere contemporanee unisce eccitazione visiva, arguzia disarmante e raffinatezza concettuale. Il fulcro di Selection è una nuova scultura di Lauren Halsey che combina una struttura minimalista con colori e un design grafico massimalisti. Incorniciati in oro, i suoi cartelli dipinti a mano sono modellati su quelli dei locali del South Central di Los Angeles e pubblicizzano dichiarazioni, aspirazioni e riferimenti al passato e al presente della sua comunità.

Domushaus: «Lenz Geerk. Lautlos» (fino al 22 giugno)

Lenz Geerk (1988 a Basilea, in Svizzera; vive e lavora a Düsseldorf), artista della galleria di Massimo De Carlo, crea dipinti carichi di significato psicologico, distaccati da qualsiasi tempo o luogo specifico. Con uno stile ben radicato nella storia dell’arte, Geerk mette in mostra una tecnica unica e riconoscibile. I personaggi dei suoi dipinti sono tratti dei suoi sogni vaganti e sono enfatizzati in modo tale da rivelare le emozioni nascoste della psiche umana. Geerk, nei suoi dipinti, utilizza posture e gesti per esprimere un momento fragile, non derivato da alcun modello o fotografia specifica, ma espresso invece attraverso l'atmosfera e il linguaggio del corpo. La sua tavolozza quasi monocromatica, con occasionali tonalità calde, esalta ulteriormente l'aura di tensione emotiva delle sue opere. 

Hek-Haus der elektronischen Künste: «Other Intelligences» (fino al 10 agosto)

Quali forme di intelligenza esistono? Quale ruolo rivestono nella nostra comprensione dell’ecologia e della società? La mostra collettiva con opere di Niculin Barandun, Alice Bucknell, Isabell Bullerschen, Crosslucid, Patricia Domínguez, Dotdotdot, Susanne Hartmann, Joey Holder, Špela Petrič, Sookyun Yang, Yiming Yang è dedicata alle diverse forme di intelligenza: artificiale, tecnologica, ma anche quella organica della flora e della fauna nelle loro interazioni all'interno di un ecosistema. Gli artisti coinvolti indagano cosa può essere l'intelligenza nell’era dell’Intelligenza Artificiale (IA) e quali altre forme di intelligenza non umana potrebbero essere rilevanti per plasmare il nostro futuro. Esplorano come funziona il cervello sintetico di un’Intelligenza Artificiale o come gli organismi del mondo animale e vegetale percepiscono e agiscono, e cosa possiamo imparare da altre intelligenze simili.

Vija Celmins, «Clouds», 1968. © Vija Celmins, Courtesy Matthew Marks Gallery. Photo: McKee Gallery, New York

Riehen (Basilea)

Fondation Beyeler: «Vija Celmins» (fino al 21 settembre)

È la più importante presentazione completa del lavoro di Vija Celmins (Riga, 1938) in Europa in quasi vent’anni. Maestra nella pittura, nel disegno e nella scultura, il suo linguaggio visivo è allo stesso tempo sottile e potente. Inizialmente Celmins si è concentrata su oggetti di uso quotidiano e scene di disastri e guerre. Successivamente si è dedicata alle strutture superficiali delle ragnatele, degli oceani e dei deserti, e più tardi in particolare al cielo notturno e alle galassie. Le sue immagini resistono allo sguardo superficiale, ma una volta che ci si immerge in esse, rivelano una bellezza affascinante, tra intimità e distanza. La mostra presenta una selezione di opere realizzate da Celmins dagli anni ’60 ad oggi, dando vita all’effetto ipnotico dei suoi mondi pittorici. Sarà inoltre esposta una piccola selezione di sculture, che la stessa Celmins definisce «dipinti tridimensionali». Infine, la mostra presenta un nuovo gruppo di opere che portano avanti il lungo e intenso impegno di Celmins con le superfici e la profondità spaziale. 

Fondation Beyeler: «Jordan Wolfson. Little Room» (fino al 3 agosto)

La Fondation Beyeler presenta in anteprima «Little Room», una nuova installazione di realtà virtuale (VR) dell’artista americano Jordan Wolfson (*1980). Quest’opera immersiva, esposta per la prima volta alla Fondation Beyeler, invita i visitatori a entrare in un ambiente sperimentale in cui sono protagonisti dell’esperienza che si svolge davanti ai loro occhi. Entrando nello spazio espositivo, i visitatori vengono accoppiati con un compagno di loro scelta o con uno sconosciuto e, dopo una scansione 3D completa del corpo, vengono trasportati in uno spazio virtuale in cui ogni partecipante vede se stesso attraverso il corpo dell’altro, dando luogo a distorsioni fisiche e spaziali sempre più strane e disorientanti. «Little Room» esplora la complessa intersezione tra realtà, virtualità e immaginario. Il lavoro di Wolfson esamina gli aspetti più oscuri dell’esperienza umana, sollevando profonde questioni esistenziali sulla coscienza, l’identità e la negazione fisica e intellettuale. Con «Little Room» l’artista spinge al limite il potenziale della realtà virtuale per creare un incontro unico che va oltre la comprensione convenzionale di questo mezzo. 

Fondation Beyeler: «Presentation of the Collection. There is Only One Thing I Fear in Life, My Friend: One Day the Black Will Swallow the Red» (fino al 31 agosto)  

In concomitanza con la mostra «Vija Celmins», la Fondation Beyeler presenta una selezione di opere della sua collezione incentrata esclusivamente alla pittura. Le sale dedicate ai singoli artisti ospitano opere che hanno lasciato un’impronta distintiva su questo mezzo tradizionale e aperto nuove prospettive. La mostra presenta opere di Jean-Michel Basquiat, Mark Bradford, Marlene Dumas, Wade Guyton, Pablo Picasso, Gerhard Richter, Mark Rothko, Wilhelm Sasnal, Wolfgang Tillmans e Andy Warhol. La nuova esposizione crea connessioni sorprendenti e inedite tra opere eccezionali dell’arte moderna e contemporanea. Un momento particolarmente significativo è il debutto al museo della proiezione digitale di «Gerhard Richter Moving Picture (946-3), Kyoto Version», 2019-24. La sala Daros della Fondation Beyeler è dedicata quest’anno a Mark Bradford. L’esposizione comprende anche il monumentale dipinto «Sixty Last Suppers», 1986, di Andy Warhol, prestato dalla Collezione Nicola Erni. Un altro punto focale è dedicato a Pablo Picasso, con una raccolta completa di oltre 30 dipinti e sculture.

«The Shakers: A World in the Making» al Vitra Design Museum

Weil am Rhein (Germania)

Vitra Design Museum: «The Shakers: A World in the Making» (fino al 28 settembre)

Come ha fatto una chiesa libera americana del XVIII secolo a ispirare generazioni di artisti, architetti e designer di tutto il mondo? Gli Shaker erano un gruppo religioso per il quale il design e l’architettura erano un’espressione delle credenze relative alla comunità, al lavoro e all’uguaglianza sociale. La nuova mostra «The Shakers: A World in the Making» esamina come ciò abbia portato alla creazione di mobili meticolosamente realizzati e di un’architettura vernacolare che continuano a risuonare secoli dopo. Riunendo un’ampia gamma di mobili, elementi architettonici, strumenti e prodotti commerciali Shaker, abbinati a opere commissionate appositamente ad artisti e designer contemporanei, il percorso espositivo rivela il complesso contesto sociale, materiale e spirituale che ha dato vita allo «stile Shaker» e le possibilità che i suoi valori offrono oggi. La mostra è organizzata dal Vitra Design Museum, dal Milwaukee Art Museum, dall’Institute of Contemporary Art Philadelphia e dalla Wüstenrot Foundation in collaborazione con lo Shaker Museum. Una mostra organizzata dal Vitra Design Museum, dal Milwaukee Art Museumdall'Institute of Contemporary Art Philadelphia e dalla Wüstenrot Foundation, in collaborazione con lo Shaker Museum.

Vitra Design Museum: «Science Fiction Design: From Space Age to Metaverse» (fino al 10 maggio 2026)

Una mostra iniziata nel maggio 2024, che indaga numerosi film di fantascienza (da «Star Trek» a «2001: Odissea nello spazio» a «Blade Runner») sono popolati da design classici che hanno plasmato la nostra immagine del futuro. Al contrario, molti designer di oggetti destinati a un futuro immaginario cercano ispirazione nel genere della fantascienza. L’affascinante dialogo tra fantascienza e design è il tema di una nuova mostra al Vitra Schaudepot. Con il titolo «Science Fiction Design: From Space Age to Metaverse», oltre 100 oggetti della collezione del museo saranno messi in scena in un allestimento futuristico dell’artista visivo e designer argentino Andrés Reisinger. Integrata da opere selezionate dal mondo del cinema e della letteratura, la mostra presenta una serie di esempi che vanno dall’inizio del XX secolo alla cosiddetta era spaziale degli anni ’60 e ’70, fino ad arrivare agli oggetti di design più recenti, concepiti esclusivamente per i mondi virtuali del metaverso.

Le Corbusier, «Nature morte au siphon», 1928, Parigi, Fondation Le Corbusier. © 2025 FLC/ProLitteris, Zurich

Berna

Kunstmuseum: «Carol Rama. Rebellin der Moderne» (fino al 13 luglio)

Il Kunstmuseum di Berna presenta la prima grande retrospettiva dell’artista torinese in Svizzera, con opere di tutte le fasi della sua straordinaria produzione. La mostra è stata realizzata dalla Schrin Kunsthalle Frankfurt in collaborazione con il Kunstmuseum Bern. Sessualità, follia, malattia e morte sono i grandi temi a cui Carol Rama (1918-2015) ha dedicato la sua arte. Già negli anni ’30, con le sue rappresentazioni del desiderio femminile, Rama ha aperto la strada all'arte femminista contemporanea. Indipendente da scuole e gruppi artistici, in circa settant’anni ha creato un’opera sperimentale, radicale e personale.

Kunstmuseum: «Marisa Merz. Ascoltare lo spazio» (fino al 17 agosto)

Marisa Merz (1926-2019) è stata una delle figure di spicco della scena artistica italiana del dopoguerra e l’unica donna ad essere strettamente legata al movimento dell’Arte Povera. La forza sottile della sua opera si manifesta in una visione alimentata dall’interiorità. La sua opera è caratterizzata dal silenzio, dalla poesia e dalla ricerca della fragilità dell’arte, che corrisponde a quella della vita. Nel suo studio trasformava lo spazio e il tempo in un collage attraverso il disegno, la pittura, la scultura e le installazioni. Marisa Merz si muoveva con maestria tra la storia dell’arte europea e la vita quotidiana, utilizzando materiali come alluminio, argilla, rame, nylon, cera e tessuto. Il Kunstmuseum di Berna le dedica la più grande retrospettiva degli ultimi trent’anni in Svizzera. La mostra è frutto della collaborazione tra il LaM-Lille Métropole, musée d’art moderne, d’art contemporain et d’art brut e la Fondazione Merz.

Zentrum Paul Klee: «Le Corbusier. The Order of Things» (fino al 22 giugno)

In occasione del suo ventesimo anniversario, il Zentrum Paul Klee dedica una grande mostra all’artista e architetto svizzero-francese Le Corbusier (1887-1965). La mostra si concentra sul processo creativo dell’artista, designer e urbanista svizzero-francese, mettendo al centro della scena il pensiero tridimensionale di Le Corbusier. Offre una panoramica completa della sua intera produzione dal punto di vista artistico e comprende sia opere iconiche che gruppi di lavori finora rimasti in gran parte sconosciuti. Charles-Édouard Jeanneret, famoso in tutto il mondo con lo pseudonimo di Le Corbusier, è una delle figure più importanti dell’architettura moderna in Svizzera. È stato anche uno dei protagonisti più importanti e influenti a livello mondiale del modernismo internazionale. Le Corbusier ha plasmato l’architettura moderna con enorme energia, visioni radicali e retorica provocatoria. Nel suo lavoro ha cercato di progettare in modo nuovo gli spazi abitativi e urbani. Il suo approccio combinava arte, design e architettura. 

Kunsthalle: «Tuli Mekondjo» (fino al 17 agosto) 

Nella sua prima mostra personale in Svizzera, l’artista namibiana Tuli Mekondjo (1982) presenta una pratica artistica che combina esperienze personali con la memoria collettiva, in un processo in cui storia, materialità e spiritualità si intrecciano. Mekondjo lavora con tessuti, fotografia, scultura, video e materiali d’archivio. Le sue opere affrontano il passato coloniale della Namibia e le sue conseguenze ancora oggi tangibili, dall'estinzione culturale e dalla distruzione ambientale al trauma sociale e alla frammentazione della società.

Kunsthalle: «Melvin Edwards» (fino al 17 agosto)

La Kunsthalle Bern è lieta di presentare la prima mostra antologica completa dell’artista statunitense Melvin Edwards (1937) in Svizzera. L’esposizione fa parte di una retrospettiva realizzata in collaborazione con il Fridericianum di Kassel e il Palais de Tokyo di Parigi, dove ciascuna istituzione presenta una propria interpretazione dell’opera dell’artista. Nato a Houston, in Texas, Edwards ha iniziato la sua carriera artistica all'inizio degli anni ’60, durante il movimento per i diritti civili negli Stati Uniti. Da allora è considerato una voce influente dell'arte e della scultura afroamericana contemporanea. L’opera complessiva di Edwards affronta la storia del razzismo, del lavoro e della violenza, temi intrecciati tra loro e in relazione con momenti storici significativi.

Kunsthalle: «Tschabalala Self» (fino al 17 agosto)

La presentazione di Tschabalala Self (nata nel 1990, vive e lavora nella Hudson Valley, New York) segna l’inizio di una nuova serie di mostre intitolata «Respones». La serie mira a mettere in dialogo artisti contemporanei affermati con le due mostre personali attraverso l’esposizione di una piccola selezione di opere. I lavori potenti di Self combinano collage di tessuti, stampe e pittura in un linguaggio visivo inconfondibile che mette in primo piano la realtà vissuta della vita contemporanea dagli afrodiscendenti. Le composizioni da lei sviluppate creano spazi in cui le sue figure bidimensionali sembrano vivere e respirare. La sua pratica si muove tra tradizioni artistiche e artigianali e affronta questioni di identità, autodeterminazione e memoria collettiva.

Roman Signer, «Kayak tip, 2017». Foto: Tomasz Rogowiec. © Roman Signer

Zurigo

Kunsthaus: «Roman Signer. Landschaft» (fino al 17 agosto)

Roman Signer è un maestro della trasformazione. Da oltre cinquant’anni esplora con mezzi semplicissimi le possibilità offerte dal tempo, dallo spazio e dall’energia. Incontri inaspettati, esperimenti ludici e le forze della natura: nell’arte di Roman Signer si dispiega un mondo pieno di energia e trasformazione. La grande sala espositiva del Kunsthaus Zürich si trasforma in un paesaggio aperto, in cui tempo, movimento e materia dialogano tra loro in modo sorprendente. La mostra al Kunsthaus Zürich permette di ammirare l’opera di Signer in una cornice aperta e dinamica. Senza pareti né confini, l’artista dispone i suoi lavori in modo tale che i visitatori possano esplorarli come se fossero in una passeggiata. Al centro dell’attenzione vi sono sia nuove opere realizzate appositamente per questa mostra, sia lavori noti appartenenti a diversi periodi creativi.

Kunsthaus: «Monster Chetwynd. The Trompe l’oeil Cleavage» (fino al 31 agosto)

La personale di Monster Chetwynd (nata nel 1973 nel Regno Unito, vive a Zurigo dal 2020), riconosciuta come una delle artiste più innovative del nostro tempo, riunisce opere iconiche di 25 anni della sua attività artistica di unite a nuovi progetti e offre una visione approfondita e completa del lavoro. Nel 2012 è stata la prima artista performativa a essere nominata per il Turner Prize e sta sviluppando un’installazione partecipativa nella Turbine Hall della Tate Modern per l’estate 2025, nell’ambito del Tate Play. L’artista utilizza un linguaggio artistico unico che combina elementi di performance, scultura e pittura. Ha studiato antropologia e arte, e il suo lavoro dalle molteplici sfaccettature fonde influenze provenienti dai misteri medievali e dal teatro carnevalesco con motivi e temi tratti dalla storia dell'arte e dalla cultura pop, creando un amalgama trans-storico umoristico e profondo. Il percorso espositivo invita i visitatori a esplorare le opere di Chetwynd in una presentazione appositamente ideata dall’artista. Ispirata alla storica Via Appia vicino a Roma, con le sue monumentali camere funerarie, integra opere chiave della sua carriera artistica: sculture, documentazioni delle prime performance e una selezione di dipinti della serie «Bat Opera», che mescola riferimenti storico-artistici come le opere di Giovanni Battista Tiepolo con immagini zoologiche di pipistrelli.

Museum Rietberg: «Hallyu! The Korean Wave» (fino al 17 agosto)

Il percorso escretivo è un’immersione nella vivace e variegata cultura popolare della Corea del Sud. Dalla sua nascita alla fine degli anni ’90, il fenomeno «hallyu» (tradotto «l’onda coreana») si è diffuso in ogni angolo del mondo. La mostra illustra sia la storia delle origini dell’«hallyu» e i suoi legami con l’arte tradizionale coreana, sia la sua influenza mondiale sulla cultura pop, il cinema, la moda e l’arte multimediale.

Kunsthalle Zürich: «Klara Lidén. Over out und above» (fino al  7 settembre)

La Kunsthalle Zürich presenta la prima mostra personale in Svizzera dell’artista Klara Lidén (nata nel 1979 a Stoccolma, vive a Berlino). Attraverso numerose nuove produzioni e una selezione di lavori recenti, la mostra offre una panoramica completa del complesso approccio dell’artista e della sua riflessione sui confini fisici, psicologici e sociali dello spazio pubblico e privato.

Museum Haus Konstruktiv: «Wir sind hier!» (fino al 28 settembre)

Con la mostra collettiva «Wir sind hier!» («Noi siamo qui!»), la Haus Konstruktiv festeggia il suo trasferimento nell’area Löwenbräukunst. Dopo quasi 25 anni trascorsi nell’ewz-Unterwerk Selnau, il museo inaugura ora, in una prima fase, la parte orientale in Limmatstrasse 268. La collezione del Museum Haus Konstruktiv comprende circa mille opere e offre una panoramica di alta qualità sull’evoluzione dell’arte concreta, costruttiva e concettuale dagli anni ’20 fino ai giorni nostri. Il patrimonio è cresciuto in gran parte grazie a donazioni di artisti, gallerie e collezionisti privati. Inoltre, il Club Fonds Konkret e il lascito di Elisabeth Launer (dal 2014) consentono acquisti mirati di arte contemporanea, contribuendo così al continuo ampliamento e alla messa in rete di posizioni artistiche.

Migros Museum: «Accumulation. Über Ansammeln, Wachstum und Überfluss. Zweite Sequenz» (fino al 27 luglio)

Che si tratti di denaro, immobili, abbigliamento o dispositivi tecnologici, i beni materiali caratterizzano la nostra vita quotidiana. Ma anche i beni immateriali come lo status sociale, l’influenza, il benessere o la conoscenza si accumulano. La loro interazione determina il modo in cui le persone vengono percepite e valutate nei contesti sociali e culturali. Ma questo continuo accumulo lascia tracce, segni visibili e cicatrici profonde. Si manifestano nell’ambiente, nei corpi e nelle comunità. Allo stesso tempo, il principio dell’accumulo è la forza motrice che sta dietro al movimento globale di persone, beni e capitali. Le opere esposte mettono in luce i meccanismi di sfruttamento delle risorse naturali nell’Antropocene. Mostrano l’eredità tossica dell’industria della fast fashion, ovvero le montagne di rifiuti in continua crescita. Affrontano il tema dei flussi finanziari globali che influenzano profondamente i processi politici e culturali.

• Hauser & Wirth: «Just There. Rothko Ryman» (fino al 13 settembre)

Nella raccolta sede sulla Bahnhofstrasse la galleria propone un percorso espositivo con la curatela di Dieter Schwarz in cui per la prima volta, le opere di Mark Rothko (1903-70) e Robert Ryman (1930-2019) si incontrano direttamente in una mostra a due, aprendo nuove prospettive sull’interazione artistica tra due grandi maestri americani della pittura del XX secolo. Questa mostra riunisce importanti opere di Rothko degli anni ’50 e ’60 e di Ryman dalla fine degli anni ’50 agli anni ’90. Rothko e Ryman rappresentano due generazioni di pittori astratti americani che si sono brevemente incontrati intorno al 1960; Rothko era allora all'apice della sua fama, Ryman un pittore emergente. Al di là di questa breve coincidenza temporale, sono profondamente legati dalla grande qualità visiva dei loro dipinti, di cui una selezione concisa è visibile nella mostra. 

Una veduta della mostra «Jean Tinguely» al Mah-Musée d’art et d’histoire di Ginevra

Ginevra

Musée Rath e Mah Musée d’art et d’histoire: «Jean Tinguely» (fino al 7 settembre)

Il Musée d’art et d’histoire (Mah) rende omaggio a Jean Tinguely, celebrando il centenario della sua nascita. Questo evento unico fa rivivere lo spirito della mostra del 1983 al Musée Rath, curata dallo stesso artista. Dalla metà degli anni ’70, l’artista ha stretto un forte legame con il Mah, attraverso mostre e amicizie che ancora oggi trovano eco nella collezione del museo. Per far rivivere lo spirito dell’ultima mostra di Tinguely al Musée Rath nel 1983, il museo presenta oltre trenta sculture meccaniche e una selezione di opere su carta, alcune delle quali vengono esposte per la prima volta. Per celebrare questo anniversario, inoltre, il Mah ha restaurato una delle opere emblematiche dell’artista, «Si c’est noir, je m’appelle Jean» (1960), e ha ricevuto un’importante donazione di opere grafiche di Tinguely, offerta dalla Niki Charitable Art Foundation. 

Musée Rath e Mah Musée d’art et d’histoire: «La Genevoise. Carte blanche to Carol Bove» (fino al 22 giugno)

Il percorso espositivo è un’immersione in 15mila anni di storia ginevrina, reinterpretati dall’artista newyorkese Carol Bove, nata a Ginevra nel 1971. La mostra offre uno sguardo nuovo sulla collezione del Mah, invitando i visitatori a seguire un percorso cronologico che va dalle scoperte archeologiche regionali alle opere contemporanee più recenti. Presentate in ordine cronologico, le opere adottano un approccio creativo, antropologico, interattivo ed educativo. Tra manufatti antichi, capolavori e oggetti di uso quotidiano, questa nuova Carte Blanche rivisita lo spazio museale, sfumando i confini tra arte e oggetti di uso quotidiano. Un invito a toccare, sentire e osservare in modo nuovo, libero da convenzioni, per ridefinire il nostro rapporto con l’arte e il museo.

Mamco Musée d’Art Moderne et Contemporain: «MAMCO X SOMA. Psot Netebras Xul» (fino al 7 settembre)

La mostra segna l’apertura della prima stagione della programmazione del Mamco fuori dalla sua sede e si svolge in un nuovo spazio che ricorda gli spazi industriali occupati dal museo sin dalla sua apertura. La mostra ripercorre la scena artistica ginevrina dagli anni Novanta ad oggi. Riunisce opere della collezione del Mamco e produzioni più recenti, tutte testimonianza di una scena in costante mutamento. Con Timothée Calame, Valentin Carron, Emilie Ding, Sylvie Fleury, Bastien Gachet, Vidya Gastaldon e Jean-Michel Wicker, Fabrice Gygi, David Hominal, Lauren Huret, Chris Kauffmann, Sup Kim, Klat, Viola Leddi, Lou Masduraud, Gianni Motti, Mai-Thu Perret, Mathias C Pfund, Pierre Vadi, Gaia Vincensini. 

Tyler Mitchell, «Untitled (Blue Laundry Line)», 2019. © Tyler Mitchell. Courtesy of the artist and Gagosian Gallery

Losanna

Collectuion de l’Art Brut: «Les Collages de Ding Liren» (fino al 26 ottobre) 

La Collectuion de l’Art Brut dedica per la prima volta una mostra monografica all’autore cinese Ding Liren e riunisce per l’occasione un gran numero dei suoi collage mai esposti prima in Europa. Le trentanove opere di Ding Liren qui raccolte sono state prestate dall’autore e rappresentano coleotteri e cavallette. 

Photo Elysée. Musée cantonal pour la photographie: «Tyler Mitchell. Wish This Was Real» (fino al 17 agosto)

La mostra ripercorre l’intera opera di Mitchell (Stati Uniti, 1955), dai suoi primi ritratti e video che ritraggono sogni di svago e espressione personale, fino ai suoi paesaggi minuziosamente elaborati che si dilettano in visioni paradisiache contrastate dalla complessità della storia e dell’identità sociale americana. A ciò si aggiunge una presentazione di fotografie e sculture miste di artisti il cui lavoro è in sintonia con la sua linea creativa, come Rashid Johnson, Gordon Parks e Carrie Mae Weems. «Wish This Was Real» diventa così il punto di partenza di un dialogo intergenerazionale unico, che pone la fotografia di Mitchell al centro di un ampio spettro di sperimentazioni visive e di eredità intellettuale.

Photo Elysée. Musée cantonal pour la photographie: «Le sport à l’épreuve. Collections du Musée Olympique et de Photo Elysée» (fino al 17 agosto)

Attraverso un patrimonio fotografico in gran parte inedito, la mostra svela la grammatica visiva della fotografia sportiva attraverso diversi temi: la mediatizzazione che ha avuto inizio ad Atene nel 1896; la tecnica che cerca di catturare il movimento attraverso il fermo immagine; la composizione che influenza la narrazione visiva e costruisce la celebrazione dello sport; le figure che prendono posto nello stadio dove gli atleti affrontano una folla in preda alle emozioni e i fotografi che utilizzano la fotografia sportiva come pura documentazione dell’impresa e altri come mezzo artistico. I numerosi focus ci offrono un racconto che mette in luce la fotografia sportiva e in particolare quella delle Olimpiadi.

Mcba-Musée Cantonal dex Beaux-Arts: «Alain Huck. Respirer une fois sur deux» (fino al 7 settembre)

La mostra rende omaggio al lavoro di Alain Huck (Vevey, Svizzera, 1957) con un viaggio attraverso quasi 30 anni di creazione, dalle prime opere su tela ai disegni più recenti, passando per i monumentali carboncini che hanno reso famoso l’artista. Realizzata in stretta collaborazione con l’artista, la mostra ruota attorno alla questione fondamentale per Alain Huck del testo e del suo rapporto con l’immagine, del linguaggio e della sua rappresentazione, di ciò che può essere detto o di ciò che viene taciuto, di ciò che fa memoria o di ciò che fa storia.

Mcba-Musée Cantonal dex Beaux-Arts: «Sophie Thum. Weet Rooms» (fino al 10 agosto)

Il lavoro di Sophie Thun (1985, Francoforte. Vive e lavora tra Vienna e Berlino) sembra un accumulo di immagini dei luoghi in cui l’artista ha lavorato ed esposto. Le sue installazioni spaziali giocano con la nostra percezione della realtà e descrivono l’identità come un processo in costante evoluzione. Sophie Thun lavora principalmente con la fotografia analogica, di cui spinge al limite le possibilità tecniche per esplorare il rapporto tra il luogo di produzione dell’opera e la sua presentazione, ma anche per interrogarsi sul rapporto tra le condizioni di lavoro dell’artista e la presenza del suo corpo nello spazio. «Wet Rooms» è la sua prima mostre personale in Svizzera e fa riferimento alla camera oscura, quella darkroom che l’artista concepisce come uno spazio protetto dove ogni sperimentazione è possibile. 

Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori, «Thundi», 2010. © Sally Gabori/Copyright Agency/2025, ProLitteris, Zurich. Photo: Vincent Girier Dufournier

Lens (Canton Vallese)

Fondation Opale: «Sally Gabori, Forrest Clemenger Bess. Sous les Reflets du Monde» (fino al 17 novembre)

Nata dalla volontà della sua fondatrice Bérengère Primat di condividere la sua passione per la creazione contemporanea dei primi popoli australiani, la fondazione gestisce una collezione che conta oltre 1.700 opere di circa 350 artisti, costituendo uno dei più importanti fondi di arte aborigena contemporanea al mondo di proprietà privata. Nella sede della Fondazione è stata appena inaugurata una mostra dedcaita a due personalità di spicco della pittura contemporanea: l’artista aborigena australiana Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori (ca 1924-2015) e il pittore americano Forrest Clemenger Bess (1911-77). Curata da Samuel Gross a partire da una cinquantina di opere, questa mostra propone un dialogo inedito, rivelando sorprendenti parallelismi tra le rispettive pratiche artistiche. Sebbene separati dagli oceani, questi due artisti condividono la stessa capacità di far emergere i riflessi di mondi interiori, nascosti sotto la superficie del visibile. Sally Gabori e Forrest Bess, due autodidatti con percorsi e contesti radicalmente diversi, hanno esplorato attraverso la pittura visioni personali del mondo. Le loro opere, vibranti e intrise di simbolismo, testimoniano un legame indissolubile tra memoria, identità e paesaggio. 

Una veduta della mostra «Mikhail Karikis Voices, Communities, Ecologies» al Kunstmuseum di San Gallo

San Gallo

Kunstmuseum: «Mikhail Karikis Voices, Communities, Ecologies» (fino al 27 luglio)

Il Kunstmuseum St. Gallen dedica una mostra personale completa all’artista greco-britannico di fama internazionale Mikhail Karikis. Karikis è noto per le sue opere interdisciplinari che uniscono suono, film e performance. Il suo lavoro è caratterizzato dalla responsabilità sociale e ambientale e amplifica le voci delle comunità che spesso non vengono ascoltate. Con «Voices, Communities, Ecologies», il museo presenta una retrospettiva a metà carriera che comprende una selezione delle sue opere più acclamate e un’opera commissionata appositamente per la mostra.

Kunstmuseum: «Atiéna R. Kilfa. Wonder Lust  (fino al 6 luglio) 

Si tratta della prima mostra personale in Svizzera dell’artista francese Atiéna R. Kilfa (nata nel 1990, vive e lavora a Berlino). L’installazione ruota attorno a un nuovo video commissionato dal Kunstmuseum St. Gallen per il Lok, il suo spazio espositivo industriale. Costruito tra il 1903 e il 1911, questo ex edificio ferroviario all’avanguardia ricorda il periodo di massimo splendore dell’industria tessile della Svizzera orientale. È proprio all’interno di questo simbolo di un passato glorioso che il nuovo lavoro di Kilfa riflette sulla romanticizzazione delle convenzioni imperialiste.

Kunstmuseum: «Diogo Graf. Poetick der Abstraktion» (fino al 2 novembre)

Nell’ambito della serie «Cabinet», il museo organizza una serie di mostre tematiche dedicate ad artisti significativi della sua collezione. La mostra inaugurale presenta l’opera dell’artista sangallese Diogo Graf (nato nel 1896 a Ceará, in Brasile, e scomparso nel 1966 a San Gallo). Dopo aver studiato alla scuola magistrale di Rorschach, Graf ha dedicato la sua carriera all’insegnamento nel cantone e nella città di San Gallo. Graf ha iniziato il suo percorso artistico negli anni ’30, traendo inizialmente ispirazione dal Fauvismo e dal primo Cubismo. Tuttavia, nel 1938 è passato alla pittura astratta, affermandosi come pioniere dell’astrazione in Svizzera.

Kunstmuseum: «Void Vortex» (fino al 5 ottobre)

La mostra collettiva presenta opere che esplorano il concetto di vuoto e la presenza dell’assenza nell’arte. Il titolo fa riferimento a un dipinto dell’artista americano Steven Parrino, donato al museo nel 2003. Il percorso espositivo di dipana attraverso dipinti monocromatici e opere concettuali che trasmettono idee pure. Questi pezzi esaminano i vuoti e l'assenza di elementi fisici, lasciando spazio ai pensieri e alle associazioni. Le opere mettono in evidenza come il vuoto nell’arte possa creare tensione e significato.

Félix Vallotton, «La blanche et la noire», 1913, Kunst Museum Winterthur, Hahnloser/Jaeggli Stiftung

Winterthur

Kunst Museum: «Tony Oursler. Hoisted from the Pit» (fino al 10 agosto)

Il videoartista di fama mondiale Tony Oursler, nato a New York nel 1957, ha studiato la storia e il suo contesto e ha creato un’installazione multimediale che combina fatti storici e oggetti appositamente realizzati in uno spazio simile a un palcoscenico che ricorda il teatro e il vaudeville. L’installazione trasporta il pubblico in un mondo fantastico pieno di trucchi illusionistici che permettono agli spettatori di provare un piacevole brivido, simile a quello che si prova davanti a un gabinetto delle curiosità. Conosciamo fin troppo bene questa combinazione di ricerca storica, fatti scientifici, inganno intenzionale e seduzione delle masse. Le crisi di fede, le fake news e le teorie del complotto sono onnipresenti e il ruolo dei media (sociali) è un fattore importante per il successo delle attività fraudolente. Appropriandosi del Gigante di Cardiff, Oursler crea una parabola divertente e abissale sui doppi standard e sulla perdita di fiducia nella grande narrativa occidentale della scienza e del progresso. 

Kunst Museum: «Félix Vallotton. Illusions perdues» (fino al 7 settembre)

Félix Vallotton (1865-1925) è una delle figure più importanti del modernismo francese di fine secolo. Nel 2025 si celebra un doppio anniversario: il centenario della morte dell’artista e il 160mo anniversario della sua nascita. In due sedi saranno esposte oltre 150 opere di tutti i periodi creativi, generi e tecniche, tra cui numerosi capolavori come l’iconica opera «La blanche et la noire». Il titolo della mostra, «Illusions perdues» (Illusioni perdute), si ispira a una delle opere più famose della letteratura ottocentesca, il romanzo in tre parti di Honoré de Balzac che fa parte della sua vasta serie «Comédie humaine». Come Balzac, l’arte di Vallotton è una rappresentazione accurata e incisiva della società. Ciò si manifesta inizialmente nelle sue xilografie e si ritrova spesso anche nella sua pittura. Inoltre, lo stile di Vallotton lo rende uno dei sostenitori del Verismo, che nella sua classica onestà si distanzia dal pittoresco dell’Impressionismo, in modo molto simile a come Balzac con il suo realismo ha contribuito al superamento del Romanticismo estatico. Dal punto di vista dei contenuti, questa mostra è orientata alle «Illusions perdues». Dopo tutto, le illusioni sono un tema fondamentale della pittura, che ha sempre cercato di simulare la realtà. 

Photomuseum Winterthur: «The Lure of the Image» (fino al 12 ottobre)

Il percorso espositivo esplora le forme digitali contemporanee di fotografia e il loro potere seduttivo. Le 14 posizioni artistiche presentate in mostra si confrontano con fenomeni visivi che fungono da veicoli per la comunicazione, la critica e l’umorismo online, evidenziando il ruolo cruciale che le immagini svolgono nel plasmare i nostri paesaggi sociali, culturali e politici. Le posizioni artistiche tracciano i complessi meccanismi del richiamo, facendo luce su come le immagini e le loro strutture sottostanti (dagli algoritmi ai set di dati) dirigono la nostra attenzione, provocano emozioni e influenzano le opinioni. 

Ernst Ludwig Kirchner, «Dame im Wald. Porträt Nina Hard», 1921, collezione privata (particolare). Courtesy of Galerie Henze & Ketterer, Wichtrach/Bern

Davos

Kirchner Museum: «Ernst Ludwig Kirchner. Zwischen Malerei und Fotographie» (fino al 9 settembre)

La nostra attuale mostra mette in luce un aspetto affascinante dell’opera di Kirchner che finora ha ricevuto poca attenzione: il ruolo centrale della fotografia. Mentre molti artisti del suo tempo utilizzavano la macchina fotografica principalmente come un rapido taccuino per schizzi o appunti visivi, Kirchner fece un passo decisivo in più. Integrò la fotografia in modo coerente e consapevole in tutto il suo processo creativo. La sua impressionante eredità fotografica (circa 1.300 negativi su vetro e cellulosa conservati, numerose stampe d’epoca e diversi album fotografici accuratamente rilegati) testimonia un approccio profondo, duraturo e sperimentale a questo mezzo espressivo. Per Kirchner la fotografia era molto più di un mezzo di espressione autonomo. Era uno strumento di lavoro indispensabile per la sua pittura. La utilizzava in modo mirato per sviluppare idee per i suoi quadri, studiare l’espressività dinamica delle posture e dei movimenti o preparare composizioni complesse. La fotografia è quindi indissolubilmente legata alla sua opera pittorica e influenza in modo tangibile la scelta dei suoi soggetti, il suo caratteristico stile pittorico e la struttura delle sue composizioni. Allo stesso tempo, ha creato un archivio unico del suo pensiero visivo, una finestra sulla sua mente creativa. 

Giovanni Segantini, «Funghi», St. Moritz, Segantini Museum

St. Moritz

Segantini Museum 

Accanto ai grandi capolavori di Giovanni Segantini, fino al 20 ottobre, i visitatori potranno ammirare nature morte dell’artista raramente esposte.

Louisa Gagliardi, «Night Caps», 2022, collezione privata, Basilea. © The artist. Photo: Stefan Altenburger Photography, Zürich

Lugano

MASI: «Ferdinand Hodler-Filippo Franzoni. Un sodalizio artistico» (fino al 10 agosto)

Ferdinand Hodler (1853-1918) e Filippo Franzoni (1857-1911) sono stati, a titolo diverso, due protagonisti dello sviluppo dell’arte moderna in Svizzera a cavallo tra Ottocento e Novecento. La mostra mette per la prima volta in dialogo le opere dei due artisti: per l’occasione, un’importante selezione di dipinti di Franzoni sarà accostato a lavori anche meno noti al grande pubblico di Hodler, provenienti da importanti collezioni pubbliche e private soprattutto svizzere. Il percorso espositivo si propone di far emergere punti di contatto e divergenze tra le due pratiche artistiche, in un affascinante dialogo che intende offrire un ulteriore tassello per la lettura e la comprensione della realtà artistica della Svizzera a cavallo tra il XIX e il XX secolo. 

MASI: «Louisa Gagliardi. Many Moons» (fino al 20 luglio)

Louisa Gagliardi (Sion, Svizzera, 1989) è oggi una delle voci più interessanti della scena artistica contemporanea svizzera. Nei suoi lavori, in cui le tecniche pittoriche tradizionali si fondono con la tecnologia digitale, esplora temi quali l’identità, il cambiamento sociale e il rapporto tra l’individuo e il suo ambiente. Per la sua prima personale in un museo svizzero presenta una nuova serie di dipinti alle sculture.

Vincent van Gogh, «Il seminatore», 1888, The Armand Hammer Collection, Gift of the Armand Hammer Foundation. Hammer Museum, Los Angeles

Martigny

Fondazione Pierre Giannada: «Da Rembrandt a Van Gogh. Collection Armand Hammer» (dal 20 giugno al 2 dicembre)

Circa quaranta lavori di famosi pittori attraversano l’Atlantico, alcuni per la prima volta, per far vibrare le pareti della Fondazione Pierre Gianadda. Le opere, provenienti dall’Hammer Museum dell’Università della California di Los Angeles (Ucla), spaziano da Rembrandt a Van Gogh e, tra gli altri, spiccano i grandi nomi della pittura francese, come Fragonard, Chardin, Corot, Boudin, Manet, Degas, Renoir, Monet, Sisley, Bonnard, Vuillard.

Silvia Conta, 19 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

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