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Redazione
Leggi i suoi articoliNonostante le difficoltà economiche legate alla Brexit, le riforme fiscali che penalizzano i grandi patrimoni e le incertezze geopolitiche, Londra, rimane una delle piazze principali per il mercato dell'arte, una delle tre o quattro al mondo capaci di monopolizzare l'attenzione dell'intero sistema. Ed è proprio quello che sta accadendo in questi giorni, con le fiere Frieze London e Frieze Masters che hanno catalizzato galleristi, collezionisti e appassionati da tutto il mondo. Quindi prevedibile, ma non certo scontato che tra i corridoi dei due eventi si respirasse entusiasmo. C'è una piccola parte di sollievo dunque nel constatare che nel primo giorno di preview, il 15 ottobre, le cose hanno funzionato. Forse in modo diverso dai fasti di cinque o dieci anni fa, ma comunque hanno funzionato. Non c'è l'urgenza di chiudere subito la vendita, di accaparrarsi il prezzo; l'atteggiamento è riflessivo, votato alla pazienza e al realismo: la velocità appartiene forse a chi è più interessato a speculare. E così a Frieze ci ritroviamo circondati da un collezionismo cerebrale, forse anche più locale del solito, o comunque allineato con le dinamiche più prettamente londinesi.
Ma lasciamo le considerazioni generali per entrare nel merito delle vendite, dove possiamo già registrare qualche affare interessante. Thomas Dane Gallery ha venduto Multi-Saint (2013) di Michael Landy, acquistato dal Contemporary Art Society’s Collections Fund per la Walker Art Gallery di Liverpool, per circa 125 mila sterline. Josh Lilley, gallerista londinese, ha venduto Egg, un dipinto cristallino di Gareth Cadwallader, per 85 mila sterline, e una scultura murale in porcellana di Rebecca Manson per 85 mila dollari. Ieri, a metà pomeriggio, Hauser & Wirth aveva già venduto circa 33 opere: 17 a Frieze London e 16 a Frieze Masters. Le cifre più alte sono state registrate nella sezione Masters, con Le domaine enchanté (1953) di René Magritte venduto per 1,6 milioni di dollari, e The Blue Garden (My Garden Gate) (1909) di Gabriele Münter per 3 milioni dollari, al momento la vendita più elevata della fiera. Nel contemporaneo spiccano DESIRELINE II (2025) di George Rouy, passata di mano per 275 mila sterline, e Lost Boccioni (2025) di Avery Singer, per 800 mila dollari. Neil Wenman, direttore creativo di Hauser & Wirth, non ha dubbi: «Alcuni artisti troppo commerciali hanno perso terreno. Ma la qualità vince sempre: se l’opera è buona, si vende».
Cecilia Brunson Projects, al debutto nella sezione principale, ha registrato una serie di vendite rapide: sei delle otto opere tessili del collettivo indigeno argentino Wichí Claudia Alarcón & Silät sono state vendute nella prima ora. I prezzi variavano tra i 19 mila e i 55 mila dollari. Lisson Gallery ha venduto due dipinti della giovane artista Sarah Cunningham, scomparsa lo scorso anno a soli 31 anni. Uno dei lavori è stato acquistato da un importante collezionista statunitense, l’altro è stato donato da un altro collezionista a un museo statunitense. I dipinti sono stati venduti rispettivamente per 26 mila e 30 mila dollari. Thaddaeus Ropac ha venduto Polls (1987) di Robert Rauschenberg per 850 mila dollari, sottolineando il rinnovato interesse per l’artista nel centenario della sua nascita. La Vadehra Gallery di Nuova Delhi ha venduto circa metà delle opere esposte alla Frieze London e quasi tutto lo stand alla Frieze Masters. Infine, la Ginny on Frederick Gallery ha venduto le componenti di Accounts (2025) di Alex Margo Arden – un’installazione composta da manichini industriali dismessi provenienti dal National Motor Museum – alla Arts Council Collection, per cifre comprese tra le 20 e le 30 mila sterline.
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