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Alfredo Serri, «I libri», 1944, Ivrea, Fondazione Guelpa

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Alfredo Serri, «I libri», 1944, Ivrea, Fondazione Guelpa

L’inganno dei libri che non leggeremo

Dagli splendori di Raffaello ai dialoghi enigmatici fra libri e ritratti di El Greco, fino ai moderni e contemporanei. I volumi nei quadri veicolano significati profondi e costituiscono un mondo muto e misterioso che aspetta di essere decifrato

Arabella Cifani

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Prezioso come una gemma, posa il libro più bello che forse sia mai stato dipinto in un quadro sul tavolo davanti a papa Leone X. Il pontefice ha alzato il capo dalla lettura in cui era assorto e ha abbandonato, fra libro e tavolo, la mano e la lente d’ingrandimento che lo aiutava nella sua miopia a meglio cogliere le illustrazioni del volume. Il campanello d’argento cesellato deve essere stato da poco suonato: intorno oscilla ancora il polline del suono emesso. Il libro è di pergamena finissima, tutto istoriato. Dipinto con lenticolare e quasi fiamminga attenzione, soffuso di un pulviscolo dorato, brilla nei dettagli e negli ornati in oro grasso a rilievo e nella doratura del taglio delle pagine. Di questo libro e di questo quadro sappiamo tutto, o quasi. Il papa è Giovanni de’ Medici, figlio del Magnifico, dietro al quale stanno i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi; l’autore è Raffaello che lo finì prima del settembre del 1518. È conservato a Firenze, a Palazzo Pitti. Il libro raffigurato è una Bibbia, capolavoro della produzione libraria napoletana realizzato intorno al 1350 per la regina Giovanna I dal più importante miniatore della corte angioina: Cristoforo Orimina

Il volume nel corso dei secoli ha viaggiato l’Europa: prima in Francia (a cui era stato destinato in origine), poi nelle collezioni del duca di Hamilton e infine al Kupferstichkabinett di Berlino che dal duca lo acquistò nel 1884. Della Bibbia di Orimina possiamo sentire il fruscio delle pagine (la pergamena, anche se finemente conciata, ha nello sfogliarla un rumore ben diverso da quello della carta: un rumore croccante e sottile) e anche l’odore perché il «vellum» è un materiale che conserva le tracce aromatiche della sua origine animale, un odore tenero, simile a quello che emana dalla pelle lattea di un neonato e d’altra parte i vellum migliori (vellum uterini) si ricavavano da feti di vitelli estratti dalla pancia della madre prima del parto naturale. 

Raffaello, «Ritratto di papa Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi», 1518

Quante cose può dirci un libro dipinto in un quadro, se solo si abbia voglia di interrogarlo? Per chi li voglia vedere, nei musei di tutto il mondo si può ritrovare una vasta serie di quadri, di tutte le epoche, dove pittori delle più disparate scuole hanno dipinto libri poiché, fin da quando esistono, essi sono stati rappresentati nei quadri e negli affreschi, sia sacri che profani. I libri veicolano significati profondi, simbolici o metaforici e rimandano di conseguenza a una connotazione sociale e culturale precisa del personaggio che con essi viene effigiato. In epoche di generale analfabetismo i libri erano oggetti preziosi, privilegiati, costosi. Nei quadri o affreschi e mosaici di carattere sacro il libro è solitamente quello sacro per eccellenza, e la sua presenza simboleggia il divino e la parola di Dio che il libro custodisce e diffonde. Nelle Annunciazioni la Vergine ha quasi sempre in mano un libro o lo sta leggendo, ovviamente è un libro sacro e se è aperto significa che essa è già stata fecondata dallo Spirito Santo, se chiuso invece allude alla sua verginità.

Molti santi sono circondati da libri e san Gerolamo, Dottore della Chiesa, più di tutti gli altri. Come dimenticare il quadro di Colantonio (Napoli, Capodimonte) che lo rappresenta in un ambiente pieno del vitale disordine proprio di uno studioso con testi accumulati alla rinfusa fra scartafacci di appunti? Ma a Capodimonte c’è anche un altro quadro che delinea il ritratto di Giulio Clovio dipinto da El Greco (1541-1614) intorno al 1571. Giulio Clovio, uno degli ultimi miniaturisti, meraviglioso autore di pagine istoriate (ricordiamo il Libro d’ore Farnese, che veniva utilizzato nella Cappella Sistina, rubato dai francesi, oggi alla Public Library di New York), fu benevolo protettore del giovane Doménikos Theotokópoulos (El Greco) che per ringraziarlo gli dedicò il bellissimo ritratto in cui Clovio indica proprio il Libro d’ore da lui miniato per il cardinale Alessandro Farnese e in particolare due pagine ben riconoscibili: quella con Dio Creatore e la Sacra Famiglia. El Greco ci ha lasciato così una dichiarazione di intenti molto precisa, che ricorda il suo sodalizio col miniatore umanista il quale ci invita a guardare il suo capolavoro, che tiene in mano, e a considerarne il valore artistico e religioso. 

El Greco, «Ritratto di Giulio Clovio», 1571

Il secolo del Barocco ci riempirà di libri e libroni sorretti o compulsati da evangelisti e santi sprofondati nei loro pensieri come in Caravaggio o da profeti sudicetti come in Ribera. I libri intanto diverranno elementi autonomi presenti in un nuovo genere artistico, la natura morta, spesso associati a concetti di «vanitas» e caducità delle cose frammezzo di teschi e clessidre. Nel Settecento il più grande ebanista europeo, il torinese Pietro Piffetti (1701-77), inserirà libri sotto forma di intarsi in avorio fra cose apparentemente da nulla: penne, carte da gioco, coltellini in trompe-l’œil stupefacenti per maestria tecnica e fantasia artistica. Piffetti ci invita così ad aprirci all’arte sottile del sorprendersi e a quella, ancor più sottile, di una meditazione profonda sulla realtà della vita che esiste solo qui e ora, nell’istante, e che può però palesarsi all’improvviso anche sul ripiano di un cassettone o di una console. 

Non è questa però la sede per raccogliere sequenze di quadri con libri: lo scopo è semplicemente quello di invitare i lettori a osservare un dettaglio iconografico ricorrente e certo non banale. Ma fra i moderni non vogliamo tuttavia non menzionare un pittore oggi dimenticato, che nei suoi quadri ha dipinto decine di bellissimi libri che erano quelli di casa sua, libri di arte soprattutto: Alfredo Serri (1898-1972), musicista di valore e, dal 1947, parte del movimento artistico dei pittori della realtà, colto e sensibile, che dipingeva soprattutto per sé e per i suoi pochi estimatori. La sua natura morta del 1944 nella Collezione Guelpa (Museo Civico di Ivrea) ci presenta un’intera biblioteca di cui ci pare di poter leggere i titoli (e invece è un inganno); altri libri sono aperti su pagine che non leggeremo, tra fogli bianchi che non saranno scritti e calamai che non daranno inchiostro, la lucerna è spenta e non darà luce, e su tutto veglia una Mater dolorosa di Memling. La vita è un raggiro? La realtà illusione? La conoscenza è dolore? Questi pittori di libri sembrerebbero oggi una razza estinta. Stranamente però qualche erede l’hanno lasciato. Viene da lontano il giovane e talentuoso Liu Ye, di Pechino, ossessionato dai libri, che dipinge come se fosse un neofiammingo in versione modernista, a cui la Fondazione Prada ha dedicato una mostra fra 2020 e 2021. Forse i libri si sono organizzati, per difendersi, per mostrarsi e raccontarci ancora infinite storie.

Pietro Piffetti, «Il piano del mobile», 1751

Arabella Cifani, 17 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

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