Per la 15ma edizione de «L’Ospite illustre», iniziativa che dal 2015 Intesa Sanpaolo cura e promuove esponendo nei musei delle Gallerie d’Italia opere di particolare rilievo provenienti da prestigiosi musei italiani e internazionali, dal 26 marzo al 22 giugno nella sede napoletana del sistema museale dell’istituto bancario è esposta la «Dama col liocorno», in prestito dalla Galleria Borghese di Roma.
Il dipinto venne attribuito a Raffaello poco meno di un secolo fa, nel 1927, da Roberto Longhi, ben prima che un restauro invasivo facesse emergere l’originaria iconografia dell’opera. E infatti, è solo dal 1936 che in luogo della ruota dentata, attributo di santa Caterina di Alessandria, è emerso un unicorno in grembo a una dama, la quale, liberata anche da un pesante mantello, ha lasciato affiorare un paesaggio alle sue spalle. Successivamente a quel restauro quasi tutti gli studiosi sono stati concordi sull’attribuzione dell’opera a Raffaello, ma non sempre sono stati d’accordo sulla datazione, benché, in ogni caso, la tavola sia ritenuta opera giovanile dell’Urbinate. Successive indagini radiografiche, condotte in occasione di un ulteriore restauro del 1960, hanno fatto emergere al di sotto dell’unicorno la presenza di un cane, simbolo di fedeltà coniugale. Questa scoperta ha indotto a ritenere che l’opera fosse stata dipinta da Raffaello in occasione del matrimonio del 1504 tra Angelo Doni e Maddalena Strozzi, soggetto ritratto, secondo alcuni studiosi, nella tavola Borghese. Il confronto anche con i due dipinti di Raffaello conservati agli Uffizi, raffiguranti i due coniugi, fa emergere alcune affinità stilistiche che attestano la conoscenza della «Gioconda» di Leonardo, che Raffaello avrebbe visto poco dopo il trasferimento a Firenze alla fine del 1504.
La «Dama col liocorno», databile, pertanto, all’inizio del secondo soggiorno fiorentino, tra la fine del 1504 e l’inizio del 1505, attesta, tuttavia, riferimenti a una fase già avanzata di lavorazione del dipinto di Leonardo, a differenza di alcuni disegni, tra cui quello del Louvre (inv. 3882), certamente più acerbi, ma che risentono comunque dell’influenza della Monna Lisa, probabilmente vista in lavorazione in occasione di un primo soggiorno a Firenze nella seconda metà del 1503. Controversa anche la datazione del disegno conservato al Louvre, indicato da alcuni studiosi come studio preparatorio del dipinto della Galleria Borghese, mentre più di recente è stato proposto come studio a sé stante sulle novità della ritrattistica leonardesca.