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Luana De Micco
Leggi i suoi articoliParigi. La «Venere del Pardo» è tornata nelle sale del Louvre. Dopo più di dieci anni di assenza e un lungo restauro, la bella ninfa addormentata del Tiziano, Antiope, che il dio Giove nelle vesti di un satiro osserva con occhi lubrici, ha preso di nuovo posto nella Salle des États, dove si trovava prima di essere ritirata nel 2001.
Il dipinto è stato riallestito ieri, giorno di chiusura del museo parigino, a pochi metri dalla Gioconda. In tutti questi anni non ha mai lasciato il palazzo del Louvre. È stato auscultato come un paziente molto malato nei laboratori del Centre de recherche et de restauration des musées de France e affidato alle mani delle restauratrici Patricia Vergez e Franziska Hourrière, e poi Isabelle Chochod (che ha sostituito la Hourrière, venuta a mancare lo scorso anno). «Se il restauro è durato tanto è perché sapevano, grazie a documenti di archivio, che il quadro aveva sofferto molto. Abbiamo anche temuto che fosse troppo danneggiato per essere restaurato», ha spiegato Vincent Delieuvin, conservatore al dipartimento delle Pitture del Louvre, a un gruppo di giornalisti riuniti ieri intorno al capolavoro di Tiziano. «Dopo anni di analisi preliminari, nel 2010 è iniziato un progressivo lavoro sulle ridipinture e le lacune. Abbiamo proceduto un po’ alla volta, nel modo più sicuro, per poter arrivare a uno stato antico del quadro, quello del grande restauro del 1829-31. Sapendo, ha aggiunto, che lo stato originale è perduto. Bisogna rassegnarsi al fatto che restauratori precedenti hanno cancellato delle idee di Tiziano, che non bisognava toccare, e questo è irrimediabile. Il nostro lavoro era di rispettare la storia dell’opera, anche dopo la morte di Tiziano».
La «Venere del Pardo» ha avuto una vita intensa. L’artista, che probabilmente cominciò a dipingerla nel 1520, conservandola nel suo laboratorio per una trentina d’anni, non smise mai di ritoccarla. Per venderla a Filippo II di Spagna, nel 1550, la ingrandì, aggiungendo una striscia di tela sul lato sinistro, e modificò alcune scene e personaggi per adeguarla ai gusti del re. Il quadro viaggiò molto per mare, tra Italia, Spagna, Gran Bretagna, e infine Francia, quando, nel 1649, raggiunse le collezioni personali del cardinale Mazzarino (e più tardi quelle reali), ma chissà in che condizioni di trasporto, forse arrotolata, o forse dentro una cassa. Una volta a Parigi subì dunque numerosi restauri, sin dal primo, contestatissimo, del 1688, con pesanti interventi sullo strato pittorico che ne hanno alterato la lettura. Il dipinto è stato rintelato due volte. Ecco perché è così fragile. E perché i visitatori del Louvre, che lo riscoprono a partire da oggi, difficilmente potranno ammirarlo altrove.
Sébastien Allard, direttore del Dipartimento dei Dipinti del Louvre, ci spiega come mai il museo non lo presterà: «Il quadro è di grandi dimensioni, quindi difficile da trasportare, ed è stato rintelato. È già raro che il Louvre presti le opere in queste condizioni. Ma c’è in più che è molto fragile. Il suo stato attuale no, a priori, non gli permetterà di viaggiare». Semmai la «Venere» dovesse essere spostata lo sarà solo di pochi metri, all’interno della stessa sala.
Per una logica dell’allestimento e per darle il massimo rilievo, i conservatori hanno scelto di esporla sulla parete alla destra della Gioconda «all’altezza degli occhi dei visitatori». Ma il dipinto, come del resto tutti gli altri capolavori della Salle des États, rischia a sua volta di subire la concorrenza serrata della Monna Lisa leonardiana, che crea sempre intorno a sé, al centro della sala, una folla di ammiratori venuti da tutto il mondo e che hanno occhi solo per lei. «La questione della Gioconda è un grattacapo al quale non siamo ancora riusciti a trovare una soluzione, ci spiega Allard. Ad un certo punto avevamo anche provato a spostarla nella Grande Galleria, accanto agli altri Leonardo, ma è stato un disastro. La Gioconda ha bisogno di una sala grande e questa per ora è la soluzione migliore. Possiamo sperare che le persone si fermino a guardare anche "La Venere del Pardo". Monitoreremo la situazione per alcune settimane, e se ci rendiamo conto che il posto non le si addice, allora la sposteremo, ma resterà in questa sala, perché questo è il suo posto».
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La Venere del Pardo di Tiziano prima del restauro © C2RMF, Daniel Vigears

La Venere del Pardo di Tiziano dopo il restauro © C2RMF, T. Clot

Sébastien Allard, direttore del Dipartimento dei Dipinti del Louvre, accanto alla «Venere del Pardo» di Tiziano. Foto di Luana De Micco

Particolare della «Venere del Pardo» di Tiziano. Foto di Luana De Micco
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