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Particolare con il cane del «Ritratto di Gian Ludovico Madruzzo» (1551-52) di Giovan Battista Moroni

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Particolare con il cane del «Ritratto di Gian Ludovico Madruzzo» (1551-52) di Giovan Battista Moroni

Moroni ritrattista prediletto dei gentlemen rinascimentali

L’opera completa del pittore bergamasco, celebre per i suoi ritratti, nel volume di Simone Facchinetti che ci spiega perché un artista del ’500 oggi è così moderno e attuale

Umberto Allemandi

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È uscito Giovan Battista Moroni. Opera completa (Officina Libraria, 85 euro), un libro di oltre 500 pagine che include lo studio dei 227 quadri realizzati dal pittore cinquecentesco. Abbiamo intervistato l’autore, che è anche un collaboratore del nostro giornale, Simone Facchinetti.

Dobbiamo pensare che lei si sia occupato di Moroni perché è bergamasco o per quale altra ragione?
Effettivamente abbiamo la fortuna di essere circondati da opere di Moroni. La prima scoperta che ho fatto, ventenne, era stata quella di ritrovare un documento che precisava la sua data di morte.

E dov’era avvenuto questo ritrovamento?
A Gorlago, nel paese della mia famiglia.

Quindi Moroni è morto a Gorlago?
No, però ha lasciato in quel luogo la sua ultima opera incompiuta. È morto mentre la stava dipingendo, tra il 1579 e il 1580. Un «Giudizio Universale» ispirato a quello di Michelangelo nella Cappella Sistina.

Perché secondo lei è così importante Moroni?
Per due motivi essenziali: primo perché la sua opera spiega molto bene l’epoca in cui ha vissuto, ovvero l’età della Controriforma, in particolare tramite la produzione di soggetti sacri. Secondo perché con il ritratto, genere in cui è stato uno dei protagonisti europei, si è ribellato alle convenzioni del tempo. I suoi ritratti, definiti all’epoca «al naturale», non erano in nessun modo apprezzati nei circuiti che contavano. Vasari detestava il ritratto «al naturale», così come Lomazzo. Questa anomalia ha fatto in modo che le sue testimonianze ci arrivassero con una carica ancora inespressa di modernità. Oggi lo apprezziamo alla stregua di un pittore contemporaneo.

Moroni ha avuto una vita difficile? Che rapporti aveva con le committenze del suo tempo? A giudicare dal numero delle opere che ha eseguito sembra che fosse un artista molto affermato.
Direi di sì. Ha avuto una vita molto normale, casa-lavoro, lavoro-casa. Si è formato a Brescia nella bottega di Moretto, ha operato a Trento negli anni del Concilio, all’epoca un palcoscenico internazionale. È lì che ha compiuto i primi passi decisivi nel genere del ritratto, è lì che ha avuto modo di vedere molti esempi con cui confrontarsi, a partire da quelli di Tiziano, solo per decidere che avrebbe imboccato una strada diversa. Ha passato gran parte della sua vita ad Albino, un centro della Valle Seriana. Oggi pensiamo, un po’ schematicamente, che la periferia corrisponda a un luogo chiuso e isolato, da cui non possono arrivare novità. L’opera di Moroni è la dimostrazione dell’esatto contrario. Solo stando lontano da una corte o da un’ambiente che seguiva le mode sempre uguali elaborate nei principali centri artistici ha potuto liberarsi dagli schemi e dalle convenzioni. Ha trovato una sua strada che oggi ci sembra indipendente e originale al tempo stesso.

I maestri di Moroni sono stati determinanti nella formazione del suo stile? Un’opera di Moroni si riconosce immediatamente, verrebbe da pensare che abbia aperto un nuovo percorso.
È sbagliato credere che la terraferma veneta sia stata un territorio omogeneo e uniforme e che consuonasse all’unisono con Venezia, il capoluogo della Serenissima. Oggi sappiamo che sono esistite delle scuole locali molto lontane, non solo geograficamente, dal centro. Una era quella bresciana, l’altra quella bergamasca. Lotto e Moretto avevano introdotto delle nuove prospettive, un modo diverso di descrivere la realtà. Questo è un aspetto che certamente Moroni ha ereditato. Lotto e Moretto sono stati due ritrattisti ma soprattutto dei grandi pittori di storia. Moroni ha invertito i termini ed è diventato in prima battuta un ritrattista, solo di rimessa un pittore di storia.

E questo spiega anche il suo straordinario successo attuale?
Oggi guardiamo un ritratto del passato per quello che rappresenta: Paolo III, Carlo V, Pietro Bembo ecc. Solo in un secondo momento osserviamo com’è dipinto. I ritratti di Moroni corrispondono a personalità che nessuno conosce. Le dice qualcosa il nome di Vittore Michiel? E quello di Gabriele Albani? Quindi siamo costretti a partire dal suo modo peculiare di dipingere: l’assenza di disegno e di ogni forma di idealizzazione. Moroni ha dipinto dei ritratti documentari, il risultato è che somigliano a fotografie moderne di personaggi vissuti quasi 500 anni fa.

Questo spiega perché c’è una sorta di attrazione nello spettatore contemporaneo che associa le opere di Moroni alla fotografia, un certo suo modo di rappresentare che appare attualissimo. Per noi i personaggi che dipinge sono dei gentlemen del Rinascimento, sono figure maschili eleganti e in pose molto studiate.
Ci sono due elementi che rendono interessante questo ragionamento: il primo ha a che fare con la «serialità». Moroni crea una scenografia di posa spesso uguale, come faranno i grandi fotografi dell’Ottocento. Questo fatto ci rende familiari i fondali. Quando Moroni individua una posa che funziona la ripete, senza variazioni sensibili. L’altro elemento ha a che fare con l’invenzione del ritratto borghese. Quando nasce e si consolida la tradizione del ritratto borghese nel corso dell’Ottocento, prima in pittura e poi in fotografia, paradossalmente torna su dei cliché che somigliano molto agli schemi elaborati da Moroni.

Quanti anni ha impiegato a scrivere questo libro?
Molti. Il primo articolo sull’argomento l’ho pubblicato nel 1996. Di certo non l’avrei portato a termine senza il sostegno della Fondazione Credito Bergamasco che mi ha aiutato durante la ricerca, finanziando anche la pubblicazione. Assieme all’amico Arturo Galansino ho curato due mostre monografiche sul pittore, una alla Royal Academy of Arts di Londra nel 2014 e una alla Frick Collection di New York (con Aimee Ng) nel 2019. Il risultato di quelle ricerche è ovviamente confluito nell’opera completa, il cui regesto è stato curato da Giampietro Tiraboschi.

Lei possiede un Moroni?
Non potendo permettermi una sua opera, ho chiesto all’amico Gianriccardo Piccoli di dipingermene una. È nata una serie davvero notevole, esposta qualche tempo fa all’Accademia Carrara. Sono dei ritratti in nero perfettamente conformi, nelle misure, agli originali. Dipinti su garze trasparenti e con poco colore. Come fantasmi. Tocca all’osservatore completare l’immagine, grazie alla memoria.

Giovan Battista Moroni. Opera completa,
di Simone Facchinetti, 512 pp., 320 ill. col., Officina Libraria, Roma 2021, € 85

Particolare con il cane del «Ritratto di Gian Ludovico Madruzzo» (1551-52) di Giovan Battista Moroni

Simone Facchinetti davanti a un quadro di Giovan Battista Moroni

Giovanni Battista Moroni «Ritratto di Gian Gerolamo Grumelli» (1560 circa) © Fondazione Museo di Palazzo Moroni

Umberto Allemandi, 15 gennaio 2022 | © Riproduzione riservata

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