Il Museo Poldi Pezzoli presenta fino al 26 settembre nella Sala del Collezionista la mostra «Science in Motion: Eadweard Muybridge, Harold Edgerton, Berenice Abbott. Fotografie dalla collezione di Bank of America», un percorso (parte del programma «Bank of America Art in our Communities®») che, attraverso le oltre trenta opere esposte di due maestri e una maestra della fotografia, tutti appassionati sperimentatori, pone l’accento sulle ricerche scientifiche e sui dispositivi realizzati da ognuno di loro per studiare e rappresentare al meglio le manifestazioni della luce e del movimento: scienza dunque, ma anche arte, che si manifesta con evidenza nella qualità estetica dei loro lavori e che ebbe un forte impatto sulle avanguardie artistiche.
Per il Poldi Pezzoli, come suggerisce Alessandra Quarto, direttore del Museo, l’occasione per raggiungere e coinvolgere un nuovo e diverso tipo di pubblico, ma anche un modo per mantenere vivo il gusto del fondatore, Gian Giacomo Poldi Pezzoli (Milano, 1822-1879), personalità attratta di ogni forma di espressione artistica, dal passato al presente. Un presente, il suo, che per parecchi anni coincise con quello del fotografo Eadweard Muybridge (1830-1904), inglese ma notissimo negli Stati Uniti, dove nel 1872 fu chiamato da Leland Stanford (il magnate e politico, fondatore dell’omonima Università californiana) che voleva chiarire il tema di una sua scommessa sull’esatta posizione delle zampe di un cavallo al trotto: Muybridge ci riuscì, prima fissando il movimento in stop motion e poi proiettando in sequenza le immagini con uno strumento di sua invenzione, lo zoopraxiscopio, e ottenendo un gran successo in America come in Europa. Dopo oltre dieci anni di collaborazione, il sodalizio con Leland Stanford s’interruppe bruscamente e Muybridge si trasferì all’Università della Pennsylvania, dove produsse una moltitudine d’immagini, alcune delle quali (pubblicate dall’Università stessa negli 11 volumi di «Animal Locomotion») sono ora in mostra qui.
Non meno geniale era Harold Edgerton (1903-1990), ingegnere elettronico e fotografo statunitense, che nel 1930, al Massachusetts Institute of Technology-Mit, sviluppò lo stroboscopio elettronico con cui realizzò uno stop motion a una velocità mai conseguita prima, con cui creava immagini spettacolari (famosa quella, anche esteticamente magnifica, che «congela» una goccia di latte nell’istante in cui cade in un liquido generando una «corona»).
Ma non fu certo da meno di loro la statunitense Berenice Abbott (1898-1991), assistente di Man Ray negli anni ’20 che, famosa per le immagini documentarie sulla Grande Depressione a New York, fu anche una straordinaria interprete della fotografia dei fenomeni scientifici, tanto che dal 1939 in poi questi diventarono l’oggetto quasi esclusivo del suo lavoro. Abbott, infatti, fu pioniera e maestra nelle «Science Pictures», immagini in cui (anche lei per il Mit) fotografava con esiti di incredibile bellezza esperimenti scientifici sul magnetismo, l’elettricità, gli effetti del movimento sulla materia. Molte le attività per il pubblico, di adulti e bambini.