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Jenny Dogliani
Leggi i suoi articoliArtissima invita quest’anno a concepire un Manuale Operativo per Nave Spaziale Terra, ispirandosi all’omonimo libro di Richard Buckminster Fuller. La fiera chiama la comunità di giovani galleristi e operatori culturali a riflettere sul senso di abitare il nostro pianeta, adottando prospettive inedite, sfidando le consuetudini e abbracciando un futuro di responsabilità collettiva e innovazione.
La parola a Matteo Cantarella, fondatore dell'ononima galleria d'arte a Copenaghen, Danimarca.
In che modo un’opera o un artista hanno fortemente trasformato il vostro modo di abitare il nostro «pianeta-mondo», influenzando il vostro sguardo critico e la vostra azione curatoriale?
Fin dall’inizio, il programma della galleria si è occupato di riflessioni sulla condizione umana e sulle complesse intersezioni tra natura, capitalismo e tecnologia. La mia pratica curatoriale si fonda su due impulsi: da un lato visualizzare quelle interconnessioni che sostengono i sistemi di percezione e di pensiero del nostro ambiente, dall’altro interrogare i circuiti che le mettono in pericolo, siano essi sociali, politici o economici. Trovo che questa prospettiva risuoni nel lavoro di Therese Bülow (DK, 1996), che impiega il concetto di «worlding» per esplorare i legami concettuali e materiali tra materia vivente e costruita. Gli assemblaggi di Bülow destabilizzano le categorie fisse — animato/inanimato, naturale/artificiale — e propongono invece una visione della materia (e del nostro rapporto con essa) in continua evoluzione e perenne divenire. Il suo lavoro risuona profondamente con la nozione di Fuller della «Spaceship Earth», un sistema chiuso di intrecci simpoietici in cui la nostra azione può essere guidata dal riconoscimento dei sottili flussi di cura, tensione e reciprocità tra tutte le forme di vita e di materia. Un’altra artista il cui lavoro ripensa i modi di abitare il nostro «pianeta-mondo» è Vibe Overgaard (DK, 1987), che dirige l’attenzione alle infrastrutture e alle eredità socio-politiche che ci vincolano a circuiti insostenibili di produzione e consumo. Elaborando materiali industriali come cemento, acciaio e ponteggi accostati a media organici quali legno, argilla e fibre, mette in luce tanto le storie del lavoro quanto la fragilità degli ecosistemi implicati nel capitalismo globale. Il suo uso del filo come circuito metaforico e materiale richiama l’avvertimento di Fuller contro l’esaurimento delle risorse (non solo materiali, ma anche cognitive e sociali), indicando al contempo la possibilità di re-intessere forme di comunità e di responsabilità. L’opera di Overgaard insiste sul fatto che un «uscire» dai paradigmi estrattivi non sia un’utopia lontana, ma debba essere immaginato qui e ora. Therese Bülow e Vibe Overgaard presenteranno un’installazione site-specific di nuove opere nella mostra d’esordio della galleria ad Artissima.
Nella vostra pratica di galleristi, come conciliate l’intuizione e la capacità di affrontare l’imprevisto con le esigenze di pianificazione e il rigore necessari ad affrontare le sfide del nostro tempo?
Per me, intuizione e rigore non sono opposti, ma forze complementari che si sostengono a vicenda. L’intuizione mi permette di restare ricettivo alle risonanze tra il contesto globale, le direzioni indicate dagli artisti e la sensibilità del pubblico. Il rigore assicura che questo possa realizzarsi con attenzione, fornendo la struttura, l’organizzazione e le basi etiche necessarie a presentare il lavoro artistico in modo responsabile. Come gallerista, bilanciare queste forze mi consente di mantenere cura per gli artisti, per il pubblico e per l’integrità dei progetti.
Se poteste trasmettere un’istruzione alle prossime generazioni di artisti e operatori culturali, quale messaggio essenziale, idealmente ispirato al pensiero di Buckminster Fuller, vorreste lasciare per guidarli in questo viaggio collettivo?
Mettete in discussione i sistemi che arrecano danno e riconoscete la vostra stessa agency, per quanto piccola possa sembrare, perché ha peso nel plasmare il nostro futuro condiviso.
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