Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

«Boîte-en-Valise» (da o di Marcel Duchamp o Rrose Sélavy), 1935-41. Valigetta in pelle contenente repliche in miniatura, fotografie, riproduzioni a colori di opere di Duchamp e un disegno «originale» [«Grande vetro», collotipia su celluloide, 19 x 23,5 cm], 40,7 x 38,1 x 10,2 cm, New York, The Museum of Modern Art

© The Museum of Modern Art, New York

Image

«Boîte-en-Valise» (da o di Marcel Duchamp o Rrose Sélavy), 1935-41. Valigetta in pelle contenente repliche in miniatura, fotografie, riproduzioni a colori di opere di Duchamp e un disegno «originale» [«Grande vetro», collotipia su celluloide, 19 x 23,5 cm], 40,7 x 38,1 x 10,2 cm, New York, The Museum of Modern Art

© The Museum of Modern Art, New York

Nel 2026 a New York e a Filadelfia la prima retrospettiva di Duchamp in cinquant’anni

Come nel 1973, MoMA e Philadelphia Museum of Art si alleano per presentare «al pubblico del XXI secolo» l’opera del padre dei ready made. Nel 2027 la grande mostra, con oltre 300 opere, sarà al Grand Palais di Parigi

Daria Berro

Leggi i suoi articoli

Dopo oltre cinquant’anni New York accoglierà una grande retrospettiva su Marcel Duchamp. Organizzata dal Museum of Modern Art di New York, dove debutterà il 16 aprile 2026, e dal Philadelphia Museum of Art (Pma), che la ospiterà in autunno, sarà curata da Ann Temkin e Michelle Kuo del MoMA e da Matthew Affron del Philadelphia Museum. Nella primavera del 2027 la megaretrospettiva, composta da 300 opere, viaggerà a Parigi, coprodotta dal Centre Pompidou e dal Grand Palais, che sarà la sede fisica della mostra (il Pompidou dal prossimo settembre chiuderà per 5 anni per lavori). Stati Uniti e Francia, ovvero le due nazioni di cui Duchamp (1887-1968) era cittadino. Una grande ricognizione sull’artista mancava in America dal 1973, quando sempre il MoMA e il Philadelphia Museum unirono le forze per organizzare «Marcel Duchamp. A Retrospective», curata da Anne d’Harnoncourt e Kynaston McShine, e presentata a New York, Filadelfia e Chicago.

Questa mostra, dichiara il MoMA, «offre al pubblico del XXI secolo la prima occasione di ammirare l'ampiezza della produzione creativa dell’artista». L'esposizione presenterà opere realizzate nel corso dei sei decenni della sua poliedrica carriera, che abbracciano tutti i mezzi espressivi:  pittura, scultura, cinema, fotografia, disegno e stampa. «Più di qualsiasi altro artista moderno, sottolinea Temkin, Duchamp ha sfidato e trasformato la definizione stessa di opera d’arte. Sovente le opere d’arte contemporanea inducono gli spettatori a chiedersi: “Perché questa è arte?”. È praticamente impossibile rispondere a questa domanda senza fare riferimento al lavoro di Duchamp».

«L’influenza di Duchamp, le fa eco Kuo, è incalcolabile. La nostra mostra metterà in primo piano il modo in cui ha ribaltato le opposizioni convenzionali tra mano e macchina, originale e copia, intenzione e caso, materia e idea».

 Il MoMA è stato il primo museo statunitense ad acquisire un’opera di Duchamp, oltre ad averla inclusa in mostre pionieristiche come «Fantastic Art, Dada, Surrealism» (1936) e «The Art of Assemblage» (1961). Il Pma è il più grande depositario della sua opera, in quanto sede della Collezione Louise e Walter Arensberg e di due opere monumentali, «The Large Glass», «Il grande vetro» (1915-23) ed «Étant donnés» (1946-66).  Entrambe le opere saranno visibili solo nella tappa di Filadelfia.

 La retrospettiva illustrerà la radicale evoluzione della carriera dell'artista dal 1900 al 1968, con ogni sala dedicata a una fase distinta del suo lavoro. Organizzata in ordine cronologico, si aprirà con una selezione dei primi disegni e cartoni, nonché dei dipinti presentati alle mostre dei «Salons» francesi, per culminare con il leggendario «Nude Descending a Staircase (No. 2)» (1912), esposto per l'ultima volta al MoMA nel 1973.  L’opera al suo apparire  scandalizzò il pubblico francese, ma lasciò il segno soprattutto negli Stati Uniti, dove, all’Armory Show del 1913 a New York, contribuì al lancio del Modernismo americano.

Un'altra sezione fondamentale della mostra illustrerà l’invenzione del ready-made come forma scultorea, da Duchamp descritta nel 1961 come «l’idea più importante che sia mai emersa dal mio lavoro».  L’artista sviluppò i ready-made in parallelo alla preparazione del monumentale «Il grande vetro» (1915-23), che liberò la pittura come mezzo espressivo dalla tela e dalla parete. La mostra offrirà al pubblico l’occasione unica di vedere l’intera gamma di materiali e approcci utilizzati da Duchamp nella progettazione e nella realizzazione del «Grande vetro». Molti dei ready-made originali sono andati perduti, come lo scandaloso «Fountain» (1917): la mostra radunerà quelli ancora esistenti.

La sezione successiva sarà dedicata alla partecipazione transatlantica di Duchamp al dadaismo newyorkese e parigino negli anni Venti. È qui che sarà allestita una delle immagini più famose del ’900: «L.H.O.O.Q.» (1919), l'irriverente ((sciogliendo l’acronimo, il titolo in francese suona come «Elle a chaud au cul») deturpazione da parte di Duchamp di una riproduzione in formato cartolina della «Gioconda» di Leonardo, attorno al cui sorriso disegnò barba e baffi. Saranno inclusi in questa sezione anche gli  esperimenti con dispositivi ottici motorizzati e film, come il radicale «Anemic Cinema» (1926), nonché le apparizioni e i successi del suo alter ego femminile Rrose Sélavy.

La galleria centrale della mostra ospiterà il «museo portatile» di Duchamp, la «Boîte-en-Valise» (1935-41), per la quale l'artista riprodusse minuziosamente in miniatura il lavoro di tutta la sua vita fino a quel momento. Sarà la più ampia presentazione mai realizzata fino ad oggi; accanto a copie degli anni ’40 e alle edizioni successive saranno esposti materiali preparatori mai esposti prima.

Gli ultimi due decenni della carriera di Duchamp furono segnati dall'ascesa della sua fama internazionale e caratterizzati da mostre di peso, tra cui la sua prima retrospettiva al Pasadena Art Museum nel 1963. In molti casi, queste occasioni presentarono copie di opere d’arte autorizzate da Duchamp. Questo approccio era in linea con il suo fascino per le riproduzioni, che ha caratterizzato tutta la sua carriera, confondendo i confini tra originale e copia, e con le sue opinioni radicali sulla paternità dell'opera d'arte.

 La mostra presenterà una serie di repliche e multipli di ready-made realizzati in collaborazione con Katherine S. Dreier, Sidney Janis, Ulf Linde, Arturo Schwarz e Richard Hamilton. Duchamp continuò a innovare fino alla fine della sua carriera, in particolare con la preparazione durata vent’anni di un’opera in situ per il Philadelphia Museum of Art, «Étant donnés: 1° la chute d'eau, 2° le gaz d'éclairage» (1946-66). In mostra si vedranno gli studi che ispirarono la realizzazione di questa che fu l'ultima opera di Duchamp, installata al Pma un anno dopo la sua morte.

Daria Berro, 19 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

Nel 2026 a New York e a Filadelfia la prima retrospettiva di Duchamp in cinquant’anni | Daria Berro

Nel 2026 a New York e a Filadelfia la prima retrospettiva di Duchamp in cinquant’anni | Daria Berro