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Luana De Micco
Leggi i suoi articoli«Il Centre Pompidou deve conservare la sua originalità. Bisogna valorizzare quello che è già, ovvero un centro d’arte e di cultura pluridisciplinare. È diverso dagli altri musei. Non si deve normalizzare e diventare una sorta di MoMA». Insomma, la forza di Beaubourg è la sua «diversità».
Il 4 marzo Serge Lasvignes ha assunto la presidenza del Centre Pompidou al posto di Alain Seban, che lo occupava dal 2007 (cfr. n. 352, apr. ’15, p. 21). La sua nomina all’epoca aveva sollevato un discreto polverone.
Lasvignes, 61 anni, uomo di lettere, totalmente a digiuno di musei, è stato segretario generale del Governo dal 2006 occupandosi di agende ministeriali e pratiche amministrative. Molti osservatori si sono chiesti come un alto funzionario dello Stato, amante di Chateaubriand, ma senza esperienza nel settore della cultura, potesse dirigere un’istituzione come il Pompidou.
Per la ministra della Cultura, Fleur Pellerin, che lo ha consigliato al presidente Hollande, meglio un buon ammistratore che un esperto d’arte per gestire un’istituzione come il Pompidou che maneggia 130 milioni di euro e accoglie 5,2 milioni di visitatori ogni anno.
Per cinque mesi Lasvignes è rimasto in silenzio. Non ha riunito la stampa, non ha rilasciato interviste. Ha fissato il suo primo incontro con i giornalisti solo il 10 settembre scorso per annunciare il suo piano d’azione. Che cosa ha fatto nel frattempo? «Mi sono dedicato a conoscere l’istituzione e le persone che vi lavorano, ha spiegato. Non si può arrivare dall’esterno con un progetto già pronto. Si può arrivare con delle idee ma il progetto si elabora dall’interno».
Per Lasvignes il Centre Pompidou deve conservare la sua identità di «precursore» ed «esploratore». In primo luogo deve aprirsi alla giovane generazione di artisti. Un nuovo spazio di 400 metri quadrati dedicato alla scena artistica emergente verrà aperto al quarto piano, all’uscita delle collezioni permanenti, incluso nel percorso del museo. Verrà anche lanciata una nuova Biennale d’arte emergente.
La prima edizione di «Cosmopolis», questo il nome che è stato scelto, si terrà nel 2016-17. In secondo luogo, si deve sviluppare l’interdisciplinarietà favorendo la collaborazione tra il Musée d’art moderne, la grande biblioteca e l’Ircam, l’istituto di ricerca sull’innovazione tecnologica e la creazione musicale. «Elaboreremo un progetto culturale comune alle tre istituzioni del Centre Pompidou a partire dalle riflessioni di un gruppo di lavoro che comprenderà anche personalità esterne al Centro».
Questo progetto si applicherà nella concezione delle mostre sull’Arte povera e sulla Beat Generation, in programma per la prossima estate. Il Beaubourg di Lasvignes tornerà a essere un forum: «Voglio che diventi un luogo di incontro e di scambio, ha detto. Che sia in prima linea nei grandi dibattiti socio-culturali attuali. Bisogna anche contestualizzare le esposizioni, dar loro sempre una dimensione critica». Un forum su «Arte e innovazione» potrebbe tenersi nel 2016.
Lasvignes ha anche annunciato una campagna di lavori di ristrutturazione, di cui non si conoscono ancora i tempi esatti e il budget. Del progetto si sta occupando Renzo Piano, uno dei padri del Pompidou con Richard Rogers: «L’identità del Centre Pompidou è anche il suo edificio, che deve saper far fronte alle evoluzioni della modernità», ha osservato Lasvignes. In linea col principio di interdisciplinarietà, l’ingresso della biblioteca, che ora è sul retro, sarà spostato sulla piazza. Verrà ripensata l’accoglienza del pubblico.
La parte più visibile dei lavori sarà la sostituzione della grande scala mobile che sale lungo la facciata. Si sta studiando anche un modo per coinvolgere la piazza, che già accoglie regolarmente delle opere, perché diventi un vero spazio di circolazione delle idee e di mediazione tra interno ed esterno. Non era forse lo stesso Richard Rogers che diceva che il Beaubourg non sarebbe stato «un monumento, ma una festa continua»?
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