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Pacifici drappeggi

Massimiliano Cesari

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In principio era il trompe-l’œil: forte di un magistero tecnico maturato come giovane assistente di Achille Funi, Umberto Mariani (Milano, 1936), negli anni Sessanta e Settanta creava «oggetti ansiosi» (soggetti astratti eseguiti con una tecnica iperrealistica) o creature composite («Il sorriso della signora Ray», «Il guerriero a gambe conserte»), collage pittorici realizzati con virtuosismo illusionistico e non privi di citazioni («Ceci n’est pas un Magritte»).

Poi, dagli anni Ottanta, la piega e il drappeggio, elementi canonici della pittura antica ricorrenti nella produzione di Mariani, prendono corpo tridimensionale, e la pittura monocroma viene stesa su forme modellate in rilievo e realizzate preferibilmente nella malleabile consistenza del piombo. La più matura fase di ricerca dell’artista lombardo è dunque in linea con l’attuale riscoperta della pittura aniconica monocroma, da Manzoni a Castellani, da Bonalumi a Scheggi.

L’antologica «Umberto Mariani. Plutone e Dioniso», allestita sino al primo novembre al Museo della Pittura Murale, è accompagnata da un catalogo (Allemandi) introdotto da un testo di Marco Meneguzzo e corredato da una serie di celebri aforismi pacifisti: la mostra è infatti dedicata a Dag Hammarskjöld, diplomatico ed economista (nonché segretario per le Nazioni Unite), Premio Nobel per la Pace nel 1961.

Massimiliano Cesari, 23 settembre 2015 | © Riproduzione riservata

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Pacifici drappeggi | Massimiliano Cesari

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