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Mariella Rossi
Leggi i suoi articoliGiovanni Puglisi è il nuovo presidente della Fondazione Sicilia Unesco
Già presidente della Commissione nazionale italiana per l’Unesco, nato a Caltanissetta nel 1945, rettore dell’Università degli Studi Enna «Kore» e presidente emerito della Fondazione Sicilia, Giovanni Puglisi è stato recentemente nominato presidente della Fondazione Sicilia Unesco. Con lui abbiamo parlato del ricco patrimonio artistico e culturale dell’isola.
Che cosa significa per Palermo il riconoscimento dell’itinerario arabo-normanno come patrimonio Unesco?
È un punto importante per il riconoscimento del patrimonio culturale e storico-artistico dell’intera isola. Per quanto riguarda in particolare Palermo, mette in evidenza la sinossi culturale della città, la sua capacità di assorbire le culture che da sempre l’hanno attraversata, sedimentandosi e mai annullandosi l’una con l’altra.
Che cosa contraddistingue la Sicilia dal resto dei territori con siti Unesco?
La lista del patrimonio Unesco, iniziata nel 1972, non è finalizzata a distinguere ma ad accomunare sotto l’egida Unesco il bello del mondo. La cosa da sottolineare in questo specifico caso però è la singolarità della concentrazione in un’isola di una ricchezza culturale così ampia e forte, in grado da sola di testimoniare la centralità della Sicilia nel Mediterraneo nel corso dei millenni, dimostrando come sia stata sempre fondamentale per le diverse culture, per gli incroci di tradizioni e religioni, ma anche come luogo di strategie politiche e militari. Mentre altre realtà sono monoculturali, la Sicilia è multiculturale.
Non solo beni materiali, ma anche beni immateriali della Sicilia sono patrimonio Unesco.
L’Unesco ha riconosciuto il valore dell’Opera dei pupi siciliani ben prima che si stilasse la lista dei patrimoni immateriali (nata dopo quella dei patrimoni storico artistici). L’Opera dei pupi è stata identificata come icona del teatro di figura, rappresentando addirittura il teatro di figura giapponese e coreano.
Qual è l’eredità più importante della sua esperienza a capo della Commissione nazionale italiana per l’Unesco?
Durante questa esperienza ho potuto assistere a un’evoluzione e a un arricchimento costanti e progressivi della coscienza popolare diffusa in Italia verso i beni culturali e della comprensione di che cosa significhi avere un bene patrimonio Unesco. Quando ho cominciato nel 1995 a occuparmi dell’Unesco in Italia avevamo una presenza molto diradata dell’Unesco tanto nei Siti, quanto nelle coscienze delle autorità e nel sentimento collettivo. In vent’anni questa coscienza è cresciuta moltissimo e l’Unesco ha contribuito in qualità di volano sempre più forte. Questo è merito di una politica culturale del nostro Paese sempre più incisiva e di una sempre maggiore conoscenza dell’Unesco come struttura per veicolare e salvaguardare valori universali di pace, bellezza, educazione, cultura e utilizzazione pacifica della ricerca scientifica. Questa è la mia esperienza: quando si vuole, è possibile far crescere la coscienza popolare verso una direzione.
Quali azioni sono necessarie per valorizzare i Siti Unesco e la cultura della Sicilia?
Credo che la cosa principale da fare in Sicilia (e in Italia in generale) sia di porre il tema della valorizzazione dei beni culturali e quindi (come sua derivazione) il tema del turismo culturale al centro delle strategie politiche ed economiche del governo regionale. Se la Sicilia riuscisse a rendere fruibili con grande facilità e accessibilità i suoi beni culturali, artistici e naturali potrebbe davvero fare del turismo il volano dell’economia dell’isola. Questo non significa solo battersi il petto con orgoglio per la cultura e la bellezza presenti, ma spostare l’asta della governabilità e quindi gli investimenti verso tutto ciò che è fondamentale per valorizzare il patrimonio culturale. Significa investire in una politica per le infrastrutture della mobilità, per l’estensione e la manutenzione delle strade e dei percorsi ferroviari (basta pensare com’è difficile oggi raggiungere Piazza Armerina per visitare la Villa del Casale). Significa investire sulle infrastrutture dell’ospitalità, sugli alberghi, sugli ostelli e sulla formazione nel settore dell’accoglienza. Quando l’Unesco iscrive un bene nella sua lista lo fa perché sia fruibile da tutta l’umanità. Questo vale per tutto il patrimonio: per essere patrimonio dell’umanità, ossia fruibile da tutti, non è necessario essere iscritti nella lista Unesco.
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