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Alma Allen

Credits Ana Hop. Courtesy American Arts Conservancy.

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Alma Allen

Credits Ana Hop. Courtesy American Arts Conservancy.

Pensare più alla «superficie» che al presente. Chi è Alma Allen, ill controverso artista del Padiglione USA

Cresciuto nello Utah, Alma Allen è lo scultore autodidatta scelto per rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia 2026: dalla sua pratica autonoma emerge un’arte che trasforma la materia

Nicoletta Biglietti

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Lui e il marmo hanno una cosa in comune: resistono. Restano identici anche quando tutti chiedono sviluppo. Alma Allen sostiene di fare la stessa cosa da quando aveva dieci anni, e questa continuità è diventata la sua cifra distintiva. Ha iniziato a creare arte appena in grado di impugnare un coltello o un cacciavite, modellando pietra e legno nel deserto dello Utah, tra canyon, miniere e incisioni rupestri. Oggetti piccoli, immediati, lasciati dietro di sé nella speranza che qualcuno li trovasse e rispondesse. Cresciuto in una famiglia mormone di undici figli, Allen si forma lontano dalle istituzioni accademiche e dalle scuole d’arte. Skateboard, musica hardcore, legno e pietra intagliati nelle ore libere sono i primi strumenti della sua formazione. Nei primi anni ’90, arriva a New York con pochi soldi e una gamba rotta. Installa un tavolo fuori da Jerry’s, a SoHo, e vende le prime sculture da solo. Piccole, immediate, insolite. Sono gli oggetti stessi a farsi notare dai primi collezionisti, tra cui Todd Oldham e Ted Muehling, che acquistano, incoraggiano e gli aprono una porta nel mercato dell’arte. Questi primi contatti cambiano la sua traiettoria: gli permettono farsi conoscere da gallerie e collezionisti, dando avvio a una carriera che, pur indipendente, comincia a ottenere visibilità.

All’inizio degli anni Duemila, Allen si trasferisce a Los Angeles. Roman Alonso, cofondatore dello studio di design Commune, riconosce le opere che aveva visto anni prima a SoHo e gli commissiona la realizzazione di panchine per un ristorante, presentandolo a collezionisti come Mark Fletcher. Fletcher ricorda quel primo incontro come qualcosa di magico: un’estetica western, priva di ironia, genuina. Le prime vendite permettono ad Allen di acquistare un robot capace di ingrandire modelli scolpiti a mano, essenziale per lavorare  enormi blocchi di marmo di Cadice e radiche di legno da centinaia di chili senza compromettere la sua firma formale –  avendo anche iniziato a sviluppare atrofia muscolare e fratture ossee riportate dopo un incidente in bicicletta in cui era quasi morto. Nel 2014 viene selezionato per la Whitney Biennial, attirando l’attenzione di critici e collezionisti. L’anno successivo espone alla Blum & Poe di Los Angeles. La prima grande personale a New York arriva nel 2020 alla galleria Kasmin. E per lui è l'inizio di un ritorno. Nel 2018 Allen e la moglie Su Wu si trasferiscono da Joshua Tree a Città del Messico. Acquistano un edificio di 550 metri quadrati a Roma Norte. Qui Allen consolida la sua pratica. Il suo studio, a un’ora a sud di Tepotzlán, diventa il luogo in cui sperimentare nuovi materiali difficili da reperire negli Stati Uniti, come onice pesca, cantera verde pallido e ossidiana in neri scintillanti. Le opere restano riconoscibili, e sorprendono per colori, striature e dimensioni. Ma l’infanzia isolata rimane visibile nel suo «modo di stare al mondo».

Installation view della mostra di Alma Allen nel giardino delle sculture della Kasmin gallery. Credits: Christopher Stach.

La moglie Su, in un’intervista su «Artnet», lo descrive come «timido e discreto, concentrato più sul lavoro che sulla rappresentazione di sé». Nel 2023 presenta la sua mostra «Nunca Solo» al Museo Anahuacalli di Città del Messico. In quell’occasione conferma ciò che da anni caratterizza il suo lavoro: autonomia totale, assenza di adesione a correnti ufficiali, controllo diretto della materia e delle forme. Pietra, legno, bronzo: materiali scelti, raccolti e trattati con un’intensità che trasforma le superfici in racconti silenziosi. Nel 2024, la sua personale alla Kasmin Gallery di New York include per la prima volta anche dipinti a olio, mentre nel 2025 le sculture monumentali in bronzo e onice vengono esposte lungo Park Avenue, in un’installazione pubblica su otto siti che coprono circa venti isolati. L sua produzione raggiunge così dimensioni e visibilità.

Proprio in questo contesto, Allen viene selezionato per rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia 2026. La nomina, arrivata a sorpresa nel novembre 2025, segue un processo segnato da caos burocratico, ritardi e rivelazioni politiche – dopo il «ritiro» della precedente selezione di Robert Lazzarini con il curatore John Ravenal. Il padiglione USA, in definitiva, sarà curato da Jeffrey Uslip e commissionato dall’American Arts Conservancy (AAC) – una nuova organizzazione no-profit fondata nel settembre 2025 da Jenni Parido, con il mandato di «promuovere l’arte americana attraverso la diplomazia, l’educazione e la valorizzazione del patrimonio culturale». Intitolato «Call Me the Breeze», presenterà circa 30 opere, comprese alcune site-responsive, mettendo in risalto la trasformazione alchemica della materia e il concetto di elevazione, sia come manifestazione fisica sia come simbolo di ottimismo collettivo e autorealizzazione. Allen coprirà personalmente i costi di alcune opere nuove, mentre AAC si occuperà di spedizione e trasporto – in un contesto in cui alcune gallerie che lo sostenevano lo hanno escluso dai propri elenchi. Secondo «Hyperallergic» e «ArtNews», la scelta di Allen come Artista per rappresentare gli Usa, riflette la volontà di privilegiare opere esteticamente non provocatorie e allineate alle linee guida della selezione statunitense, piuttosto che incoraggiare riflessioni critiche su questioni interne. La carriera e la poetica di Allen si intrecciano così con la complessità della diplomazia culturale americana contemporanea: indipendenza, rifiuto delle convenzioni e centralità della materia fanno del padiglione USA un esempio in cui la selezione di un artista diventa segnale politico, estetico e istituzionale. In un contesto internazionale in cui altri padiglioni affrontano eredità storiche e narrative politiche, il padiglione americano punta sulla «trasformazione della materia e l’ottimismo formale», incarnando la poetica di un artista fedele alla traiettoria iniziata nel deserto dello Utah e consolidata attraverso trent’anni di lavoro in autonomia assoluta.

Alma Allen nel suo studio di scultura. Credits Diego Flores. Courtesy dell'artista e di Kasmin gallery.

Nicoletta Biglietti, 27 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

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