Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Image

La torinese Artissima, dal 31 ottobre al 2 novembre, ha chiuso in un clima di fiducia fungendo da banco di prova per la nuova aliquota Iva al 5% sulle opere d’arte

© Perottino-Piva-Castellano-Peirone

Image

La torinese Artissima, dal 31 ottobre al 2 novembre, ha chiuso in un clima di fiducia fungendo da banco di prova per la nuova aliquota Iva al 5% sulle opere d’arte

© Perottino-Piva-Castellano-Peirone

Per il mondo dell’arte il 2026 sarà l’anno delle riforme

Il presidente della Commissione Cultura della Camera Federico Mollicone racconta in esclusiva le novità previste dalla legge quadro «Italia in scena». E dopo l’abbassamento dell’Iva lancia il passaporto digitale

«L’abbassamento dell’Iva al 5% ha già rimesso in marcia l’Italia dell’arte». Parola di Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura della Camera, tra i maggiori sostenitori del provvedimento che ha consentito una drastica riduzione dell’aliquota portandola al livello più basso in Europa. Il processo di sburocratizzazione tuttavia è appena iniziato e, in quest’intervista a «Il Giornale dell’Arte», Mollicone illustra alcuni provvedimenti di «Italia in scena», la legge quadro che attende solo l’ok del Senato per diventare operativa. Sono molti gli aspetti che vanno nella direzione di una maggior efficienza liberando il sistema dal fardello della burocrazia e dai tanti lacci e lacciuoli che per decenni lo hanno soffocato. Non ci sarà più bisogno di carte bollate o di autorizzazioni per spostare i beni notificati all’interno del territorio nazionale, il certificato d’esportazione dovrà arrivare inderogabilmente entro 90 giorni e la soglia di valore è passata a 50mila euro. Fattori importanti per descrivere la transizione del sistema sapendo bene che ci sono ancora molti ostacoli sulla strada delle riforme, compresa la necessità di modificare con urgenza la legge sulla notifica. Anche il rapporto pubblico-privato per il rilancio dei musei andrebbe ridefinito, così come il ruolo stesso delle istituzioni pubbliche. Ma l’immobilismo si è finalmente sbloccato e il mercato dell’arte non è più lo «sterco del diavolo», bensì parte integrante di un processo virtuoso che merita rispetto e produce ricchezza. Il dado è tratto e tra i provvedimenti che potrebbero incidere sull’intera filiera c’è anche il passaporto digitale. Un’utopia? Forse sì, ma lo era anche l’Iva al 5%.      

Quali sono stati i primi segnali del mercato rispetto all’abbassamento dell’Iva al 5% sull’acquisto delle opere d’arte? 
Estremamente positivi. L’Italia, con l’Iva più bassa d’Europa, si è rimessa in marcia grazie a un provvedimento che la categoria aspettava da oltre trent’anni. Gli esiti sono stati immediati e i risultati si potrebbero paragonare alla legge sulla pirateria digitale che ha visto diminuire drasticamente il numero degli atti di pirateria. Abbiamo assistito a un’inversione di tendenza rispetto a chi considerava l’Italia un Paese ostile e molte gallerie hanno deciso di aprire una nuova sede nel nostro Paese. Anche i collezionisti possono muoversi con maggior serenità potendo contare su uno sconto del 17% rispetto a qualche mese fa nell’ambito di un sistema virtuoso che favorisce i giovani artisti e gli operatori dell’ultima generazione. Questo provvedimento poi consentirà di rendere il sistema più trasparente con benefici anche per le finanze dello Stato ed è mia intenzione divulgare anche all’estero le opportunità previste dall’abbassamento dell’Iva attraverso una campagna di sensibilizzazione che coinvolga gli Istituti italiani di Cultura all’estero. L’Italia insomma è tornata a essere competitiva. 

Che cosa avviene invece quando una galleria applica il regime del margine pagando l’Iva sulla differenza tra il prezzo di carico e quello di vendita?
C’è stata inizialmente un po’ di confusione sull’interpretazione della norma ma ora è tutto chiaro: anche in questo caso si paga un’aliquota del 5%. Questo significa ad esempio che su un dipinto di de Chirico acquistato dal venditore a 300mila euro e riproposto sul mercato a 330mila, si applica il 5% su 30mila anziché il 22%, con un risparmio di 5mila euro.

Rispetto agli scambi a livello mondiale, quelli che avvengono in Italia sono meno del 2%, mentre in Francia sono il 7% con Parigi che è diventato il nuovo hub del mercato europeo anche per gli artisti di casa nostra, e con le case d’asta che propongono le opere di maggior pregio nella Ville Lumière lasciando il Bel Paese al suo destino, come ha fatto Christie’s. Accanto all’Iva, quali sono gli altri provvedimenti necessari per far ripartire il Made in Italy?
Abbiamo mosso la leva arrugginita della burocrazia che, per una fraintesa visione vincolista, ha bloccato per troppo tempo lo sviluppo del mercato italiano. Insieme all’Iva, è iniziato un processo di sburocratizzazione che è andato a confluire nel circuito «Italia in scena», la legge quadro approvata dalla Camera il 21 ottobre scorso con il sostanziale consenso di tutto il Parlamento, comprese le opposizioni che si sono astenute sugli emendamenti, e che entrerà in vigore nella primavera prossima dopo il passaggio al Senato. Si tratta di un testo in sei articoli basato su tre aspetti fondamentali: l’anagrafe digitale indirizzata ai beni immobili che appartengono allo Stato, compresi quelli gestiti da privati, il finanziamento degli spettacoli dal vivo nei musei così come nei luoghi archeologici e una serie di riforme e semplificazioni a favore del mercato dell’arte e della libera circolazione.

Parliamo di questo ultimo punto.
Sono molti gli aspetti su cui siamo intervenuti. Tra questi abbiamo eliminato la necessità dell’autorizzazione da parte della Sovrintendenza per lo spostamento di un bene notificato di proprietà privata all’interno del territorio nazionale, abbiamo equiparato la validità dell’autocertificazione a quella degli attestati di libera circolazione passando da sei mesi a cinque anni. Inoltre, abbiamo modificato l’idea di uno Stato oppressivo e prevaricatore. Così, se l’attestato di libera circolazione non dovesse venire accettato dalla Sovrintendenza, c’è la possibilità di ritirarlo prima che venga emanato il provvedimento di notifica. Un altro elemento determinante è il fatto di dare un tempo certo alla licenza d’esportazione che non deve superare i 90 giorni evitando lungaggini insopportabili che disincentivano gli investitori. Nello stesso tempo, è stata applicata anche una norma secondo cui l’attestato di circolazione non può in ogni caso essere negato a opere di autori stranieri qualora non sia accertata la specifica attinenza delle stesse alla storia della cultura italiana. 

Ma qual è la soglia di valore per ottenere l’attestato di libera circolazione? 
L’abbiamo aumentata da 13.500 a 50mila euro, un primo passo verso una riforma più ampia. Il mio obiettivo è quello di giungere a 350mila euro superando la Francia che ha un limite di 300mila euro. Troveremo presto una soluzione adeguata.

La Francia è per lei quasi un’ossessione: non solo ha voluto intervenire sull’Iva con lo 0,5% in meno rispetto all’aliquota transalpina, ma ora vuole nuovamente superare Macron sull’attestato di libera circolazione.
Certo, ho grande ammirazione per la Francia, ma è il nostro competitor più diretto.

Allora perché non imitiamo la Francia sul fronte dei finanziamenti ai musei e degli incentivi all’arte contemporanea? Se la cultura è il vero «soft power» del sistema italiano, come lei afferma, non sarebbe il caso d’incrementare i budget alle nostre istituzioni pubbliche? Purtroppo i musei italiani non solo non hanno fondi per gli acquisti, ma spesso faticano a gestire l’attività ordinaria.
È necessario creare un partenariato più forte tra pubblico e privato rendendolo strutturale. Il pubblico deve mantenere salda la componente scientifica, mentre il privato può partecipare alle spese potendo contare sullo sfruttamento economico di mostre ed eventi. Non bisogna poi dimenticare che Italia in scena metterà a regime 4,5 milioni di euro all’anno per la valorizzazione dei beni culturali.

Non prevede dunque un aumento dei fondi destinati ai musei pubblici.
Nella fase attuale non è questa la linea da seguire soprattutto sino a quando non saranno colmati i buchi finanziari del superbonus. 

La notifica rimane ancora oggi una spada di Damocle per il sistema Italia. Attualmente è ancora in vigore una norma che risale al 1939 e la riforma Franceschini di creare una zona cuscinetto tra cinquanta e settant’anni non ha avuto i risultati sperati. Quali sono gli interventi previsti dal Governo in questa materia?
Come le ho detto, sono molti gli aspetti che vanno incontro ai collezionisti con la semplificazione e l’efficienza di un sistema troppo farraginoso. Il mio parere sarebbe quello di superare i cinquant’anni attraverso una legge che porti stabilmente il vincolo a settant’anni. La notifica tuttavia è destinata a essere superata dal passaporto digitale.

Di che cosa si tratta?
La mia proposta è quella di fornire alle opere d’arte un passaporto che contenga tutti gli elementi essenziali all’identificazione, quali la tracciabilità, l’autenticità e la provenienza assicurando la libera circolazione in Europa. Un documento inviolabile (lo si potrebbe realizzare attraverso la blockchain) a garanzia di compratori e venditori destinato a rivoluzionare le metodologie di archivi e fondazioni.

Il suo progetto, che contiene di fatto anche l’ipotesi di una notifica europea, è un’utopia o è destinato a concretizzarsi?
Ci stiamo lavorando e potrebbe diventare legge entro il 2027, anno di fine legislatura.

Alberto Fiz, 23 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

Insieme a Klimt, le aste di Sotheby’s e Christie’s premiano i maestri con prezzi blindati e garantiti. Exploit per Van Gogh e Frida Kahlo, ora la più cara tra le donne. Il contemporaneo fattura solo il 15% del totale con il wc di Cattelan che fa venire il mal di pancia

La rubrica di «Il Giornale dell’Arte» che stabilisce i momenti cruciali delle tendenze economiche dei principali artisti presenti sul mercato italiano: il maestro della Metafisica s’impenna nell’ultimo triennio, mentre Burri dal 2016 ha perso terreno. Sul fronte della figurazione Guttuso si acquista a prezzi di saldo

Mentre i talenti emergenti appaiono sin troppo ondivaghi e il supercontemporaneo è già in briciole, le certezze arrivano dall’altra metà delle avanguardie, come dimostrato nel 2022 dalla Biennale veneziana di Cecilia Alemani, con l’80% delle presenze al femminile

Il punto sul mercato • Il movimento di Marinetti ha perso smalto e dovrebbe essere rilanciato partendo dalla liberalizzazione del mercato e da un maggiore rigore espositivo. Datazioni incerte e attribuzioni dubbie scoraggiano gli investitori. Tutto questo mentre Magritte e compagni volano

Per il mondo dell’arte il 2026 sarà l’anno delle riforme | Alberto Fiz

Per il mondo dell’arte il 2026 sarà l’anno delle riforme | Alberto Fiz