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Rica Cerbarano e Chiara Massimello

Foto © Vanessa Vettorello

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Rica Cerbarano e Chiara Massimello

Foto © Vanessa Vettorello

Per quest’anno eliminiamo il carino

Troppo spesso la fotografia non crede abbastanza nel suo ruolo, spendendosi in «cose» facili, estetiche e «carine» che sminuiscono la potenza e quella capacità di espansione illimitata propria del mezzo fotografico. E Instagram e i social non aiutano a cercare la profondità di pensiero

Rica Cerbarano e Chiara Massimello

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Si è da poco conclusa al LaM di Lille «La photographie au commencement», una mostra dedicata alle fotografie di Anselm Kiefer e al ruolo che hanno nel suo lavoro. In chiusura dell’esposizione, sul muro, una frase cita «il confine tra fotografia, pittura e scultura si è dissolto. Il campo della creazione si apre quindi in modo illimitato». Kiefer, tra i più grandi artisti viventi, a 78 anni, all’apice della sua fama di pittore e scultore, decide di allestire una mostra di fotografie dichiarando di pensare per immagini e di utilizzarle sempre come fonte di ispirazione per le sue opere. Il pensiero letterario e filosofico, tanto importante per l’artista tedesco, trova espressione nella forza delle fotografie che egli stesso scatta e che diventano uno strumento metodologico etico e consapevole a cui si affida con criterio. Eppure a noi sembra di constatare che troppo spesso la stessa fotografia, e con lei i fotografi, non creda abbastanza nel suo ruolo, spendendosi in «cose» facili, estetiche e «carine» che sminuiscono la potenza e quella capacità di espansione illimitata propria del mezzo fotografico.

Accanto alla fotografia di ricerca, alle nuove sperimentazioni legate all’Intelligenza Artificiale, al reportage e alle tematiche sull’ambiente, o specificamente connesse alle questioni sociali e di genere (Esg e Lgbtqia+), al fianco cioè di una fotografia super intellettuale, che sembra interessare solo gli addetti ai lavori (spesso sotto i quarant’anni), si avverte come un vuoto che finisce in una fotografia estetica ed estetizzante, ammiccante, colorata e decorativa.

Girando per gli stand delle fiere, non ultima Arte Fiera a Bologna, che pure dedicava una sezione importante alle gallerie di fotografia, viene in mente un articolo di Guido Vitiello intitolato «La dittatura del carino» («Corriere della Sera», 20 gennaio 2013) in cui il giornalista scriveva: «Il carino, l’interessante e il bizzarro sono la moneta corrente spesa nelle conversazioni, nei giudizi informali… ma anche il puntello delle recensioni e della critica d’occasione, che ha sempre bisogno di un carnet di aggettivi-tappabuchi. Hanno spodestato silenziosamente il bello e il sublime… Il carino è letale».

La domanda che ci perseguita è: se la fotografia ha veramente un ruolo importante nella rappresentazione del mondo a lei contemporaneo e nella descrizione della società che le muta intorno, i fotografi non dovrebbero sentirsi investiti di questa responsabilità, almeno in parte? Forse alcuni artisti si stanno adagiando su un modo di fare fotografia che segue la moda del momento e le richieste del mercato senza prendersi nessun rischio.

Non stupisce allora che accanto a paesaggi e ritratti «carini» e tristemente banali, si riscoprano oggi la fotografia concettuale degli anni ’70, le ricerche politiche e le denunce di artisti e artiste ingiustamente dimenticati per molti anni. Con un allestimento che rimarrà visitabile fino al 2025, il MoMA dedica un’intera galleria alla riscoperta di autori come Lew Thomas, Hal Fischer, Donna Lee-Phillips, nomi che hanno plasmato le riflessioni sulla fotografia negli anni ’70. Protagonista «non ufficiale» di Paris Photo 2023 è stato l’artista americano Robert Cumming (pittore, scultore, fotografo, incisore e performer) con due mostre, un libro e un documentario freschi d’uscita.

Se guardiamo al lavoro di «grandi pensatori» come Alfredo Jaar o Barbara Kruger constatiamo che i due elementi, etica ed estetica, possono coesistere perfettamente insieme (anzi, devono), risultando così in progetti artistici che generano davvero un impatto nella società e che parlano al pubblico in maniera diretta, quasi viscerale. Osservando invece il mondo della fotografia contemporanea, viene il dubbio che alla base ci sia una sottostima della capacità intellettuale del pubblico, abbinata alla volontà di certi curatori di raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo.

Quello di allestire (troppe) mostre di autori «di cassetta», che attirano visitatori e vendono migliaia di biglietti, è un fenomeno assolutamente comprensibile e globalizzato, ma perché in così tante esposizioni (soprattutto in Italia) si vedono ristampe mediocri di un grande artista senza alcun confronto critico, una vera curatela né un pensiero che le anima? Non stupisce allora che nella retrospettiva «Brassaï. L’occhio di Parigi», a Milano (Palazzo Reale, fino al 2 giugno), si senta la necessità di dichiarare esplicitamente che la mostra, curata dall’Estate del fotografo e da Philippe Ribeyrolles, il nipote, sia composta da 200 fotografie vintage, come se fosse (ed effettivamente lo è) una rarità. 

Lo scorso anno, per tre mesi, il Musée Picasso di Parigi ha deciso di svuotare completamente la sua (prestigiosissima) sede per allestire una mostra coinvolgente ed emozionante di Sophie Calle. Il sito del museo ammoniva: «La stima di tempo richiesta per la mostra è di circa 3 ore e per una miglior fruizione potrebbe essere meglio dividere la visita in due o più volte». E non si sbagliavano. A volte, nell’arte, è necessario un tempo di comprensione, di riflessione e rielaborazione.

Certo anche Instagram e il mondo dei social non aiutano a creare una profondità di pensiero dietro le immagini, spingendo spesso gli artisti a creare opere gradevoli, immediate ed esteticamente ammiccanti, facili da vendere, ma probabilmente destinate a non a lasciare un segno nella storia. 

Se dobbiamo riflettere sull’anno passato e darci una speranza per l’anno in corso, votiamo per l’abolizione del carino, per un po’ più di rigore nella curatela e per una maggior consapevolezza dei fotografi del loro lavoro. Chissà che non ci sia qualche coraggioso, qui all’ascolto. 

Rica Cerbarano e Chiara Massimello, 07 maggio 2024 | © Riproduzione riservata

Per quest’anno eliminiamo il carino | Rica Cerbarano e Chiara Massimello

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