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Il Palazzo della Civiltà Italiana all’Eur, Roma. In ombra il fronte del Palazzo su piazza della Civiltà del Lavoro, in luce il fianco sinistro su viale Pasteur

Foto di Blackcat tratta da Wikipedia, CC BY-SA 3.0

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Il Palazzo della Civiltà Italiana all’Eur, Roma. In ombra il fronte del Palazzo su piazza della Civiltà del Lavoro, in luce il fianco sinistro su viale Pasteur

Foto di Blackcat tratta da Wikipedia, CC BY-SA 3.0

Per settantacinque anni ci si rifugiò in Roma antica

In Italia, dal Risorgimento alla fine della Seconda guerra mondiale, architettura e urbanistica della civiltà romana sono state punto di riferimento per individuare un passato di rilievo a cui ricollegarsi 

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Giuseppe M. Della Fina

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L’utilizzo ideologico del passato è al centro del libro scritto da Alessandro Sebastiani: l’attenzione è incentrata su una città, Roma, e sui decenni che dal 1870 giunsero sino al termine della Seconda guerra mondiale.
Decenni importanti nella storia italiana segnati dalla necessità di unire culturalmente un Paese dopo la sua riunificazione politica, da due guerre mondiali e dal fascismo. Fasi storiche diverse, ma con la stessa necessità d’individuare un passato di rilievo a cui ricollegarsi seppure con motivazioni e in forme differenti

Quel passato venne riconosciuto nella civiltà romana, nella sua capacità di unificare prima la Penisola e poi di esercitare una leadership nel Mediterraneo e in Europa. Il teatro privilegiato di tale riacquisizione ideale fu Roma stessa, in cui si arrivò a cancellare, nei decenni esaminati, palazzi, chiese, abitazioni di epoche diverse come quella medievale e presenze significative della stessa Roma repubblicana e imperiale, ma ritenute «minori» e non in grado di offrire testimonianza della grandezza passata. Sebastiani osserva correttamente come l’attenzione si concentrò su monumenti e spazi ritenuti particolarmente significativi: l’Ara Pacis Augustae, il Mausoleo di Augusto, il Colosseo e i Fori Imperiali. Essi divennero veri luoghi d’identità ideologica per una città e per una nazione. 

Va sottolineato che gli interventi furono portati avanti da archeologi, urbanisti e architetti, in alcuni casi in accordo tra loro, in altri in disaccordo, ma sempre sotto lo sguardo interessato della politica sia a livello comunale che governativo. Né si possono dimenticare le vere e proprie speculazioni edilizie.

Uno degli elementi di novità maggiore presente nel libro è la segnalazione di una continuità, seppure in un contesto politico e culturale differente, tra i primi decenni post-risorgimentali e il fascismo: Roma antica continuò a essere il punto di riferimento a cui guardare, con un’accentuazione sulla figura di Augusto e sulla fase imperiale nel periodo fascista. Singoli interventi stessi, ideati nella prima fase, vennero portati a compimento nella seconda. 

Roma antica e l’ideologia nazionale italiana. Trasformazioni di una città dal Risorgimento al fascismo 
di Alessandro Sebastiani, 317 pp.,  58 ill. in bianco/nero, Carocci editore, Roma 2024, € 33

La copertina del volume

Giuseppe M. Della Fina, 10 marzo 2025 | © Riproduzione riservata

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