Giuseppe M. Della Fina
Leggi i suoi articoliDue città possono testimoniare in maniera privilegiata la fase preromana della regione Umbria divisa tra Etruschi e Umbri: Perugia e Orvieto. Non esauriscono la vivacità dell’area dato che diversi altri centri potrebbero essere ricordati, ma riescono a restituirla.
Le origini di Perugia non sono chiare nelle fonti storiche. Servio, un tardo commentatore dell’opera di Virgilio, ricorda due tradizioni: una ne attribuisce la fondazione all’etrusco Auleste, padre o fratello di Ocno, a sua volta ecista di Mantova e di Bologna; l’altra pone in evidenza il ruolo svolto in proposito dalla tribù umbra dei Sarsinati. L’ipotesi etrusca venne sostenuta anche da Appiano e Stefano di Bisanzio, ma nel dibattito scientifico la tesi di una fondazione umbra e di una etruschizzazione avvenuta solo in un secondo momento ha incontrato molto seguito. Luisa Banti arrivò ad affermare, nel 1937, che «i ritrovamenti di questo periodo (VI-V secolo a.C.) non hanno nulla che lasci pensare a una cultura etrusca nell’area perugina». Una tesi sostenibile negli anni Trenta del Novecento e oggi superata a seguito delle scoperte archeologiche, che si sono susseguite da allora.
Restano, comunque, alcuni caratteri particolari nella prima Perugia: l’etruschità sin dai primi passi, va temperata da uno scenario suggestivo proposto di recente da Francesco Roncalli, che ha parlato di «una Perugia città etrusca a statuto speciale» dove la componente umbra pesava culturalmente e linguisticamente. Nei secoli di formazione (IX-VIII secolo a.C.) si osserva infatti una presenza etrusca significativa, già maggioritaria, ma i contatti con l’area umbra, situata sulla sponda opposta del Tevere, devono essere stati intensi e va tutt’altro che esclusa una presenza di «gentes» di tale origine.
Si è accennato alle scoperte degli ultimi decenni, che sono state numerose grazie a un’attenta opera di tutela portata avanti dalla Soprintendenza Archeologica dell’Umbria (oggi Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria), tra le quali vanno ricordate almeno la tomba gentilizia dei Cai Cutu rinvenuta nel dicembre 1983 e in grado di reggere il confronto con quella ben nota dei Volumni. La tomba restò in uso tra il III e il I secolo a.C. e le ultime deposizioni avvennero dopo la concessione della cittadinanza romana (89 a.C.) e, in tali casi, il gentilizio etrusco appare latinizzato in Cutius.
Il nome etrusco di Orvieto, invece, era Velzna, in latino Volsinii, denominazione che si affermò a pieno a seguito della romanizzazione che fu drammatica per la città: dopo un lungo assedio, nel 264 a.C. fu conquistata e saccheggiata e gli abitanti superstiti vennero trasferiti presso il Lago di Bolsena. La sua fondazione risale al IX secolo, ma il periodo di pieno sviluppo, che la rese una tra le maggiori città-stato dell’Etruria, giunse solo alla fine del VII secolo a.C. e durante quello successivo, come testimonia la necropoli di Crocifisso del Tufo caratterizzata da un impianto urbanistico regolare. Occorre tenere presente che ai piedi della rupe orvietana era situato il Fanum Voltumnae, il santuario federale degli Etruschi dove i rappresentanti delle diverse città s’incontravano per elaborare una politica estera comune spesso non riuscendoci.
Va ricordato che Perugia e Velzna svolsero insieme un ruolo di primo piano, a partire dalla fine del IV secolo a.C., per tentare di fermare l’avanzata di Roma, pur senza successo. Sui campi di battaglia di Sentino (295 a.C.) e del Lago Vadimone (283 a.C.) ebbero gli Umbri al loro fianco insieme ai Sanniti e ai Celti, due altri popoli coi quali avevano intrecciato da tempo relazioni e contatti commerciali.
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