Virtus Zallot
Leggi i suoi articoli«Piccole storie dal Medioevo» è un ciclo di brevi saggi dedicati a temi di un Medioevo «minore» indagato attraverso fonti agiografiche, letterarie e iconografiche. Ne emerge un mondo in cui realtà e immaginario, sacro e profano, consueto e straordinario, dramma e leggerezza si integrano non senza ironia e con ingenuità solo apparente, a veicolare contenuti e insegnamenti mai superficiali: un Medioevo inaspettato e affascinante.
Su capitelli, fregi e mensole sottogronda di molte chiese romaniche figure dalla forma e dalla gestualità volgare mettono in scena la varietà e pervasività del male. Entro tale repertorio di peccati e peccatori, la Lussuria è spesso interpretata da uomini e donne (ma anche coppie di uomini) spudoratamente avvinghiati (e talora nudi) in posture che mimano il rapporto sessuale. Il terrorismo psicologico rischiava però di diventare pubblicità occulta, dovendo esibire quanto si intendeva deprecare altrove e solitamente infatti censurato.
In Saint-Sulpice a Marignac (Francia), per esempio, il peccato è consumato in prossimità del luogo più sacro della chiesa: compare infatti entro il ricchissimo fregio che, senza soluzione di continuità, percorre e unifica internamente le tre absidi. Convergendo sullo spigolo di un capitello, gli amanti accostano i visi che persino si fondono. L’uomo si dona totalmente (quasi tuffandosi verso l’amata, le gambe ancora scostate nell’ultimo passo); la donna lo cinge invece con un braccio soltanto, allungando l’altro verso un uomo che l’ha raggiunta alle spalle. Probabilmente interessato e subdolo, il suo abbraccio denuncia non solo il peccato di lussuria ma anche il pericolo della seduzione femminile e dell’accecamento amoroso.
Quello scolpito su una mensola sottogronda all’esterno dell’abside della Chiesa di Santa María a Uncastillo (Saragozza, Spagna) è invece reciproco: e scandalosamente sensuale. Una fanciulla è seduta a gambe aperte sulle ginocchia di un tonsurato e i due, pur vestiti, godono di sfacciata intimità. Un serpente accosta la testa all’orecchio della ragazza, quasi a suggerirle le mosse amorose; un altro si insinua tra le gambe dell’uomo, indirizzandosi proprio là dove il suo sesso freme. Le due bestie sottolineano e denunciano il compiersi del male.
Erano dunque insidiati dalla lussuria anche chierici e monaci. Un penitenziale del VI secolo misurava la gravità del loro peccato in relazione alla prossimità fisica con la donna: la penitenza sarebbe stata lieve se non l’avessero abbracciata, più consistente se l’avessero abbracciata ma astenendosi «dall’ultima rovina», più severa se non si fossero fermati.
Penitenze sostanziose sarebbero dunque spettate ai molti chierici, monaci e monache che, nella narrativa medievale, abbracciano con sorprendente disinvoltura e senza frenarsi: tra questi, nel Decameron di Giovanni Boccaccio, l’abate che, «abbracciatala e basciatala più volte», condusse una ragazza nel suo lettuccio o la monaca scoperta «col suo amante abbracciata, prova certa del loro peccato».
Anche in alcuni rilievi romanici l’abbraccio era inserito entro una breve trama narrativa, ma a scopo didattico: così su un capitello del chiostro di Santa Maria de l’Estany, dove una giovane prima si pettina e si fa bella e poi raggiunge un uomo, per abbracciarlo e lasciarsi abbracciare. I due episodi erano insieme breve racconto moraleggiante e personificazione dei vizi che animano i protagonisti: Vanità e Lussuria.
L’abbraccio sul fregio del portale di Saint-Michel-et-Saint-Gangolphe, a Lautenbach, è invece incastonato al centro di una sequenza narrativa più lunga e di non facile decifrazione. Illustra probabilmente un incontro adultero, la cui conseguenza sembrerebbe la nascita di un bambino. La sintesi del romanico fonde i due amanti in un volume unico, le teste di profilo unite nel bacio e i corpi legati dalle braccia tese. La stesura elementare attribuisce loro la stessa forza espressiva degli amanti di Brâncuși, per esempio nel «Bacio» (1907-08) del museo di Filadelfia.
Ma se Brâncuși celebrava l’amore, l’anonimo scultore romanico lo denunciava come peccato, pur certo della comprensione del santo a cui la chiesa è dedicata. Secondo la leggenda, infatti, san Gengolfo fu marito innamorato e paziente di una donna che non solo lo tradì, ma lo uccise.
Pur veicolando contenuti opposti, il linguaggio del Romanico e dell’arte contemporanea si incontrano e confrontano: evenienza che talora stupisce tanto quanto la disinvolta presenza di abbracci così spudorati nelle chiese del Medioevo: inaspettatamente sexy.
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