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Una veduta di Pordenone

Foto: Cozzarin

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Una veduta di Pordenone

Foto: Cozzarin

Pordenone 2027: città che sorprende

Superare l’immagine di città industriale, mostrando un passato ricco di storia e l’effervescenza di chi guarda al futuro: «La cultura che non ti aspetti, come non te la aspetti, dove non te la aspetti, quando non te la aspetti». Così ha vinto la candidatura

Sanzia Milesi

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Al motto di una «Città che sorprende», la città di Pordenone è stata nominata all’unanimità Capitale Italiana della Cultura 2027. «Con visione progettuale e concretezza economica», come sottolineato dal ministro della Cultura Alessandro Giuli alla proclamazione, il 12 marzo, si è così aggiudicata il contributo di un milione di euro che ora le consentirà di consolidare il programma del suo dossier. «Ha vinto un pezzo d’Italia che non è abituato ad avere addosso i riflettori e che di solito non entra nell’immaginario collettivo nazionale, ha commentato il sindaco Alberto Parigi. Questa proclamazione accende i fari sul territorio e ci permette di far vedere tutto il nostro volto: non solo un volto di impresa ed economia, ma di una città che ha una vitalità culturale fuori dall’ordinario».

È così che la Regione autonoma del Friuli-Venezia Giulia conquista la sua prima Capitale Italiana della Cultura. Un titolo che non arrivava più al Norditalia da tre anni, dai tempi di Bergamo-Brescia nel 2023, dopo Pesaro nel 2024, Agrigento quest’anno e L’Aquila nel 2026. Un Nordest, agli occhi di tutti operoso con una laboriosità ai vertici delle classifiche nazionali che oggi, nello svelarsi in tutte le sue sfaccettature, punta a meravigliare il suo pubblico.

«Una sorpresa irripetibile nascosta nella stessa realtà, spiega il filmato con cui Pordenone si è promossa. Per alcuni l’ispirazione viene dall’arte, dalla storia, nei segni del passato. Altri la cercano nella natura, nei ritmi silenziosi di un ambiente che accoglie e respira. Pordenone è tutto questo: un intreccio di visioni, dove cultura e natura, tradizione e innovazione, si incontrano per creare qualcosa di unico».

La città di 52mila abitanti della bassa pianura friulana, a metà strada tra Udine e Treviso, può ora mostrare il proprio patrimonio permanente di beni paesaggistici e culturali, aggiungendo la carta di una programmazione temporanea studiata ad hoc che vuole essere «un masterplan di sviluppo culturale per l’intero territorio circostante». Non solo dunque il verde dei suoi parchi, il ponte di Adamo ed Eva sul fiume Noncello e le sue piazze, da Piazza San Marco a piazzale XX Settembre, passando per Piazza della Motta, luogo di mercato sin dal 1400. Ma anche le tante chiese, come il Duomo di San Marco Evangelista con la pala d’altare di Giovanni Antonio de’ Sacchis detto «il Pordenone»; la ex Chiesa di San Francesco o l’ex Convento dei Domenicani, dal 2010 Biblioteca multimediale comunale. E poi l’area archeologica della Villa romana di Torre e la necropoli medioevale di Palazzo Ricchieri, edificio che ora è sede del Museo Civico d’Arte. I palazzi antichi, tra corso Vittorio Emanuele II e corso Garibaldi. Il Municipio in stile gotico; Palazzo Spelladi, ora Galleria comunale Harry Bertoia (il grande designer e scultore naturalizzato statunitense, ma nato poco fuori Pordenone nel 1915); o ancora gli ex Bagni Pubblici, in stile liberty. Il nuovo Teatro Comunale Giuseppe Verdi (inaugurato nel 1922 come Teatro Licinio, ricostruito e riaperto al pubblico nel 2005). O ancora il celebre Paff! Palazzo Arti Fumetto Friuli, inaugurato nel 2023 in Villa Galvani e gli spazi polifunzionali di Cinema Zero (aperti in marzo, all’interno di un più ampio percorso di rigenerazione urbana), cui seguirà l’inaugurazione dell’area sportiva Polo Young, in zona ex Fiera.

La Bastia del Castello di Torre, Museo civico archeologico. Foto: Diana Gobbo

È partendo da questo patrimonio permanente che Pordenone vuole rilanciare la propria offerta culturale, fiera di essere una città dove la Rete dei Musei è passata dai 32mila visitatori del 2022 agli oltre 50mila del 2023 (anno in cui ha anche lanciato una nuova immagine coordinata). Tornano allora ovviamente in programma le iniziative ormai consolidate, come il celebre festival letterario Pordenonelegge, di grande successo, e il Pordenone Silent Film Festival sul cinema muto. Ma ciò che si ribadisce di voler proporre è l’inatteso, in termini di idee e modalità, di tempi e spazi non convenzionali: «La cultura che non ti aspetti, come non te la aspetti, dove non te la aspetti, quando non te la aspetti».

Ciò che sembrano finora mancare, rispetto alle Capitali precedenti, sono allora i grandi nomi e il clamore di eventi di richiamo. In forza di una pianificazione lineare, pensata per restare come patrimonio di crescita condivisa del territorio e così stilata (facendo ripetutamente cenno proprio al territorio) nei quattro capitoli tematici del dossier. Al primo punto: i «Progetti Landmark», quelli definiti «iconici» per queste terre. Al secondo: i «Progetti di Rete», il 60% dei quali nati da un processo partecipativo tra diversi attori. Al terzo punto: i «Progetti Territoriali», in collaborazione con hinterland e Regione. Infine al quarto: «Pordenone Scuola Capitale», con l’obiettivo di una formazione continua.

Ecco allora alle Gallerie Harry Bertoia, un percorso triennale per mostrare la trasformazione di Pordenone dagli anni ’50 a oggi. A Villa Cattaneo, un nuovo «Polo del Futuro Musicale». Al Palazzo del Fumetto, la grande mostra su «Il cibo nei film di Hayao Miyazaki e dello Studio Ghibli» e il progetto di arte pubblica «Con Altri Occhi». Nonché eventi diffusi e en plein air, come il treno storico di «Prossima Stazione» e il teatro di «Scenografie Urbane Digitali». E ancora «Nomads», per il riuso di spazi sfitti ad opera di artisti «nomadi»; «Pordenone dal Mammut al Rinascimento», con i lavori dell’artista Alberto Magri (sue le nuove opere visibili da febbraio al Museo Civico di Storia Naturale); «Capitale per sempre», un programma volto a sostenere le nuove produzioni artistiche. E, ancora, campagne fotografiche per raccogliere materiale inedito sulla città e una residenza artistica al Castello-Carcere, prima della sua riconversione; nuove opere nella vicina Spilimbergo, tra mosaici e street art; iniziative da Casarsa al Vajont, la mappatura tramite Qr code di siti di «patrimonio minore» e il Montagna Teatro Festival, con 100 giovani suonatori di corno. Senza dimenticare una Summer School con studenti da tutta Europa, dedicata al ruolo del design nella rigenerazione urbana, con un focus sulle città medie. 

Una veduta notturna nel centro di Pordenone. Foto: Cesare Franzin

Sanzia Milesi, 13 marzo 2025 | © Riproduzione riservata

Pordenone 2027: città che sorprende | Sanzia Milesi

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