Simona Sajeva
Leggi i suoi articoliLa Demeure du Chaos, un eccezionale sito di arte contemporanea a Saint-Romain-au-Mont-d’Or, nella città metropolitana di Lione, ha riaperto alle visite. Il modello di apertura si basa su un calendario di eventi. Creata nel 1999, la Demeure è un luogo stratificato che contiene in sé molte altre realtà in simbiosi tra loro. Sede del Musée L’Organe, è dimora dell’artista scultore Thierry Ehrmann, proprietario e autore delle opere del sito, nonché sede delle sue società, tra le quali Artprice, leader dell’informazione sul mercato dell’arte.
Il Musée L’Organe si estende a tutto il parco in cui ha sede la Demeure du Chaos, essa stessa opera d’arte: su una superficie di circa 9mila metri quadrati sono distribuite circa 6.300 opere, di cui 4.500 sono sculture in acciaio. Ogni spazio dell’edificio e del parco è di supporto alle opere, tecniche miste, oggetti di ogni dimensione e provenienza assemblati, lavorati, interpretati. Un sito in continua evoluzione che prende spunto dalla realtà, dall’attualità del mondo, ma anche dal passato. Già dall’esterno le superfici dei muri che cingono il parco della Demeure ne anticipano il contenuto.
Sulla superficie, così come nella loro massa, sono e sono stati materia espressiva per l’artista Ehrmann, che li ha dipinti, scolpiti, forati, tempestati e integrati con altre forme e materiali. La facciata esterna dei muri è rientrata in una battaglia legale durata 23 anni, battaglia che a vario titolo ha visto da una parte l’artista, il diritto all’espressione artistica e alla sua condivisione, e dall’altra il Comune, sostenuto da una localmente diffusa reazione di rifiuto dell’arte spontanea. Lo scopo ultimo della battaglia era il ritorno all’ordine, ovvero il ripristino delle superfici esterne dei muri allo stato ante quem, quello giudicato conforme al contesto urbano.
Nel febbraio 2022 il Tribunale ha dato ragione a Ehrmann, rigettando tutte le richieste del Comune. Ciononostante, nell’ottica di una pacificazione, la Demeure du Chaos ha preferito ripensarsi alla luce di quanto maturato in questi lunghi anni e alla fine del 2022 ha avviato un cantiere di trasformazione. Una delle azioni intraprese è stata l’idropulitura di buona parte delle superfici esterne dei muri di cinta. Non tutte le opere sono state cancellate, la quasi totalità dei ritratti è stata conservata e, con l’occasione, consolidata. Così come le «pierres de foudre», le pietre che costellano le sommità dei muri e che riecheggiano grandi meteoriti. Altri elementi sono stati lasciati in opera, alcuni valorizzati, ma ora in gran parte le superfici delle murature esterne sono di mattoni a vista.
Al di là di fatti giuridici e scelte artistiche, un fatto mi colpisce, ovvero che ai nostri giorni delle opere d’arte possano avere causato forti reazioni di rigetto, con un notevole impiego di tempo e risorse in sede legale. Dati alla mano, la Demeure du Chaos è uno dei musei più visitati di Francia e tra i visitatori una buona parte è rappresentata da famiglie con figli minori. I bambini sono invitati all’interazione e alcune loro opere figurano nel parco. Che cosa c’era su quei muri da provocare tali reazioni?
Una possibile spiegazione, del tutto soggettiva, mi viene in mente tornando alla prima volta che ho visitato la Demeure, chiamata come consulente proprio nell’ambito di questa vicenda. La prima reazione è stata di curiosità. Poi, osservandola meglio, lasciando andare lo sguardo a collegamenti spontanei tra immagini, forme, colori e testi, la curiosità è diventata altro. La Demeure mette a disposizione un’enorme quantità di materiale, in forma non convenzionale, in continua evoluzione, per creare un discorso intorno a temi di attualità senza imporre una lettura o un punto di vista.
Le opere mostrano, in modo accattivante e senza filtri, fatti, personalità ed eventi dei nostri tempi, lasciando che sia il visitatore a creare il collegamento tra loro. Quello che vi ho visto io è la volontà di condividere senza ferire. Questa però resta una percezione soggettiva. Credo che le opere, così come la Demeure du Chaos nel suo insieme, rimandino a noi stessi, al nostro modo di guardare, al nostro rapportarci agli eventi. Allora forse la domanda è: chi attacchiamo quando attacchiamo un’opera d’arte? Come si legge in un comunicato dello stesso artista, in occasione dell’inizio dei lavori: «È molto più difficile fare la pace che fare la guerra», dopo 23 anni di battaglia.
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