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Redazione GDA
Leggi i suoi articoliSan Francisco (Usa). Nel 2011 l’aumento del costo del biglietto del Museum of Modern Art (MoMA) di New York da 20 a 25 dollari sollevò un gran polverone sul prezzo eccessivo dell’ingresso ai musei. Oggi passa invece del tutto inosservata la decisione del De Young Museum di San Francisco di far pagare 46 dollari per la mostra di David Hockney. Che cosa è cambiato?
Primo, i 46 dollari sono facoltativi: chi vuole vedere «David Hockney: a Bigger Exhibition» (fino al 20 gennaio 2014) ed è disposto a fare la coda (l’ingresso avviene infatti a «scaglioni») paga 26 dollari il fine settimana (23 da martedì a venerdì). I biglietti «Vip» (46 dollari il weekend, 41 in settimana), che consentono l’ingresso libero in qualsiasi momento della giornata, sono destinati a chi non ha problemi economici ma ha poco tempo a disposizione e non vuole aspettare. Tutti i biglietti comprendono anche l’ingresso alla collezione permanente.
«Si tratta di un esperimento che offre una certa flessibilità a turisti e visitatori locali, spiega il direttore del De Young Colin Bailey. In particolare chi prenota con un certo anticipo può organizzare al meglio il proprio tempo». Come sottolinea Bailey, il museo era consapevole che i biglietti per la mostra sarebbero stati molto richiesti, «perché è l’unica sede di questo evento e perché c’è un grande interesse per l’opera di Hockney». Finora il De Young ha venduto più di 1.100 biglietti «Vip», un numero che dovrebbe salire durante le vacanze invernali. «Siamo molto soddisfatti della risposta positiva e anche del gran numero di visitatori a tutti i livelli», dichiara Bailey, aggiungendo che è «altamente probabile» che il museo ripeta l’esperienza.
Tuttavia, non tutti i direttori di istituzioni che organizzano mostre ambiziose, e costose, condividono questa strategia. Timothy Rub, direttore del Philadelphia Museum of Art, che presenta «Léger: Modern Art and the Metropolis» (fino al 5 gennaio), afferma: «Diverse fasce di prezzo sono difficili da gestire ed è una cosa che i musei, a differenza delle compagnie aeree, non fanno così spesso». Rub aggiunge però che prezzi ridotti sono giustificati in alcuni casi come «nei giorni feriali a inizio settimana o di mattina». Rub preferisce far pagare una modica cifra in più per le mostre speciali, o meglio ancora, far rientare tutto nel biglietto di ingresso generale, come fanno tra gli altri il MoMA, il Metropolitan e il Museum of Fine Arts di Boston. «Al Philadelphia Museum quando applichiamo un sovrapprezzo per le mostre speciali di solito è piuttosto basso, circa 5 dollari, perciò l’ingresso a Léger costa 25 dollari»: prezzo che dà accesso alla mostra e alla collezione permanente. «In linea di massima quando è possibile, e non lo è sempre, credo che il biglietto dovrebbe consentire ai visitatori di vedere tutto».
A Londra, dove l’ingresso ai grandi musei nazionali come la Tate Britain e la Tate Modern, il Victoria and Albert Museum e il British Museum è gratuito, l’ingresso alle mostre speciali è aumentato notevolmente, in linea con l’inflazione, da circa 10 sterline nel 2000 a 16. Alla Royal Academy of Arts (Ra), che è indipendente e quindi deve fare maggior affidamento sui ricavi delle mostre, il chief executive Charles Saumarez Smith comprende la tentazione di far pagare di più per una mostra quando si presume che ci sarà una buona affluenza di pubblico. Ma spiega che la Ra «di solito chiede quello che il mercato è disposto a offrire, al momento da 14 a 16 sterline per le mostre più importanti». Chi non ha problemi economici probabilmente sarebbe disposto a pagare ben di più di 16 sterline per vedere mostre come «Leonardo da Vinci: Painter at the Court of Milan», alla National Gallery nel 2011. Il museo non ha apprezzato che su Internet si rivendessero i biglietti a 400 sterline e ha minacciato di annullarli se fossero stati individuati. Quest’estate il Victoria and Albert Museum ha scoperto che alcuni visitatori avevano involontariamente acquistato biglietti contraffatti per «David Bowie is» (cfr. n. 334, set. ’13, p. 1).
«Non c’è dubbio che se il mercato è disposto a pagare, i musei seguiranno questa strada», dichiara Maxwell Anderson, direttore del Dallas Museum of Art, che di solito è gratuito, ma al momento fa pagare 16 dollari per le sue due mostre speciali. Ma mette in guardia: «Solo perché si “può” non significa che si “dovrebbe” far pagare di più per le mostre». E aggiunge: «Negli Stati Uniti, la premessa è che i musei debbano essere formativi e il modello si basa sulla filantropia». Se vendere biglietti più cari diventasse la pratica comune potrebbe essere più difficile per i musei chiedere ai suoi donatori e sostenitori di contribuire alla loro gestione.
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