Lidia Panzeri
Leggi i suoi articoliUn’area verde di 5mila metri quadrati a pochi passi da Piazza San Marco: sono i Giardinetti Reali istituiti da Napoleone nel 1807. Da allora si sono succedute molte alterne vicende e negli ultimi anni un degrado che pareva inarrestabile fino al 17 dicembre 2019, quando sono stati riaperti al pubblico, ma soprattutto ai veneziani. «Un luogo dell’anima», afferma Adele Re Rebaudengo, presidente della Venice Gardens Foundation, promotrice del restauro anche grazie al supporto di Assicurazioni Generali.
La Re Rebaudengo si è innamorata della città, lasciando Torino e acquistandovi casa nel 2012. Dicembre è mese cruciale per i Giardinetti: il 23 dicembre del 1920 il Demanio affidò la gestione di questo spazio al Comune; quasi un secolo dopo, nello stesso giorno, ma del 2014, il Demanio ha affidato in concessione i Giardinetti per 19 anni a Venice Gardens Foundation a condizione che ne realizzasse il restauro, durato cinque anni tra ricerche, progettazione e lavori e comprensivo del reintegro del modello ottocentesco, compreso il caratteristico pergolato in ghisa. «Questo luogo è un antidoto allo stress e al mito della velocità di cui siamo stati tutti vittime, sostiene Adele Re Rebaudengo. Possiamo ritrovare valori importanti secondo le leggi della natura».
Anche Paolo Pejrone, giardiniere-architetto di giardini, nella sua creativa regia della distribuzione degli alberi, degli arbusti e dei fiori ha tenuto conto della tradizione in base a due principi: il primo è consistito nell’affiancare alle piante autoctone altre provenienti dall’Estremo Oriente, omaggiando così la storia della Serenissima; il secondo nel tenere conto del difficile ambiente salmastro, che trova un baluardo nel grande tiglio all’ingresso. Era indispensabile, poi, evitare che un eccesso cromatico danneggiasse la percezione delle trenta varietà di verde presenti.
«Forse non tutti i visitatori, mille presenze al giorno prima del Coronavirus, sono in grado di apprezzare tutti gli aspetti di questo recupero, sostiene il capo giardiniere Edoardo Bodi. Ma rappresenta comunque un segnale». Tra le innovazioni, invece, i grandi vasi in terracotta fatti venire da Impruneta nei quali fiorisce il melograno, pianta originaria dell’Armenia ricca di significati simbolici. Intanto in questo ritrovato contesto tornano a nidificaregli uccelli; non ancora il pettirosso,ma forse arriverà nel prossimo inverno.
È stato recuperato anche il ponte levatoio, integrandolo dove possibile con i pezzi originali. È il ponte che rende possibile l’accesso alle retrostanti Procuratie Nuove adibite da Napoleone a Palazzo Reale che oggi ospitano il Museo Correr, il Museo Archeologico Nazionale, l’Avvocatura dello Stato e il Caffè Florian: varco già aperto in alcune occasioni ma si auspica che la sua periodica accessibilità possa diventare un appuntamento fisso, forse il terzo sabato di ogni mese.
Un’ultima annotazione: gli introiti derivanti dalla caffetteria coprono i costi della manutenzione dei Giardinetti. Ma Adele Re Rebaudengo non si ferma qui: in autunno inizierà il restauro di un altro giardino nel centro storico di Venezia. Il luogo è al momento top secret.
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